Kakà, il bambino di Dio che voleva salvare il Diavolo

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Il primo autografo di Kakà su una 'camiseta blanca' del Real
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PAOLO PAGANI commenta a caldo la notte che ha cambiato la storia recente del Milan. E del Cavalier Silvio Berlusconi, che adesso è meglio che scenda dal cavallo: c’è poco da essere orgogliosi, calcisticamente parlando

di PAOLO PAGANI



Il bambino di Dio che ha voluto salvare il Diavolo. Così ce la racconta Kakà, 9 milioni netti l’anno e una notte dopo la sofferta (sofferta? Mah) decisione: c’è la crisi, questi soldini aiuteranno il Milan in difficoltà, tanti auguroni a Pato e al mio amico Leonardo… Alleluja. La carità di Kakà, religioso pischello. Amen. E meno male che lui è cristiano; pensa un po' se era agnostico quanto gli sarebbe interessato dei tifosi che sono scesi in piazza sei mesi fa e in questi giorni hanno replicato.

Puntuale, come quella che tante volte lui in 15 anni di grane in Tribunale ha definito “giustizia ad orologeria”, l’annuncio della partenza di Kakà è avvenuto il giorno dopo le elezioni. E, se taceva prima, magari il cavalier Silvio Berlusconi perdeva anche meno voti in quel della Milano rossonera, capitale della destra cavalleresca. Il Cavalier Silvio Berlusconi, adesso, è meglio che scenda dal cavallo: c’è poco da essere orgogliosi, calcisticamente parlando.

La Milano morattiana se la sghignazza, il Berlusconi vero adesso abita in via Durini e presiede l’Inter. Il Berlusconi ex, nel senso di ex mattatore della pedata tricolore, ex presidentissimo col portafogli pronto a tutto, è invece riuscito dove nemmeno Giussy Farina, patron bancarottiere di un Milan antico, riuscì. Quello, il Farina, dal suo sacco non lasciò scappare Franco Baresi, la bandiera rossonera di allora. Questi, il cavaliere che dovrà finalmente scendere da cavallo e finirla di tirarsela da Gladiatore degli stadi planetari, racconta che “il nostro faro, ora, è Ronaldinho”. Quello che ha un carrello come il posteriore della Punto. Intanto però svende Kakà, uno dei 3 più grandi giocatori al mondo. Mai al Milan s’era venduta l’argenteria. Mai il Milan, e in tanti l’hanno detto e scritto e predicato, si liberava di qualcuno, figurarsi se ancora in spolvero: semmai comprava, comprava, comprava. E vinceva, vinceva, vinceva.

Dice: c’è la crisi. Solo che 65 milioni di euro, tant’è costato il cartellino di Kakà, serviranno tutt’al più alle spese condominiali di Villa Certosa. Ma siamo seri. La verità è che, del Milan, al cavaliere sceso da cavallo interessa ormai quasi nulla. Avvisate i tifosi rossoneri. Se il presidente del ConSilvio punta al Quirinale, degli spogliatoi di Milanello può e vuole fare a meno. E tanti auguri, Kakà, ma i campioni (e se cristiani dovrebb’essere ancora più vero) non fanno mica come te.