Petrachi: "Conte voleva Dzeko, gli ho detto di non rompere i c..."

il retroscena

L'ex ds della Roma racconta l'assalto dell'Inter all'attaccante bosniaco: "Con Antonio siamo amici, ma gli dissi che per Edin non c'era nulla da fare, inutile che continuasse a sbattere la testa contro il muro". Poi la sua versione sulla rottura con il club

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Estate 2019. Da un lato Antonio Conte, neo allenatore dell'Inter, dall'altro Gianluca Petrachi, fresco di incarico di direttore sportivo della Roma. Due vecchi amici, protagonisti di uno "scontro" di mercato. Conte voleva portare Edin Dzeko all'Inter, Petrachi non ne voleva sapere di lasciar partire il capitano giallorosso. E, per chiarirlo, non usò mezze misure. A raccontarlo è stato lo stesso Petrachi, che ha concesso una lunga intervista al Corriere dello Sport. L'ex ds della Roma, in causa con la società dopo il licenziamento dello scorso luglio, ha ricordato la trattativa: "Io e Conte siamo legati da una profonda e avevo già parlato con lui di Edin. Voleva portarlo all'Inter. Ma io gli dissi: 'Non mi rompere i c*** con Dzeko, non te lo do. È inutile che sbatti la testa contro il muro'. Dzeko era nel cuore dei tifosi e io, quando sposo una società, sposo anche i suoi tifosi".

La "sua" Roma

Petrachi non ha poi nascosto l'amarezza per la fine del rapporto con la Roma e ha rivendicato alcune operazioni di mercato. "Nessuno può smentirmi se dico che la spina dorsale di questa Roma l'ho fatta io. Si parla poco di Veretout - ha proseguito l'ex dirigente -, uno che ho voluto fortemente. Poi Mkhitaryan e Smalling. Il primo lo presi in prestito gratuito e mi pagavano anche una parte dell'ingaggio. Veniva da alcuni infortuni e mi sono anche preoccupato di curarlo. Chris, invece, è uno di quei marcatori in via di estinzione. Eravamo su Lovren, ma voleva solo essere acquistato e io non spendo 15 milioni al buio per un giocatore che ha anche qualche problema di pubalgia. Appena mi dissero che potevamo prendere Smalling in prestito, non ci credevo. Pensavo fosse una bufala. Era perfetto per giocare con Mancini". E poi l'acquisto dall’Atalanta di Ibanez, diventato adesso un titolare fisso di Fonseca: "Quando lo presi a gennaio, con un'operazione da 9 milioni più 1 di bonus con pagherò a due anni, fui massacrato dalla società. Erano tutti arrabbiati, a partire da Pallotta. Io andai dal ragazzo e gli dissi: 'Ricordati che io ci ho messo la faccia. Gasperini non ci ha perso tempo con te, io ti ho voluto contro tutti. Se ti alleni al 50%, ti rimando indietro'".

La rottura con la società e il rapporto con Zaniolo

Infine Petrachi ha parlato del divorzio traumatico dalla Roma: "Alla base c’è stata una mancanza di comunicazione con Pallotta. In tutto l'ho visto due volte. E al telefono non ci sentivamo mai, io non parlo inglese perché sono pigro e non ho un bel ricordo della mia esperienza in Inghilterra. Inoltre non sono uno diplomatico, non ci so fare nelle relazioni. Non sono uno che si concede, non telefono ai direttori. E i giornali mi attaccavano, li ho avuti tutti contro. Non sono uno che dà la notizia. Non riesco a essere finto. E quindi scrivevano che attaccavo Zaniolo perché avevo già deciso di venderlo. Non era così, tanto che Zaniolo è ancora alla Roma ed è un patrimonio del club. Quando parlavo con lui, gli dicevo che doveva tirare fuori la sua anima guerriera e non quella mondana. Il nostro rapporto è leale tanto che Nicolò mi vedeva come un fratello maggiore". E se si paventasse l’ipotesi di un ritorno alla Roma, Petrachi non chiuderebbe le porte: "Se dovessi rientrare sarei felice - ha concluso -, ma spiegherei alla nuova proprietà le mie ragioni. Devo essere sincero, non tornerei a qualunque condizione. Petrachi deve fare Petrachi, io non cambio".

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