L’annuncio arrivò nella giornata di oggi di tre anni fa, nel 2014. Via l’allenatore del ritorno agli scudetti con una rescissione consensuale con la società, inizia l’era-Allegri. Ma i tifosi non la presero bene
Uno shock. Un «fulmine a ciel sereno», dirà poi Gigi Buffon. Insomma, una batosta. La notizia arriva in un caldo pomeriggio di piena estate e coglie di sorpresa milioni di tifosi della Juventus: Antonio Conte non è più l’allenatore dei bianconeri. Ad annunciarlo è lui stesso con un’intervista. Faccia seria. Volto ancora abbronzato dopo le vacanze nella sua Puglia. Tono di voce basso ma deciso. Le parole sembrano appena sussurrate. E invece hanno il potere di provocare un uragano di emozioni e reazioni. «C'è da comunicare la rescissione consensuale del contratto tra me e la Juventus, che ci legava ancora per quest'anno. C'è stato un percorso in cui ho maturato delle percezioni e sensazioni che mi hanno portato a questa decisione».
Grazie di tutto Antonio. Fino alla fine...
A stretto giro arriva pure il saluto della società con una lettera scritta da Andrea Agnelli e pubblicata sul sito della Juventus: «Sei stato un grande condottiero per i nostri ragazzi e la notizia di oggi mi rattrista enormemente. Ma di fronte ai sentimenti e alle ragioni personali anche un Presidente deve fare un passo indietro. Grazie di tutto Antonio. Fino alla fine...». Boom. È il 15 luglio del 2014, poco prima delle 20:00: altro che buona cena. L’inaspettato diventa realtà. E non con modi e tempi tradizionali: Antonio saluta dopo due giorni di preparazione pre-campionato, con la stagione ormai entrata nel vivo. E questo getta ancor di più nello sconforto i tifosi che ormai si erano abituati a vedere Conte, il vecchio capitano, il condottiero, il passionario, guidare la Juventus allo Stadium. Tre stagioni passate insieme, altrettanti Scudetti e due Supercoppe italiane in bacheca. Antonio e la Juve: un binomio che pareva inscindibile. E che di colpo è svanito. Una notizia che stordisce. E lascia senza parole e con la testa piena di interrogativi. Cronaca di un addio. Ecco come pare siano andati i fatti giusto tre anni fa.
Prime avvisaglie
Qualcosa si era già percepito a primavera. A maggio, poco dopo la fine del campionato, quello vinto con il record di 102 punti, Conte pare si fosse presentato nella sede della società ed avesse rassegnato le dimissioni. Il motivo: lui e la dirigenza non viaggiavano più alla stessa velocità. Ma Agnelli, Beppe Marotta e Fabio Paratici avevano fatto rientrare l’allarme promettendo sorprese in sede di campagna acquisti e arrivando, poco dopo, pure al sospirato rinnovo di contratto di un anno, annunciato dalla società con uno scarno tweet dal suo account ufficiale. Ma l’addio era dietro la porta. E infatti arriverà a metà luglio. In modo inaspettato.
Ristorante da 10 o 100 Euro
Il nodo dell’addio è legato al mercato. Erano mesi che giornali e tv parlavano dei mal di pancia di Conte. Il pensiero dell’allenatore salentino era semplice: se la Juve voleva diventare grande e puntare a vincere la Champions League, serviva mettere sul piatto un sacco di quattrini. Antonio lo aveva detto in tutti i modi. Celebre la battuta «non si può mangiare con 10 Euro in un ristorante da 100». L’allenatore non vedeva il giusto progetto di crescita per la squadra. E questo lo ha fatto vacillare in tempi non sospetti. Per cambiare idea aveva bisogno di rassicurazioni sia sul mercato in entrate che in uscita. E lo aveva più volte fatto presente a proprietà e dirigenza. In primis Antonio voleva trattenere a tutti i costi sia Arturo Vidal che Paul Pogba (che alla fine non sarebbero partiti da Torino in quella sessione), molto cercati all’estero. Il cileno e il francese erano imprescindibili al suo progetto tattico e per la crescita della squadra. Voleva garanzie sulla loro incedibilità. Anche di fronte a offerte super provenienti delle big europee.
Chi prendere? Il nodo Cuadrado
Messo a posto il capitolo non-partenze, sul tavolo della trattativa Conte-Juve c’era poi la questione legata al mercato in entrata. I desideri dell’allenatore erano noti da tempo: Antonio, dopo aver ottenuto Carlos Tevez l’anno prima, voleva un solo giocatore. Un altro top player per alzare ulteriormente il livello del gruppo. Il nome era quello di Juan Cuadrado, allora alla Fiorentina. Il laterale era ideale per il suo gioco. Un calciatore perfetto per consentirgli di cambiare modulo, passando dal 3-5-2 al 4-3-3. Le voci di mercato dell'estate 2014 dicevano che il colombiano sarebbe potuto arrivare a Torino per 35 milioni di Euro. Ma Agnelli, Marotta e Paratici decidono di virare verso altre soluzioni. Di lì a poco arriverà Alvaro Morata, preso per circa 20 milioni dal Real Madrid, e sarebbe dovuto approdare a Torino anche Manuel Iturbe (per una cifra, pare, vicina ai 27 milioni di Euro), poi finito alla Roma.
Come ti pago?
Non Cuadrado, ma Morata e Iturbe. “Two is megl che one”, diceva una pubblicità degli anni Novanta. Non per Conte. Antonio voleva Cuadrado. Punto. A fare la differenza tra l’acquisto del colombiano e quello di Morata e di Iturbe, poi saltato, era il metodo di pagamento. L’esterno della Fiorentina andava acquistato sborsando tutto e subito. Gli altri due potevano arrivare con formule alternative e pagamenti diluiti nel tempo. Ecco perché, alla fine, la dirigenza Juve ha abbandonato la pista-Cuadrado. Determinando, nei fatti, pure l’addio di Conte.
La tournée: tanti soldi, poca preparazione
Il mercato, certo. Ma non solo. Altri attriti tra la Juve e Conte pare avessero origine anche su come organizzare il pre-campionato. Una questione non importante tanto quanto la campagna acquisti, ma con la sua importanza. La società in quell’estate 2014 aveva programmato una tournée in Australia, Indonesia e Singapore. Un giro enorme e stressante. Che avrebbe portato benefici alle casse della società, ma non al gruppo. Tanto marketing, poca preparazione atletica. E per un martello come Conte, sembra, che la cosa fosse difficile da digerire.
Dai contrasti all’addio
Ed è così, con questo mix di questioni irrisolte, contrasti e punti interrogativi che si arriva alla giornata del 15 luglio. Caldo, sole e l’addio di Conte. Una mazzata per il popolo juventino. Che all’improvviso, mentre si sedeva a cena o beveva l’ultimo sorso di aperitivo in spiaggia, si era accorto che aveva appena perso l’uomo chiave che, dopo gli sconquassi di Calciopoli e la depressione dei due settimi posti consecutivi, aveva portato di nuovo lo scudetto a Torino. Non solo. Nemmeno il tempo di elaborare il fatto e riprendersi dallo stordimento, che sulla panchina bianconera già sedeva Max Allegri, non gradito alla piazza per il suo passato milanista. Proteste fuori da Vinovo, contestazioni sul web e un solo grido: “Rivogliamo Conte”. Poi il tempo passerà. E la diffidenza verso Allegri lascerà posto a ben altri sentimenti, a nuove vittorie e agli stessi sogni da inseguire. Ma questo è un altro capitolo. In quel 15 luglio 2014, all'imbrunire, l’unica cosa che contava era che il popolo juventino aveva perso il suo condottiero. Si pensava fosse la fine di un ciclo. Era invece un nuovo inizio.