Carlito's way. Così la Juventus chiude l'era del buonismo
CalciomercatoL'arrivo dell'Apache, top player piuttosto turbolento, chiude definitivamente in bianconero l'era dello "smile" e dei personaggi trasversali alla Del Piero. Con Vucinic e Llorente si profila un tridente stile il Buono, il Brutto e il Cattivo
di Lorenzo Longhi
E meno male che alla Juve "vogliono solo soldatini", per dirla con Antonio Cassano. Un dribbling verbale tutt'altro che riuscito: chi glielo dice ora, al barese che l'Inter sta sbolognando al Parma, che il club bianconero ha preso Carlos Tevez, non esattamente l'ultimo dei chierichetti?
L'acquisto dell'Apache, per la Juventus, significa l'addio definitivo alla politica dello "smile" che tanto piaceva a Elkann, della prona ricerca del consenso post-Calciopoli, dei calciatori tutto campo, famiglia felice e buoni sentimenti. Quelli trasversali, che piacciono agli sponsor. Tevez è la chiusura postuma dell'era dei Del Piero. A Torino, di personaggi così, non se ne vedevano da tempo; un top player - sì, ora si può dire - capace di litigare con chiunque così come di farsi amare dal pubblico, di cambiare una partita così come di togliersi dalla mischia per un capriccio, come sa bene Roberto Mancini.
Non aveva la turbolenta storia personale di Tevez il primo Ibrahimovic, neutralizzato dalle lavate di capo di Capello e Moggi, non arrivava al livello di irascibilità dell'Apache il suo connazionale Camoranesi, certo un tipino piuttosto particolare. "Non fosse stato per il calcio, oggi sarei morto o in galera", raccontò Tevez durante la Copa America 2011: in bianconero, un bad boy del genere è quasi una novità. Piacerà, agli juventini, così come piace Conte, che è stato il primo grimaldello per il ritorno a successi e invidie, tanto che Crozza ci ha costruito su un tormentone: "Sono antipatico perché vinco? Chapeau".
"I bravi ragazzi vanno bene per farli sposare alle figlie, nel calcio servono i duri", sentenziò un giorno Corrado Orrico, che almeno per questo merita un posto nell'empireo dei pensatori del pallone. Replicò così quando Ernesto Pellegrini gli rifiutò, all'Inter, l'acquisto di Di Canio. La Juventus, con Tevez e se dovesse resistere agli assati per Vucinic, avrebbe una prima linea da far paura. Letteralmente, considerando le phisique du role dei due. Ai quali, nel potenziale tridente, si aggiungerebbe Fernando Llorente, un po' l'intruso del gruppo: occhio ceruleo, aria da tombeur de femmes e un cognome (tradotto significa "piangente") che stona. Ma, in fondo, assieme al Brutto e al Cattivo, anche Sergio Leone ne metteva uno Buono...
E meno male che alla Juve "vogliono solo soldatini", per dirla con Antonio Cassano. Un dribbling verbale tutt'altro che riuscito: chi glielo dice ora, al barese che l'Inter sta sbolognando al Parma, che il club bianconero ha preso Carlos Tevez, non esattamente l'ultimo dei chierichetti?
L'acquisto dell'Apache, per la Juventus, significa l'addio definitivo alla politica dello "smile" che tanto piaceva a Elkann, della prona ricerca del consenso post-Calciopoli, dei calciatori tutto campo, famiglia felice e buoni sentimenti. Quelli trasversali, che piacciono agli sponsor. Tevez è la chiusura postuma dell'era dei Del Piero. A Torino, di personaggi così, non se ne vedevano da tempo; un top player - sì, ora si può dire - capace di litigare con chiunque così come di farsi amare dal pubblico, di cambiare una partita così come di togliersi dalla mischia per un capriccio, come sa bene Roberto Mancini.
Non aveva la turbolenta storia personale di Tevez il primo Ibrahimovic, neutralizzato dalle lavate di capo di Capello e Moggi, non arrivava al livello di irascibilità dell'Apache il suo connazionale Camoranesi, certo un tipino piuttosto particolare. "Non fosse stato per il calcio, oggi sarei morto o in galera", raccontò Tevez durante la Copa America 2011: in bianconero, un bad boy del genere è quasi una novità. Piacerà, agli juventini, così come piace Conte, che è stato il primo grimaldello per il ritorno a successi e invidie, tanto che Crozza ci ha costruito su un tormentone: "Sono antipatico perché vinco? Chapeau".
"I bravi ragazzi vanno bene per farli sposare alle figlie, nel calcio servono i duri", sentenziò un giorno Corrado Orrico, che almeno per questo merita un posto nell'empireo dei pensatori del pallone. Replicò così quando Ernesto Pellegrini gli rifiutò, all'Inter, l'acquisto di Di Canio. La Juventus, con Tevez e se dovesse resistere agli assati per Vucinic, avrebbe una prima linea da far paura. Letteralmente, considerando le phisique du role dei due. Ai quali, nel potenziale tridente, si aggiungerebbe Fernando Llorente, un po' l'intruso del gruppo: occhio ceruleo, aria da tombeur de femmes e un cognome (tradotto significa "piangente") che stona. Ma, in fondo, assieme al Brutto e al Cattivo, anche Sergio Leone ne metteva uno Buono...