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Bianco, Rossi e Verde

il mundial 1982

Matteo Marani

Il Mondiale di Spagna 1982, semplicemente il Mundial, il momento in cui Pablito "ci fece sognare e sentire, finalmente, tutti dalla stessa parte". Il ricordo di Matteo Marani

PABLITO PER SEMPRE: LO SPECIALE

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La festa della Repubblica, per quelli del calcio, non è mai stata il 2 giugno, bensì l’11 luglio. Anno 1982, Santiago Bernabeu. Italia campione del mondo per la terza volta nella storia, la prima nel Dopoguerra. Paolo Rossi, per tutti semplicemente Pablito, divenne il simbolo di quella leggendaria impresa. Tra lui e Sandro Pertini, in piedi a esultare sulle tribune prima di portarsi tutti a pranzo al Quirinale, non c'erano più differenze quella notte. Entrambi padri della patria.

Paolorossi, tutto attaccato

Oggi che Paolo ci ha lasciato, a un’età ingiusta per andarsene dal campo principale, con la faccia da perenne bambino e con i modi da italiano perbene, la prima immagine non può che essere il Mondiale di Spagna. La notte che ci rese tutti felici. Ci sono associazioni di idee quasi automatiche: architettura e Renzo Piano, moda e Giorgio Armani, calcio e Paolo Rossi. Nel luglio '82 nessuno lo chiamava così, piuttosto paolorossi, tutto attaccato. Ora sarebbe preceduto da hashtag, allora era esclamazione che nasceva spontanea, senza necessità di social manager. Paolorossi lo cantarono al cinema e in musica, al teatro, ovunque, sui libri, nei giornali, alla radio. Fu l’eroe di Spagna, seppure diverso dalla persona gentile, discreta e umile della vita reale.

Paolo Rossi divenne il più celebre degli italiani nel mondo, un piccolo Garibaldi con la maglia azzurra. Ovunque si andasse in vacanza nelle estati successive, dalla Costa Brava al Peloponneso, quelle dieci lettere erano divenute il Bel Paese. «Tu italiano? Ah, Paolo Rossi». Ci rappresentava nel modo migliore, solare e composto, era noi, con quel nome comune, comunissimo, che ce lo faceva sentire compagno di banco. Orgogliosi di essere suoi connazionali, fratelli dell’uomo che aveva sconfitto il grande Brasile con una tripletta magica e magnifica. I maestri del calcio battuti dal ragazzino di Prato. Spalle gracili, ricurve, il viso esangue, il corpo minuto che sembrava chiedere permesso prima di segnare il gol. 

I gol che valgono un pezzo di eternità

Era accaduto di lunedì, il 5 luglio 1982 al Sarrià. Ci sono attaccanti che hanno segnato più di Pablito, ci sono altri che sono stati più forti di lui, ma solo a pochissimi è toccato in sorte di fare i gol che valgono la storia e un pezzo di eternità. Rossi si fece trovare in fila per tre volte con il destino, sul cavallo bianco di Napoleone, spizzando di testa o anticipando la generosa difesa verdeoro. Fino a pochi giorni prima, la grande parte della stampa e dell’opinione gli era avversa. Si era invocato Pruzzo alla vigilia, poi qualsiasi soluzione alternativa al cannoniere dalle polveri bagnate. Fu invece la scommessa vinta di Enzo Bearzot, che quattro anni prima, al Mundial 78, lo aveva promosso titolare a 21 anni. Dopo il calcio scommesse nella primavera 80, con uno stop di tre anni poi ridotti a due, il Vecio rimase fermo nella scelta di Rossi. Lo coccolò, lo aspettò, lo lusingò, fu aiutato non poco dalla Juventus, che nel frattempo - dopo gli anni spesi tra Vicenza e Perugia - lo aveva riportato a casa, quella casa in cui Pablito era entrato a 15 anni dalla Virtus Cattolica di Firenze.

La copertina del Guerin Sportivo della settimana 7-13 luglio 1982

Al Sarrià Rossi gettò via tutta la rabbia accumulata, il dolore vissuto nella squalifica, realizzò i tre gol che incredibilmente ci fecero passare il turno e che ci portarono alla semifinale contro la Polonia. Lì, altre due reti, entrambe i sigilli azzurri della partita, e il lasciapassare per la finale di Madrid. Che Rossi marcò per sempre segnando la prima delle tre reti della Nazionale. Era diventato il suo Mondiale e indirizzò anche la finale, non poteva essere altrimenti. Quella notte gli italiani ebbero una ragione per essere fieri e per lasciarsi alle spalle il sangue e la violenza degli Anni 70. Si chiudevano a Madrid gli anni di piombo, si apriva la leggerezza del nuovo decennio.

Torino 11 luglio 1982: Mick Jagger canta con la maglia di Paolo Rossi

Paolo Rossi fu tutti noi, lo sentimmo nostro

Per questo oggi chiunque lo piange, chiunque lo sente proprio. Si è staccato un altro pezzo di infanzia o di adolescenza, di felicità vissuta in terra. Dietro al personaggio pubblico si è sempre celato la persona cordiale, disponibile, sorridente, cresciuta in una Italia molto diversa da oggi, tra i tinelli dei nonni e una sana educazione familiare. Ma questa è la storia del Paolo Rossi privato, di chi oggi lo piange più di tutti noi, ed è giusto che rimanga per loro e a loro. Per chi visse la notte di Madrid, Paolo Rossi resta invece Pablito, l’uomo che ci fece sognare e che ci fece sentire, finalmente, tutti dalla stessa parte.