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Roma, Totti: "L'addio? Più deluso dal club che da Spalletti"

Serie A

L'ex capitano della Roma ripercorre ad Amazon i suoi anni in giallorosso tra gioie, dolori, il litigio con Spalletti e un addio non voluto: "Crescendo con la maglia della Roma addosso mi sono detto 'qui sono venuto e qui muoio' anche s epotevo andare al Real Madrid ma ha prevalso il cuore". Su Spalletti: "Quando è tornato a Roma non era quello che avevo conosciuto, pensava l'avessimo mandato via io e De Rossi, ma sull'addio la Roma ha sbagliato tempi e modi"

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E' un Francesco Totti a tutto campo quello che parla in un'intervista ad Amazon Prime Video. L'ex capitano della Roma ripercorre i momenti da calciatore nella Capitale, dalla gioia dello Scudetto alla tristezza del ritiro, passando per il suo attaccamento ai colori giallorossi e al tanto famigerato litigio con Luciano Spalletti. "Da ragazzino il mio sogno era quello di diventare calciatore, poi indossare la maglia della Roma era il sogno un po' di tutti - spiega . Crescendo mi sono detto 'da qui sono partito e qui muoio'. Sarà difficile trovare un personaggio che possa fare ciò che ho fatto io nella Roma e nessuno penso possa superare il rapporto d'amore che c'è stato tra me e la gente". Eppure a un certo punto Totti sarebbe potuto andare via dalla Capitale: "Nel 2004 potevo andare al Real Madrid, ci è mancato veramente poco - dice ancora - Che cosa? La firma, ha prevalso il cuore e l'amore per la gente".

"Vincere lo Scudetto con la Roma è una sensazione indescrivibile"

L'esordio a poco più di 17 anni con Mazzone: "Un secondo papà, sapeva quando farmi giocare dall'inizio e quando farmi partire dalla panchina cercando di gestirmi nel miglior modo possibile come farebbe un padre con un figlio - spiega - A 17 anni alla Roma c'erano Balbo e Fonseca e la gente voleva che giocassi dietro di loro, e allora Mazzone disse 'più mi chiedete di Totti e più non lo faccio giocare'. Solo chi lo ha conosciuto può capire la differenza tra lui e gli altri". Sull'idolo da giovane: "Giannini anche se avevamo ruoli diversi, lui più regista io più mezzapunta, non mi sarei mai immaginato di divenare forte come lui, né di più". Quanto al derby e al gol più bello: "E' la partita più importante dell'anno - racconta - Per me e De Rossi era come una finale del Mondiale, per fortuna se ne giocano due. Il gol a Peruzzi nel 5-1 l'ho segnato contro una Lazio che era davvero forte". Vincere lo Scudetto da capitano della Roma lascia il segno: "E' una sensazione indescrivibile, era destino che lo vincessimo all'Olimpico, era una squadra fortissima, Sensi aveva fatto di tutto per prendere Batistuta. Poi Capello ebbe paura per l'invasione dei tifosi, se avessimo perso a tavolino avrei smesso. Avremmo potuto vincerne altri, ci siamo andati vicini. Scudetto e Mondiale, due cose diverse ma due sogni".

"Il secondo Spalletti a Roma? Non era quello che avevo conosciuto"

Finale di carriera costellato da qualche infortunio e dal rapporto non idilliaco con Luciano Spalletti nella sua seconda avventura romanista: "Non era lo Spalletti che avevo conosciuto io - prosegue - Qualsiasi cosa succedesse in allenamento se la prendeva sempre con me. Era venuto a Roma per farmi smettere. Ero stato fermo 3-4 mesi per un infortunio alla coscia, ero pur sempre il capitano di quella Roma e non mi chiedeva mai come stessi mettendomi in secondo piano. Da parte mia con lui al di là di una forte discussione non c'è stato niente ma si avvertiva solo un po' di attrito. Quando è stato mandato via da Roma la prima volta, Rosella Sensi in ritiro convocò me, De Rossi, Panucci e Perrotta con Bruno Conti e Pradé e ci chiesero chi pensavamo fosse più adatto tra Mancini e Ranieri e noi rispodemmo Mancini perché sapevamo che aveva una mentalità vincente ed era più adatto alla rosa di quella squadra. Poi tornammo a casa e leggemmo che Ranieri era diventato il nuovo allenatore della Roma. Spalletti percepiva o gli avevano detto che eravamo stati io e De Rossi a mandarlo via dalla Roma per prendere Ranieri, ma la storia è un'altra".

"L'addio? La Roma ha sbagliato tempi e modi"

Quanto all'addio: "Mi avevano detto che avrei deciso io quando smettere, poi prima del derby i dirigenti della Roma vennero da me e mi dissero detto che quello sarebbe stato l'ultimo derby - spiega - Non ero pronto, sono stati sbagliati i tempi e i modi. Nella delusione per l'addio metto per prima la Roma e poi Spalletti. Mi sono sentito spaesato, ho pianto per tre settimane tutti i giorni. Potevo andare in MLS, l'anno dopo mi ha chiamato Mihajlovic al Torino ma non me la sentivo di rovinare tutto". Un compagno rimasto nel cuore: "Candela". Un giocatore con cui avrebbe voluto giocare: "Ronaldo il Fenomeno, lui è stato anche più forte di Messi". Infine il rapporto con Nesta, l'altro capitano: "Ci siamo sempre scontrati nei derby dalle giovanili, abbiamo la stessa età, per ovvie ragioni non ci siamo mai frequentati a Roma, ma ci vogliamo bene".

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