Messi, un'industria che cammina. Vale 433 milioni
CalciomercatoTutti sognano di avere il fenomeno argentino del Barça. Ma i conti sono terrificanti: 250 milioni di clausola rescissoria, 150 per l'acquisto, 13,5 netti l'anno di ingaggio, 20 dagli sponsor (26 marchi differenti). LE FOTO: LEO SCARPA D'ORO
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Messi va di moda: testimonial di D&G
di Alessandro Sugoni
Tutti sognano Messi, ma per averlo forse non basterebbe nemmeno centrare al Superenalotto il sei da oltre 160 milioni di euro. Bisognerebbe aggiungerne altri 90 per pagare la sua clausola rescissoria, fissata a quota 250.
Ma anche ammesso che il Barcellona sia disposto a cederlo per una cifra che il mercato non ammette inferiore ai 150 milioni, resta da pagare l'ingaggio, da numero uno al mondo, di 13 milioni e mezzo netti a stagione. E poi c'è la gestione dei diritti di immagine: roba da 26 marchi - compresa l'ultimissimo Dolce e Gabbana - e da oltre 20 milioni di euro l'anno.
Insomma Messi, più che un giocatore è un'industria che cammina, anzi corre, e la somma da spendere per averlo, una somma alla portata di pochissime squadre al mondo: Real, Chelsea, Manchester (oggi più City che United). Questione di fatturato. Fondamentale in tempi di fair play finanziario. Tre parole che entro il prossimo triennio cambieranno definitivamente il modo di fare mercato e di gestire le società.
Tre parole che sintetizzano dieci nuove regole, approvate a maggio dall'Uefa: la sostanza è che per poter partecipare alle competizioni europee, tutte le squadre dovranno essere in grado di autofinanziarsi. Concetto semplice: tanto ricavi, tanto puoi spendere sul mercato. Niente più prestiti milionari dalle banche o interventi extra di Abramovich o dello sceicco per ripianare i conti.
I tifosi interisti hanno imparato a loro spese la traduzione nei fatti di questa norma: in estate nessun acquisto importante e la cessione di Balotelli. Un principio che oggi rende irrealizzabili tanti desideri, ma che domani può far diventare meno impossibili tanti sogni. Perché con i conti a posto Inter e Milan, ad esempio, potrebbero davvero contendere Messi alle altre grandi d'Europa. Ma soprattutto altre piazze possono permettersi di sognare.
Anche una società in ascesa come il Napoli - già con i bilanci in perfetto ordine per ammissione di Platini - in teoria potrebbe decidere di vendere qualche suo gioiello e provare a mettere insieme i soldi necessari per regalarsi l'unico, vero erede di Maradona.
Messi a Napoli oggi è solo una suggestione si, ma che fa venire i brividi.
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Tutti sognano Messi, ma per averlo forse non basterebbe nemmeno centrare al Superenalotto il sei da oltre 160 milioni di euro. Bisognerebbe aggiungerne altri 90 per pagare la sua clausola rescissoria, fissata a quota 250.
Ma anche ammesso che il Barcellona sia disposto a cederlo per una cifra che il mercato non ammette inferiore ai 150 milioni, resta da pagare l'ingaggio, da numero uno al mondo, di 13 milioni e mezzo netti a stagione. E poi c'è la gestione dei diritti di immagine: roba da 26 marchi - compresa l'ultimissimo Dolce e Gabbana - e da oltre 20 milioni di euro l'anno.
Insomma Messi, più che un giocatore è un'industria che cammina, anzi corre, e la somma da spendere per averlo, una somma alla portata di pochissime squadre al mondo: Real, Chelsea, Manchester (oggi più City che United). Questione di fatturato. Fondamentale in tempi di fair play finanziario. Tre parole che entro il prossimo triennio cambieranno definitivamente il modo di fare mercato e di gestire le società.
Tre parole che sintetizzano dieci nuove regole, approvate a maggio dall'Uefa: la sostanza è che per poter partecipare alle competizioni europee, tutte le squadre dovranno essere in grado di autofinanziarsi. Concetto semplice: tanto ricavi, tanto puoi spendere sul mercato. Niente più prestiti milionari dalle banche o interventi extra di Abramovich o dello sceicco per ripianare i conti.
I tifosi interisti hanno imparato a loro spese la traduzione nei fatti di questa norma: in estate nessun acquisto importante e la cessione di Balotelli. Un principio che oggi rende irrealizzabili tanti desideri, ma che domani può far diventare meno impossibili tanti sogni. Perché con i conti a posto Inter e Milan, ad esempio, potrebbero davvero contendere Messi alle altre grandi d'Europa. Ma soprattutto altre piazze possono permettersi di sognare.
Anche una società in ascesa come il Napoli - già con i bilanci in perfetto ordine per ammissione di Platini - in teoria potrebbe decidere di vendere qualche suo gioiello e provare a mettere insieme i soldi necessari per regalarsi l'unico, vero erede di Maradona.
Messi a Napoli oggi è solo una suggestione si, ma che fa venire i brividi.