"El Cacha" Forlan, una magia per far dimenticare Eto'o

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La strega Cachavacha, personaggio dei cartoni animati da cui deriva il soprannome di Diego Forlan
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LA STORIA. Da promessa del tennis alla carriera di calciatore per aiutare economicamente la famiglia. L'esperienza negativa a Manchester, poi l'esplosione in Spagna: due Scarpa d'oro, miglior giocatore del Mondiale, la Coppa America. E le sexy fidanzate

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di Luciano Cremona

Il suo soprannome, "El Cacha", gli è stato affibbiato per la somiglianza con la strega Cachavacha dei cartoni sudamericani. Diego Forlan, però, più che incantesimi, cerca di fare magie. Il nuovo numero 9 dell'Inter è il diciottesimo uruguaiano della storia nerazzurra. Prima di lui leggende come Hector Scarone (con cui divide la palma di miglior goleador della Celeste, con 31 reti), mancini terribili come Ruben Sosa e Alvaro Recoba, ma anche meteore come Fabian Carini, Martin Rivas o Antonio Pacheco.

Forlan è nato a Montevideo nel maggio del '79. Due anni più anziano di Samuel Eto'o, che gli ha fatto posto. Ma il posto, Forlan, l'ha conquistato, nel tempo, nel cuore di Massimo Moratti. Si sa: il presidente a volte si innamora e allora non ci sono tanti giri da fare. Forlan è il nuovo attaccante dell'Inter. Il "Cacha" davanti al "Cuchu", in un'assonanza di soprannomi con Cambiasso che arriva fin dal 1998, quando i due giocavano assieme all'Independiente.

Sono argentine le prime statistiche di Forlan, passato per le giovanili di Danubio e Peñarol. Eppure Diego non voleva nemmeno fare il calciatore. Da piccolo era una promessa del tennis (mancino, anche se è destro di piede), poi un grave incidente stradale colpì la sorella maggiore Alejandra, che rimase paralizzata. La prima decisione importante della sua vita la prese quando era ancora piccolo: "Papà, farò il calciatore. Diventerò ricco e vi aiuterò nelle cure per Alejandra". Un legame, quello familiare forte (ha un altro fratello, ex calciatore, e un'altra sorella) e che gli ha tramandato i geni del calcio. Il nonno materno, Juan Carlos Corazzo giocava nell'Independiente negli anni '30. Poi diventò il ct della Celeste e portò l'Uruguay alla conquista della Coppa America nel 1959. Il papà, Pablo, anche lui calciatore e anche lui vincitore della Coppa America, nel 1967. Successo centrato da Forlan proprio quest'anno. Una dinastia di vincitori.

Nel 2002 la chiamata di Sir Alex Ferguson fece capire a Diego di aver fatto la scelta giusta. Eppure a Manchester furono tanti dolori (come questo gol sbagliato in amichevole) e poche gioie. 63 partite, solo 10 gol. Un digiuno iniziale di sette mesi che invitò i tifosi dei Red Devils a indossare una maglietta con la scritta: "Una volta ho visto Diego Forlan segnare un gol". Eppure Diego non si è dato per vinto. È andato al Villarreal, nonostante la sua meta preferita sarebbe stata l'Athletic Bilbao, e ha iniziato a segnare. Tanto. Nel 2005 capocannoniere della Liga con 25 gol e Scarpa d'oro. Doppietta ripetuta nel 2009, con l'Atletico Madrid, sua squadra dal 2007: in quattro stagioni nella capitale, 134 partite e 74 gol.

La sua leggenda l'ha però costruita soprattutto nell'ultimo anno, tra Europa League, Mondiale e Coppa America. Prima della finale europea contro il Fulham aveva promesso ai suoi compagni di squadra: "Se vinciamo, offro da mangiare a tutti". Doppietta in finale, coppa, e spesa extra per tutti, con tanto di foto ricordo. Al Mondiale ha trascinato l'Uruguay in semifinale: 5 gol e il pallone d'oro della competizione. Un'exploit che gli è valso anche la realizzazione di un cartone animato su misura per lui, in pieno stile Holly e Benji.

E infine l'ultima Coppa America, con la doppietta in finale. Diego, che non ama i titoli personali ("non ci penso, l'importante è fare bene e vincere"), ha ancora una volta dato senso alla canzone scritta per lui: "Su pelo es como el sol, la bandera de Uruguay", "I suoi capellli sono come il sole, la bandiera dell’Uruguay". Come il sole sono anche i capelli di Tamara, la sua nuova fiamma che ha rimpiazzato la famosa Zaira Nara, che l'ha piantato a matrimonio in vista. Diego non si è dato per vinto, ancora una volta. Come dopo Manchester, è ripartito. Ora l'attende una sfida ancora più complicata: non far rimpiangere Samuel Eto'o. Ci vuole una magia, anzi: un incantesimo della Cachavacha.



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