Roma vecchie certezze e nuove tendenze

Per il terzo indizio, quello che secondo prassi dovrebbe costituire la certezza di una prova, bisognerà aspettare il prossimo 14 settembre quando all’Olimpico si presenterà il Torino. Ma intanto, dopo il primo sussulto della sua vita giallorossa, Gasperini è uscito gongolante anche dal Romeo Anconetani, tornando da Pisa col secondo mattoncino della sua nuova solida costruzione. Diverso avversario, stesso risultato: 1-0, 6 punti e testa della classifica. Ma, soprattutto, vecchie certezze confermate e nuove tendenze consolidate , in una costruzione di squadra che sembra essere molto più avanti rispetto a quello che si poteva pensare e la maggior parte dei tifosi poteva temere, dopo appena due giornate. Era proprio l’avvio di campionato, la fase di adattamento di un allenatore così peculiare a una squadra-città che un po’ lo temeva e un po’ lo detestava, l’impatto con una nuova realtà così differente da quella culla del lavoro che è stata in questi anni la Bergamo nerazzurra, l’aspetto che poneva i maggiori dubbi sul progetto giallorosso. E, invece, questa Roma sembra già bell’e pronta, certamente ancora non completa né completata, ma comunque una squadra unita, che lotta, rema e canta in una sola direzione, quella che il nuovo dictator ha imposto e che i giocatori hanno cominciato a seguire come una stella cometa sin dal primo giorno di ritiro. L’ha detto più volte Gasp in questi giorni, e l’ha ribadito anche prima del Pisa: “La cosa più importante è stata la riposta dei giocatori e della squadra, di come in questi due mesi siano stati partecipi e mi abbiano sempre seguito, di come si siano presentati alla prima di campionato. Questa è la base di partenza”. E Pisa, dunque, è il secondo passo. Una Roma, quella di Gasperini, che in attesa degli ultimi ritocchi del mercato ha già una linea guida molto chiara e un telaio ben strutturato, secondo quel doppio filone di vecchie certezze e nuove tendenze di cui parlavamo poc’anzi. A partire dal ‘pressing pressing pressing’ – che è sicuramente tra le seconde – l’aggressione continua dei portatori e i duelli individuali, anche se meno estremizzati rispetto alle abitudini della Dea; due centrocampisti completi e di sostanza in mezzo al campo come Koné e Cristante che garantiscono muscoli, conduzione di palla e geometrie; due esterni veloci, tecnici e capaci di venire a giocare anche in mezzo al campo ; due trequartisti che sono anche delle ali, allargano e restringono il gioco a seconda delle necessità, e giocano quasi sempre appoggiandosi al centravanti, una - e questa ancor di più - delle nuove tendenze positive confermate anche a Pisa. Già, perché quello che è mancato forse troppo a lungo alla Roma nella passata stagione era proprio un numero 9 che sapesse cucire il filo del gioco, avesse presenza di fisico e soprattutto di spirito, dettasse i movimenti e facesse salire la squadra, riuscisse insomma con continuità a fare il lavoro che in queste due prime giornate ha fatto Evan Ferguson da Bettystown, decisivo anche a Pisa con l’assist per Soulé, dopo l’ottimo lavoro svolto nella prima contro il Bologna. Rispetto a Dovbyk, e qui la novità consolidata in terra toscana, l’irlandese capisce molto prima il gioco, sa usare il corpo nella maniera giusta, protegge la palla come fosse la cosa più cara al mondo: insomma, tutta un’altra musica rispetto alla confusione mentale nella quale sembrava essere finito a sguazzare, fino a impantanarsi, il monolitico Dovbyk, un pezzo unico di uomo e calciatore, che non a caso è finito prima in panchina e poi nella lista dei possibili partenti dell’ultimo minuto. Se Ferguson, insieme a Wesley , rappresenta la dolce novità, ciò che lascia più fiduciosi i tifosi e che può far vivere sereno Gasperini sono però le vecchie certezze ritrovate, quelle che hanno spinto la Roma di Ranieri a sfiorare un’impresa titanica e che hanno consegnato al nuovo allenatore una squadra forte, pronta, coesa. Svilar, presenza fondamentale per la difesa; Mancini, nella sua nuova posizione da centrale di una difesa a tre, ruolo che oramai ricopre con una sicurezza esemplare; Manu Koné, devastante dominatore del centrocampo e autore di strappi decisivi e dirompenti; ma soprattutto i due argentini, la luce della Roma, il sale sulla minestra: Soulé e Dybala. Il primo ha ripreso a folleggiare tra i difensori come aveva imparato a fare nella seconda parte di stagione dopo una prima giocata a motore ingolfato; il secondo è semplicemente il giocatore più forte della squadra e sicuramente tra i primi cinque in assoluto della Serie A. Anche a Pisa la teofania della Joya, intesa come pura e semplice rivelazione del suo talento divino, è stata folgorante: dopo un primo tempo faticoso e scorbutico, Gasperini l’ha messo dentro al posto di un diligente El Shaarawy e Dybala si è letteralmente preso la partita, accendendo il ritmo, spronando i compagni a suon di sterzate, dimezzando i tempi delle giocate e raddoppiandone irrimediabilmente l’efficacia. Da una sua accelerazione, dritta per dritta verso il centro dell’area, è partito il gol dell’1-0; sempre da un suo cross era arrivato anche il 2-0, poi annullato per un tocco di mano involontario di Soulé. Alla vigilia Gasperini ha voluto battere sul tasto della forma fisica ma è indubbio che, al contrario di quanto dice ma non pensa l’allenatore della Roma, esista una squadra con Dybala e una senza, d’altronde sennò a calcio potrebbero giocare tutti. Ma è proprio in questa ottica, consapevole che i limiti fisici della Joya purtroppo esistono , che Gasperini ha deciso di cominciare la stagione gestendone i minuti in campo: poco più di 20 col Bologna, tutta la ripresa contro il Pisa. All’Anconetani 45 minuti sono bastati, ma contro altri avversari probabilmente ne serviranno di più. E allora, non resta che aspettare il 14 settembre. Per capire se la Joya partirà titolare. E soprattutto se Gasperini saprà cogliere il terzo indizio che può consegnarli una prova. Quella di una Roma forte e competitiva, che può ambire in alto, certamente partita col piede giusto. Anzi, con due.

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Michele Mastrogiacomo