L'handicap salary-cap: ecco cos'è il "tetto agli ingaggi"

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Le spese folli del Real Madrid hanno irritato i vertici dell'Uefa che, per bocca del suo presidente, ha annunciato una nuova regola per combattere la concorrenza sleale dovuta alle agevolazioni fiscali di ogni Paese. GUARDA IL VIDEO

Il Salary Cap, il tetto agli ingaggi, è la somma massima che un club può spendere in salari. L'esempio arriva dagli Stati Uniti, dove le principali leghe sportive hanno adottato (con tempi e modalità diverse) questo sistema e ne hanno ricavato i benefici: un controllo delle spese più rigido e, inevitabilmente anche un livello più bilanciato delle squadre della Lega.

Per arrivare a una regolamentazione ufficiale, però, la strada non è stata certo delle più semplici. Nel campionato di basket NBA, ad esempio, il salary cap venne sperimentato negli anni 40, abolito dopo una stagione, e reintrodotto nella stagione 84-85.

Il campionato di hockey NHL perse addirittura un'intera stagione, nel 2004-05, perché non si trovava l'accordo sul salary. Nel football NFL, il tetto salariale, introdotto nel 94, è invece un vero  e proprio incubo. Non rispettarlo significa rischiare multe fino a 5 milioni di dollari, perdita di contratti e di scelte al draft.

Il Salary Cap c'è anche in Europa, in Inghilterra, nei maggiori campionati di rugby. Così come in Australia. Nel calcio, una sorta di tetto salariale c'è già: molte squadre come Fiorentina, Napoli, e recentemente anche il Milan, hanno scelto di adottare autonomamente una propria autoregolamentazione per limitare gli ingaggi e controllare con più attenzione il budget.

Platini vorrebbe che il tetto diventasse legge per l'Europa, senza paura di perdere i propri campioni verso altri continenti. Alla fine, il fascino delle squadre europee resterebbe intatto, con o senza salary cap. Come per il campionato NBA, che anche con le limitazioni salariali resta il più affascinante e il più ambito.