Mihajlovic: "Arrivato il momento dei saluti, addio Samp"

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Il serbo era alla Sampdoria, sua ex squadra, dal novembre 2013 (Foto Getty)
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"Cari tifosi blucerchiati, è arrivato per me il momento più difficile, quello dei saluti. Queste sono le mie ultime parole da tecnico della Sampdoria. Si chiude qui la mia avventura", è l'incipit della lunga lettera di addio di Sinisa Mihajlovic a Genova

Sinisa Mihajlovic ha voluto salutare i tifosi con una lettera aperta pubblicata sul sito della società blucerchiata.

"Cari tifosi blucerchiati, è arrivato per me il momento più difficile, quello dei saluti. Queste sono le mie ultime parole da tecnico della Sampdoria. Si chiude qui la mia avventura. E voglio approfittare di questo spazio per salutare tutti, fare un bilancio e spiegare le ragioni della mia decisione di lasciare.

Il 21 novembre del 2013, presi la squadra in una situazione molto difficile, in coda alla classifica, sfiduciata, in crisi di gioco e risultati. La lascio ora settima, dopo essere stata anche terza alla fine del girone d’andata. Se andrà in Europa League non lo so. Dipenderà da carte bollate, ma io sono un uomo di campo, e come tale faccio i complimenti a chi è arrivato prima di noi, a partire dal Genoa. Anche se ritengo per il campionato svolto che la Samp possa essere una degna rappresentante dell’Italia in Europa.

Ma, al di là della posizione in classifica, sono orgoglioso di altro: di lasciare una squadra che oggi è sicura di sé, coraggiosa, capace di affrontare a testa alta ogni avversario. Lascio un gruppo di bravi ragazzi e bravi calciatori, cresciuti molto in questo biennio: cinque di loro sono stati anche convocati nella Nazionale maggiore. Chi verrà dopo di me troverà una squadra che ha cultura del lavoro, che sa cosa significa impegno, professionalità, fatica e dare il massimo negli allenamenti e in partita.

È questa la migliore eredità che io possa lasciare e va ben al di là di qualche punto in più o in meno in classifica. Quelli, soprattutto a fine stagione, possono dipendere anche da fattori esterni: fortuna (e ne abbiamo avuta pochissima), alte motivazioni altrui, errori. Sono orgoglioso del lavoro fatto in questi due anni e credo debbano esserlo anche la società e i tifosi.

Nella mia conferenza stampa di presentazione, quel 21 novembre 2013, dissi che avevo accettato l’incarico per un atto di amore e di riconoscenza. Non ho mai dimenticato che la Samp mi aiutò in un momento difficile della mia carriera di giovane calciatore. Quando in difficoltà c’è stato il club non ho potuto dire di no. Ora però la Samp sta bene e io credo di aver saldato il mio “debito” morale.

Sempre quel giorno inaugurai le prime di una lunga serie di citazioni con le quali spero di aver reso più divertenti le conferenze stampa e di aver regalato anche qualche titolo ai giornalisti al nostro seguito. Ho scomodato tanti personaggi illustri in tutti i campi: Giulio Cesare, Churchill, Che Guevara, Einstein, Dante, Walt Disney, Robin Williams e altri… Ma il primo è stato John Kennedy, di cui usai tre frasi per sintetizzare la mia scelta all’epoca e i miei obiettivi.

Dissi che io e i calciatori non dovevamo chiederci cosa poteva fare la Samp per noi, ma cosa noi per la Samp. Ebbene, ho continuato a ragionare così per due anni: dando tutto ciò che potevo.

Dissi poi che se Kennedy davanti al Muro si sentiva un berlinese, io ero orgoglioso di sentirmi un sampdoriano. E ricordai il nostro passato: i grandi presidenti e i grandi giocatori della storia della Samp tra cui mi misi anch’io… Spero oggi di essermi meritato una piccola citazione anche tra i tecnici importanti di questo club.

E infine dissi che noi non avremmo fatto come i perdenti che trovano sempre una scusa, ma come i vincenti avremmo trovato una strada. E anche qui la promessa è stata mantenuta. Non ci siamo mai lamentati, e abbiamo imboccato la strada per crescere in classifica e come gruppo.

E allora oggi come un cerchio che si chiude voglio usare una frase dello stesso personaggio citato allora. Kennedy una volta disse: «Dobbiamo usare il tempo come uno strumento, non come una poltrona». Ecco, io ho usato ogni minuto a disposizione come strumento per migliorare la Samp e migliorarmi. Ma ora non voglio sedermi. Sarebbe facile restare qui: so di essere apprezzato da club e tifosi. Però credo che non sarebbe giusto per la mia crescita e forse anche per quella della squadra. Mi ero posto un obiettivo, l’ho raggiunto. Ora cerco un’altra sfida.

Lascio la Samp senza avere per ora un’altra squadra o un’altra trattativa aperta. Tutto può succedere, anche che resti a casa. Ma la mia testa e il mio cuore mi dicono che è giusto interrompere qui.
Non c’è tristezza in me. Non bisogna piangere perché è finita ma sorridere perché è successo. E io vado via con un grande sorriso perché mi ritengo doppiamente fortunato per aver giocato nella Sampdoria e poi averla allenata.

Voglio abbracciare idealmente tutti i tifosi: grazie per la fiducia, l’affetto e il sostegno che mi avete dato. Il calcio oggi è spesso business, ma senza la passione e le emozioni non esisterebbe. E quelle non si comprano: sono un regalo dei tifosi sani e innamorati. Come quelli che ha la Samp.

Grazie alla società che è formata da tutte quelle persone, magazzinieri, impiegati, gente semplice che non appare mai, ma ama i colori ed è importantissima per il raggiungimento dei risultati sportivi.

Grazie ai miei presidenti. A Garrone che mi ha voluto qui e mi ha sempre sostenuto con eleganza e sobrietà. E grazie a Ferrero che ha provato più volte con affetto a trattenermi. Lui ci ha portato sin dal primo giorno la sua energia e il suo entusiasmo contagioso e noi con i risultati lo abbiamo aiutato ad essere sempre spettacolare senza mai perdere credibilità. Gli auguro grandi successi e di avere sempre accanto uomini di calcio e di campo, come il d.s. Osti, in grado di consigliarlo per il meglio.

Grazie ai miei giocatori: mi hanno dato tutto, spero di aver dato anch’io qualcosa a loro come allenatore e come uomo provando a trasmettere quei valori positivi che potranno tornare utili nella carriera e nella vita.

E grazie infine alla città di Genova, che ancora una volta mi ha accolto come se fossi nato qui. Non nego che in questi giorni è stato molto toccante e particolare per me rifare in macchina strade ormai familiari, salutare persone con me sempre speciali, arrivare a Bogliasco, entrare ieri a Marassi, sedermi sulla mia panchina… Tornerò nel “mio” stadio e non sarò mai un avversario, perché Genova resterà sempre un po’ casa mia".