Capocannonieri si diventa. Grazie ai gradoni di Zeman
CalciomercatoSchillaci, Signori, Baiano, nell'ultima stagione Immobile. Il tecnico boemo li prende quando sono ancora semi-sconosciuti e li porta in cima alla classifica dei marcatori. E poi ci sono quelli che, senza di lui, non riescono più a segnare
di Vanni Spinella
Se quei gradoni potessero parlare, forse ci svelerebbero il segreto delle squadre di Zeman.
Loro, gli spalti dello stadio utilizzati come palestra improvvisata, sono infatti custodi e protagonisti involontari delle leggende che alimentano il mito dell’allenatore boemo e delle sue preparazioni estive “alla Rocky”.
Potessero parlare, magari ci racconterebbero di quando Beppe Signori era uno ancora sconosciuto, al Foggia, ma già sfidava gli amici con la “prova del Buondì in trenta passi” (o in 30 gradini). O di quel croato alto e allampanato che rispondeva al nome di Alen Boksic, con un talento infinito ma poca voglia di faticare.
O, ancora, di un certo Schillaci, lontanissimo dalle Notti Magiche, che impreca in dialetto chiedendosi che senso abbia tutto quel lavoro lontano dal campo.
Lo capirà, come tutti gli altri, a fine stagione, quando si raccolgono i frutti della semina.
Totò Schillaci fu il primo a beneficiare del tridente zemaniano e di quei sacchi di sabbia portati su e giù per i gradoni. Nel 1988, al Messina, è un perfetto sconosciuto. Poi Zeman conduce i siciliani a un inaspettato ottavo posto in serie B, naturalmente con il miglior attacco (46 gol in 38 partite) e Schillaci capocannoniere del torneo a quota 23, impresa che crea le basi per la chiamata della Juventus e poi in Nazionale.
Ma torniamo a Zeman: il suo Messina piace, e parecchio, a Casillo, presidente del Foggia, che gli chiede di costruire un giocattolo simile anche per lui. Zeman si mette al lavoro e la stagione successiva il Foggia chiude il campionato ottavo, con Signori che fa 14 reti. Siamo solo alla fase di progettazione di Zemanlandia.
Il miracolo si compie l’anno dopo, stagione 1990-91, con il ritorno in serie A e quel capolavoro tattico che è il tridente Baiano-Signori-Rambaudi, capaci di realizzare insieme ben 48 delle 67 reti totali (miglior attacco, manco a dirlo; l’Udinese di Balbo, secondo miglior attacco, ne fa 53…).
Se non bastasse, Baiano è il capocannoniere della B (22 gol) e l’anno dopo, alla prima esperienza in A, più di lui segnano solo van Basten e Baggio. Immaginateli su un podio, tutti e tre, e diteci se vi pare tutto normale.
Siamo solo agli inizi: l’elenco dei giocatori valorizzati da Zeman è lunghissimo. Tutta gente che con lui scopre all’improvviso di saper segnare valanghe di gol, e con altri allenatori non ne sarà più capace.
Prendete Boksic. Nel 1994 la Lazio di Zeman dà spettacolo con il tridente Casiraghi-Boksic-Signori. Chiude seconda alle spalle della Juve con il miglior attacco (69 gol, 10 in più dei bianconeri) e Boksic, che l’anno prima ne aveva segnati appena 4, ne fa 9. Passato alla Juventus (dove vince lo scudetto: insomma, non una stagione da buttare) ne farà 3 in 22 partite. Avrete capito che il “sistema Zeman”, se fai l’attaccante, ti cambia la vita.
L’anno dopo la Lazio è terza (miglior attacco, dobbiamo ancora sottolinearlo?) e Beppe Signori capocannoniere (24) della serie A, poi nel 1999 tocca a Delvecchio riscoprirsi bomber. Nella Roma di Zeman segna 18 reti (il capocannoniere del torneo è Marcio Amoroso, a 22); prima di allora, al massimo, ne aveva segnati 10 in un anno, e dopo l’addio di Zeman non ne rifarà mai più così tanti.
Più recentemente, a Zeman devono dire grazie Fabio Vignaroli, che nel 2001 alla Salernitana fa 20 gol in serie B (meglio di lui solo Oliveira del Como, 23), Vitali Kutuzov (scartato dal Milan, 15 gol nell’Avellino di Zeman nonostante la retrocessione in C), Mirko Vucinic (19 gol in 28 gare al Lecce nel 2004-05; è tuttora il suo record in carriera), Valeri Bojinov (11 reti con cui si fa un nome e attira la Fiorentina; suo attuale record in carriera), Marco Sau (Foggia 2010, 20 gol in 33 gare di Lega Pro; oggi è un gioiellino), per chiudere con Lorenzo Insigne (che Zeman porta dal suo Foggia, dove aveva segnato 19 gol in 33 gare, al Pescara: 18 reti al primo anno in B) e Ciro Immobile, capocannoniere (28 reti) dell’ultima stagione di B, quella del Pescara dei 90 (novanta) gol fatti e della promozione in A.
Adesso, sotto a chi tocca. Alla Roma i giovani da valorizzare non mancano. Gente come Borini (9 reti nell’ultima stagione e una voglia matta di emergere) e Bojan (10 gol al massimo in un anno: e giocava al Barcellona!) si sta già fregando le mani. Per non parlare di Osvaldo, che Zeman aveva messo al centro del suo attacco nel Lecce del 2006, prima di essere esonerato; da lì in poi, per lui, solo tanta panchina.
Sempre che abbiano voglia di soffrire, è chiaro. La strada per il titolo di capocannoniere è tutta in salita ed è fatta a gradoni.
Se quei gradoni potessero parlare, forse ci svelerebbero il segreto delle squadre di Zeman.
Loro, gli spalti dello stadio utilizzati come palestra improvvisata, sono infatti custodi e protagonisti involontari delle leggende che alimentano il mito dell’allenatore boemo e delle sue preparazioni estive “alla Rocky”.
Potessero parlare, magari ci racconterebbero di quando Beppe Signori era uno ancora sconosciuto, al Foggia, ma già sfidava gli amici con la “prova del Buondì in trenta passi” (o in 30 gradini). O di quel croato alto e allampanato che rispondeva al nome di Alen Boksic, con un talento infinito ma poca voglia di faticare.
O, ancora, di un certo Schillaci, lontanissimo dalle Notti Magiche, che impreca in dialetto chiedendosi che senso abbia tutto quel lavoro lontano dal campo.
Lo capirà, come tutti gli altri, a fine stagione, quando si raccolgono i frutti della semina.
Totò Schillaci fu il primo a beneficiare del tridente zemaniano e di quei sacchi di sabbia portati su e giù per i gradoni. Nel 1988, al Messina, è un perfetto sconosciuto. Poi Zeman conduce i siciliani a un inaspettato ottavo posto in serie B, naturalmente con il miglior attacco (46 gol in 38 partite) e Schillaci capocannoniere del torneo a quota 23, impresa che crea le basi per la chiamata della Juventus e poi in Nazionale.
Ma torniamo a Zeman: il suo Messina piace, e parecchio, a Casillo, presidente del Foggia, che gli chiede di costruire un giocattolo simile anche per lui. Zeman si mette al lavoro e la stagione successiva il Foggia chiude il campionato ottavo, con Signori che fa 14 reti. Siamo solo alla fase di progettazione di Zemanlandia.
Il miracolo si compie l’anno dopo, stagione 1990-91, con il ritorno in serie A e quel capolavoro tattico che è il tridente Baiano-Signori-Rambaudi, capaci di realizzare insieme ben 48 delle 67 reti totali (miglior attacco, manco a dirlo; l’Udinese di Balbo, secondo miglior attacco, ne fa 53…).
Se non bastasse, Baiano è il capocannoniere della B (22 gol) e l’anno dopo, alla prima esperienza in A, più di lui segnano solo van Basten e Baggio. Immaginateli su un podio, tutti e tre, e diteci se vi pare tutto normale.
Siamo solo agli inizi: l’elenco dei giocatori valorizzati da Zeman è lunghissimo. Tutta gente che con lui scopre all’improvviso di saper segnare valanghe di gol, e con altri allenatori non ne sarà più capace.
Prendete Boksic. Nel 1994 la Lazio di Zeman dà spettacolo con il tridente Casiraghi-Boksic-Signori. Chiude seconda alle spalle della Juve con il miglior attacco (69 gol, 10 in più dei bianconeri) e Boksic, che l’anno prima ne aveva segnati appena 4, ne fa 9. Passato alla Juventus (dove vince lo scudetto: insomma, non una stagione da buttare) ne farà 3 in 22 partite. Avrete capito che il “sistema Zeman”, se fai l’attaccante, ti cambia la vita.
L’anno dopo la Lazio è terza (miglior attacco, dobbiamo ancora sottolinearlo?) e Beppe Signori capocannoniere (24) della serie A, poi nel 1999 tocca a Delvecchio riscoprirsi bomber. Nella Roma di Zeman segna 18 reti (il capocannoniere del torneo è Marcio Amoroso, a 22); prima di allora, al massimo, ne aveva segnati 10 in un anno, e dopo l’addio di Zeman non ne rifarà mai più così tanti.
Più recentemente, a Zeman devono dire grazie Fabio Vignaroli, che nel 2001 alla Salernitana fa 20 gol in serie B (meglio di lui solo Oliveira del Como, 23), Vitali Kutuzov (scartato dal Milan, 15 gol nell’Avellino di Zeman nonostante la retrocessione in C), Mirko Vucinic (19 gol in 28 gare al Lecce nel 2004-05; è tuttora il suo record in carriera), Valeri Bojinov (11 reti con cui si fa un nome e attira la Fiorentina; suo attuale record in carriera), Marco Sau (Foggia 2010, 20 gol in 33 gare di Lega Pro; oggi è un gioiellino), per chiudere con Lorenzo Insigne (che Zeman porta dal suo Foggia, dove aveva segnato 19 gol in 33 gare, al Pescara: 18 reti al primo anno in B) e Ciro Immobile, capocannoniere (28 reti) dell’ultima stagione di B, quella del Pescara dei 90 (novanta) gol fatti e della promozione in A.
Adesso, sotto a chi tocca. Alla Roma i giovani da valorizzare non mancano. Gente come Borini (9 reti nell’ultima stagione e una voglia matta di emergere) e Bojan (10 gol al massimo in un anno: e giocava al Barcellona!) si sta già fregando le mani. Per non parlare di Osvaldo, che Zeman aveva messo al centro del suo attacco nel Lecce del 2006, prima di essere esonerato; da lì in poi, per lui, solo tanta panchina.
Sempre che abbiano voglia di soffrire, è chiaro. La strada per il titolo di capocannoniere è tutta in salita ed è fatta a gradoni.