La nuova meritocrazia di Baroni: come cambiano le gerarchie della Lazio dopo il derby

Due punti persi ma anche un punto di partenza pensando al Bodo giovedì. L'operazione rimonta contro i norvegesi è iniziata proprio nei 90 minuti dell'Olimpico. Baroni sposa il pensiero positivo: i rimpianti per un match in cui la sua squadra avrebbe meritato di più restano, ma prestazione, atteggiamento e condizione, nonostante le fatiche norvegesi e un solo giorno a disposizione per prepararlo, rappresentano il miglior viatico possibile. Vero che tra Atalanta, Bodo e derby i biancocelesti hanno offerto il meglio e il peggio del loro repertorio e neanche Baroni sa davvero che Lazio aspettarsi. Ma i segnali di quella versione derby sono assolutamente incoraggianti. Dai punti alle punte E allora i punti persi pesano un po’ meno, con l'attenzione che si sposta... sulle punte perse. E qui le cose cambiano. Soprattutto quando hai all'orizzonte una partita in cui devi segnare almeno due gol per avere chance. Ultimamente la Lazio sta facendo fatica nell’area avversaria: appena 9 le reti realizzate nelle ultime 11 stagionali; 5 delle ultime 7 firmate da difensori. Castellanos è mancato tanto, è innegabile. Di nuovo titolare in campionato dopo due mesi, due infortuni muscolari e due spezzoni di partita in Europa, sta cercando di ritrovare la condizione. Ma con lui in campo è tutta un’altra Lazio. Quando c’è l’argentino la squadra viaggia al doppio della velocità; come percentuale di vittorie, di media punti, di gol fatti e anche di tiri in porta. Sono mancati i suoi gol, certo, ma soprattutto i suoi movimenti. È il perno attorno a cui ruota buona parte della produzione offensiva biancoceleste e non è un caso che in termini di occasioni create la Lazio nel derby sia tornata sulle medie di qualche mese fa. E forse neanche che l’ultimo gol di un attaccante su azione risalga addirittura a due mesi fa, proprio l’ultima in campionato giocata dal Taty. La rete venne segnata da Dia nel finale del match contro il Napoli. Da allora però il senegalese è a digiuno. E parliamo di 11 partite. Noslin e Tchaouna non hanno ancora mai esultato nel 2025, e anche Pedro ha realizzato il suo ultimo gol su azione quasi 70 giorni fa. Si può fare di più, anzi si deve. Ecco perché da qui a giovedì le riflessioni di Baroni saranno tante. Il ritorno alla formula col doppio centravanti è un'ipotesi, non l'unica. Perché d'ora in avanti per l’allenatore le gerarchie conteranno di meno. Conta chi sta meglio. Lo si è visto contro la Roma: la scelta di puntare su Gigot, Pellegrini e Dele-Bashiru è emblematica. Bene i primi due, deludente il nigeriano. Ma non cambia la sostanza. Il manifesto della nuova strategia di Baroni è la gestione del portiere, non sempre comprensibile a dire il vero. Ma ormai Mandas ha sorpassato Provedel: titolare nelle ultime 3 dove è stato sempre determinante. Anzi a Bodo è stato addirittura provvidenziale. Se i biancocelesti possono ancora alimentare speranze di rimonta, lo devono prevalentemente alla sua prestazione superlativa nella gara d’andata. D’ora in avanti sarà lui il nuovo numero 1. Nella fase cruciale della stagione conta il merito. Vale per tutti, non solo per i portieri. Il passato e le gerarchie non sono più un parametro utilizzato per scegliere chi va in campo.

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Matteo Petrucci