Maurizio Zamparini, la storia di un presidente "atipico"

lutto

Marco Caineri

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Con la morte di Maurizio Zamparini, il mondo del calcio perde una figura unica. Legato alle proprie radici, carattere forte e generoso. Dai successi da imprenditore, all'ingresso nel mondo dello sport: dal basket al calcio, proiettando prima il Venezia in Serie A e firmando poi a Palermo i risultati più belli. Oltre 50 esoneri in 30 anni di attività: "Il 70% delle volte me ne pento", disse.

Se volessimo declinare la definizione di "atipico" alla figura di un presidente, Maurizio Zamparini sarebbe l’esempio che spiega. Visionario e impulsivo, diretto nelle parole, competente e invadente, controcorrente – come i maglioni sfoggiati in tv – ma anche generoso nei gesti e sensibile nelle idee. Sbrigativo e lungimirante al tempo stesso, inquieto girovago, ma sempre legato alle sue radici, la pianura friulana dov'era nato – vicino a Palmanova – e dove ha scelto di vivere gli ultimi anni, purtroppo sconvolti lo scorso ottobre dalla morte del più giovane dei suoi 5 figli, scomparso a 23 anni.  

Il successo da imprenditore e l'ingresso nello sport

Era poco più che ventenne anche lui quando si spostò dal Friuli, dove negli anni '60 il lavoro offriva più opportunità alle braccia che alle idee, per fondare in provincia di Varese la sua prima fabbrichetta artigianale: poi l’intuizione del "Mercatone", il supermercato a basso costo quando ancora non sapevamo cosa volesse dire "discount". Il marchio EmmeZeta – le sue iniziali – finisce sulle maglie del basket a Udine e del calcio a Pordenone e poi a Venezia. Lui, che a quel punto costruisce, vende e ricompra centri commerciali come fossero pedine del Monopoli, inizia a fare lo stesso con le società di calcio e con i calciatori. Acquista il Venezia e lo fonde con il Mestre, contro ogni logica di rivalità sportiva e in quattro anni lo porta in serie B (con Zaccheroni, pescato al Baracca Lugo). Nel '91 sta per comprare l’Udinese, ma Pozzo cambia idea a trattativa quasi conclusa. E allora Zamparini si concentra sul gioiellino lagunare: la serie A arriva nel '98 con i gol di Schwoch e Novellino in panchina. Già, la panchina, il posto più scomodo nelle imprese di Zamparini: la fama di mangiallenatori se la conquista sul campo: oltre 50 esoneri in trent’anni di attività da presidente. "Il 70% delle volte me ne pento" disse. Infatti oltre al record di allenatori cacciati, spesso anche dopo una vittoria, ha anche quello dei tecnici richiamati. Marchesi, Ventura, Maifredi, Spalletti, Materazzi, Oddo padre, Prandelli alcuni di quelli avvicendati in laguna, Glerean, Baldini, Delneri, Colantuono, Ballardini, Zenga, Delio Rossi, Cosmi, Pioli, Gasperini, Malesani, Gattuso, Iachini, Corini quelli più noti avuti al Palermo.

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Gli anni a Palermo

Palermo, sì, perchè nel 2002 – dopo anni di attese per uno stadio nuovo in terraferma che potesse dare a lui e al Venezia nuove opportunità di sviluppo – Zamparini dirotta il pullman della squadra, già in partenza per il ritiro, e la trasferisce in blocco in Sicilia. A Palermo arrivano i risultati più belli, con Guidolin allenatore, ed è lì che Zamparini fa i colpi più grossi: Amauri, Pastore, Cavani, Ilicic e Dybala, ma anche Toni e Belotti, i gioielli che scova, cura e rivende. Nel 2006 sono rosanero quattro campioni del mondo: Grosso, Barzagli, Zaccardo e Barone. La sua storia con il Palermo – e con il calcio – si conclude nel 2018, dopo un lungo intrecciarsi con vicende giudiziarie mai concluse e con la sua attività di imprenditore. Senza che la passione per il calcio, nata giocando su campi dove l’erba non cresceva mai, potesse abbandonarlo.

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