Perugia, Bianco si racconta: "Io, i miei sogni e l’idolo Nedved"

Serie B
Bianco in azione con la maglia del Perugia, foto Getty
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Il giocatore del Perugia si è raccontato in una rubrica sul sito del club umbro, svelando alcuni retroscena della sua carriera: "Il mio idolo era Nedved, il destino mi ha permesso di esordire in serie B proprio entrando al suo posto"

Una carriera particolare, cominciata in provincia di Napoli e continuata poi a Torino, con la maglia della Juventus addosso. Adesso Raffaele Bianco difende i colori del Perugia, ma non può dimenticare i pazzeschi ricordi vissuti, uno su tutti l’esordio in serie B al posto del suo idolo Nedved: "Mi piaceva tantissimo Nedved da bambino, poi il destino ha voluto che lo conoscessi da vicino durante la mia esperienza alla Juventus. Ho avuto anche la fortuna di esordire entrando al posto suo in serie B, è stata un’emozione fortissima. Ho cominciato a giocare a 5 anni, spinto da mio padre, in una società in provincia di Napoli, sono rimasto lì fino all’età di 14 anni quando tramite un osservatore della Juventus mi sono trasferito a Torino. Ho fatto tutta la trafila nelle giovanili, fino ad esordire poi in serie B con la Juve. A scuola andavo bene, mio padre era un martello, ricordo delle scene in cui mi diceva 'Ti porto a fare allenamento ma fai i compiti in macchina'. A Torino ho proseguito gli studi fino al diploma, poi mi sono concentrato sul calcio".

Il trasferimento al Perugia

"Ho saputo che da parte del Perugia c’era stato interesse nei miei confronti – continua Bianco nel corso di una rubrica sul sito del club - io venivo da cinque anni straordinari a Carpi e consideravo chiuso un ciclo. Non avevo più energia da dare lì, quindi ho deciso di venire a Perugia. Il presidente ha avuto molta pazienza per portarmi qui, il suo corteggiamento è stato qualcosa di decisivo. Conoscevo già molti giocatori, l’inserimento è stato facile. Il gruppo è composto da tanti bravi ragazzi e giovani che in questi mesi hanno dimostrato di avere voglia di emergere. Ho legato di più con Belmonte, della città ho visto qualcosina ma per questioni logistiche non frequento molto il centro. Mi riservo di poterla scoprire man mano. Se non avessi giocato a calcio avrei continuato gli studi, senza però sapere cosa scegliere. Fare l’allenatore in futuro? Sarebbe tosto, credo sia una responsabilità dura da prendersi. Non è un lavoro che mi attrae tantissimo. Il ruolo di dirigente invece mi intriga, mi piacerebbe farlo ma non ci ho ancora pensato perché voglio giocare ancora qualche anno".