Perin e il Covid-19: "Non sono un untore, basta cliché sui calciatori viziati"

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Il portiere, primo contagiato dei 17 del Genoa, racconta la sua esperienza con il virus: "Ho letto giudizi superficiali, ma noi calciatori siamo molto scrupolosi. Il Covid è una malattia subdola"

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"Ci sono stati dei giudizi troppo superficiali sui calciatori. Ci dipingono come ricchi, viziati, privilegiati e menefreghisti: basta con questi cliché, noi siamo sempre stati attenti!". Mattia Perin non ci sta e racconta la sua esperienza con il Covid-19. Intervistato da La Repubblica, il portiere è stato il primo dei 17 calciatori del Genoa contagiati. Adesso, insieme ad altri compagni, è guarito e dopo essere tornato ad allenarsi ricorda i primi momenti della malattia: "Il 21 settembre, la settimana prima di Napoli-Genoa, sono stato a Torino per rivedere la mia famiglia. Era un lunedì e, contrariamente a quanto è stato detto, non esiste alcuna evidenza che io abbia contratto il coronavirus esattamente quel giorno. Il mercoledì abbiamo fatto i tamponi e il giorno seguente è arrivato l’esito: negativo. La sera però ho avuto la febbre".

Stop ai pregiudizi

Perin ha difeso la categoria dei calciatori: "Non mi sento responsabile, il caos di Juve-Napoli non è iniziato per colpa del Genoa. Poteva accadere a chiunque, ma se fossimo stati il Real Madrid, l’Inter o la Juventus saremmo stati rispettati di più. I giudizi sono stati troppo superficiali, noi calciatori siamo molto scrupolosi: non togliamo la mascherina e rispettiamo le regole, ma è inevitabile che in campo veniamo a contatto. Questa malattia è subdola e il contagio può avvenire ovunque, dal taxi all’ascensore. Il quadro clinico cambia in poche ore e neanche gli specialisti sanno molto del Covid-19. E i negazionisti sono persone senza coscienza".

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L'importanza del calcio

Il portiere del Genoa ha poi detto la sua sull’ipotesi di una bolla in stile NBA e sull’importanza che riveste il calcio: "Con i compagni si è anche parlato della bolla - ha spiegato -, ma nessuno di noi è così esperto da sapere cosa sia meglio. Sono certo però che sia necessario fare qualche sacrificio in più perché giocare ogni tre giorni ci ha consumati. Chiellini ha detto che dobbiamo essere pronti a correre dei rischi? Ha ragione. Il calcio non è solo uno svago, ma molto di più. È la cosa più importante tra le cose meno importanti, come dice Sacchi. E sappiamo cosa rappresenta per la gente".

Crescita personale

In chiusura Perin ha parlato del suo percorso personale: "Durante la quarantena mi sono allenato e sono rimasto solo con me stesso, finalmente. Ho pensato molto e ho letto dei libri di psicologia del comportamento. Ho elaborato alcuni aspetti della mia vita passata e alcuni dolori che erroneamente avevo cercato di rimuovere. Ho capito che anche la rottura di due legamenti crociati non è niente e ho ricollocato alcune cose nella giusta prospettiva. Quando mi hanno comunicato la positività al tampone mi sono detto che non potevo farmi mancare anche questa. Ma ho cercato di essere positivo. È vero, siamo atleti allenati e giovani e possiamo uscire bene da queste situazioni, ma se dicessi che questa malattia non mi ha un po’ destabilizzato mentirei. Il Covid è una brutta bestia. Non ho mai avuto panico anche grazie allo staff del Genoa. Per noi atleti il corpo è lo strumento di lavoro e vogliamo che sia sempre perfetto, siamo un po’ tutti ipocondriaci. Se è vero che un infortunio lo metti in conto, per le malattie è diverso. Questa malattia è infida, come ogni nemico sconosciuto. Non so se ci possa rendere migliori, ma di sicuro diversi. Quando si soffre, si smette di essere ragazzini".

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