Juve, Fagioli: "Scommettevo per noia, il gioco mi ha divorato la vita"

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Il centrocampista della Juventus e della Nazionale racconta in un'intervista alla "Gazzetta" i mesi della lunga squalifica e la dipendenza dalle scommesse che l'aveva trascinato in un abisso: "Il calcio non era più il mio primo pensiero. Ho buttato centinaia di migliaia di euro perché mi annoiavo: è un vuoto che non guarda in faccia nessuno ma non bisogna avere paura di chiedere aiuto. L'Europeo? Ci spero"

Dopo la lunga squalifica, il ritorno in campo e la chiamata di Spalletti, che l’ha inserito nei 30 tra i quali poi dovrà scegliere i convocati per l’Europeo, Nicolò Fagioli sta tornando lentamente alla normalità e in un’intervista alla Gazzetta dello Sport parla dell’abisso in cui era sprofondato a causa del vizio del gioco. “Mi aveva divorato la vita, era diventato un assillo, un incubo”, racconta, senza invocare comprensione e parlando a chi, come lui, soffre per questa patologia: “Non ne ho mai parlato con nessuno perché mi vergognavo. Ma non bisogna aver paura di chiedere aiuto”.

"Inghiottito dal vuoto"

“Sono un ragazzo fortunato ma sono stato inghiottito da un vuoto che non guarda in faccia nessuno, non distingue per classe sociale. È cominciato tutto come un gioco. Scommettevo, tanto, ma non sulla mia squadra o su di me. Non volevo violare dei principi ai quali credo. So che sembra grottesco che io usi questa parola, ma per me è importante. “Ho perso completamente il controllo di me stesso nel gennaio 2023. Giocavo male, mi allenavo peggio. La testa era altrove. Il centro della mia vita erano le scommesse, non più il calcio. Quando finiscono le 4-5 ore di allenamento, ti si spalanca il vuoto. Se non hai altri interessi, quell’abisso ti attira. Io mi annoiavo, sembra assurdo ma è così. E poi ogni problema, anche il più stupido, dovevo compensarlo con le scariche di adrenalina che mi dava il gioco. Lo so, e lo sapevo anche allora, che con quei giochi si perde e basta. E non solo denaro. Mi facevo schifo, mi sentivo un cretino. Ma non potevo farne a meno".

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Il supporto dei compagni e della società

Il “tornado”, come lo chiama lui, che ha fatto venire a galla la vicenda portando alla squalifica sua e di Tonali, è stato “una liberazione”. “Mi ha costretto a diventare adulto. Ho iniziato una terapia psicologica, sto guardandomi dentro per cercare le ragioni, per capire perché non avessi antidoti al vuoto e alla noia. Mi è dispiaciuto che certi giornali abbiano descritto me e Tonali come due demoni. Io ho fatto male solo a me stesso. Non ho truccato partite, non ho condizionato risultati. Ho sbagliato, giocando su siti illegali e ho perso un sacco di soldi”. Fondamentale, nella risalita, è stato allora l’aiuto di compagni di squadra e società, che non l’hanno lasciato solo, così come ha fatto il Ct Spalletti con la sua convocazione: un segnale forte, chiaro. "La società, rinnovandomi il contratto, mi ha dimostrato grande fiducia e vicinanza. Poi mister Allegri e i compagni. Penso a Locatelli, Gatti, Chiesa, Bremer, Vlahovic. Per il resto, con l’aiuto dello psicologo, ho combattuto. Dipendenza sconfitta? Non lo so, so che io non ho smesso e non smetto di combatterla. Sarei un bugiardo se dicessi che non riaffiora”.

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"Ora spero nell'Europeo"

Ora, però, Fagioli può iniziare a guardare e riprogettare il suo futuro: “Avevo una gran voglia di rivincita. Più su me stesso che sugli altri. Dal giorno dopo la squalifica ho cominciato ad allenarmi. Sono stati sette mesi di agonia, contavo i giorni. La mia vita è qui, su questi campi verdi, a vincere o perdere in ragione del talento mio e della mia squadra, non a buttare le giornate e centinaia di migliaia di euro, tanto ho perso, rovinandomi e sentendomi in colpa". E chissà che nel futuro più immediato non ci sia già la Nazionale. “Non mi aspettavo la convocazione di Spalletti, ma ci speravo. Ora voglio dare la vita per essere nella lista per l’Europeo. Se non dovessi riuscirci, tiferò per gli azzurri”.