Sette stagioni, dodici trofei tra cui sei scudetti consecutivi: a Torino, Leo è diventato uno dei difensori più forti del mondo. L'amore con i tifosi e con la squadra per cui ha sempre tifato si è incrinato venerdì 17 febbraio, con quella litigata con Allegri contro il Palermo. Ecco la sua storia in bianconero
Partiamo dalla fine, ovvero dal passaggio di Leonardo Bonucci al Milan. Al netto delle opinioni del tifoso, parliamo di un giocatore che in bianconero ha trascorso 7 stagioni, collezionando 319 presenze complessive, con 22 reti, 66 cartellini gialli e una sola espulsione. Mica male per un difensore centrale, restato in campo con la maglia della squadra per cui ha sempre tifato ben 27.841’, al centro del progetto di due super allenatori come Conte e Allegri, divenuto uno dei perni della famosa BBC che ha spaventato gli attaccanti di mezzo mondo. Bonucci alla Juventus ha conquistato 12 trofei, di cui la metà scudetti, arrivando in due occasioni anche ad un passo dalla Champions. Viene naturale chiedersi: perché Leo ha deciso di andarsene?
Quel maledetto venerdì 17
Gli scaramantici possono cominciare a toccare ferro. Perché la fine della storia d’amore tra Bonucci e la Juventus comincia una sera di febbraio, venerdì 17 per la precisione, nel finale del match contro il Palermo, già ampiamente in ghiacciaia in favore dei campioni d’Italia. Allegri richiama più volte il suo leader difensivo per i troppi lanci lunghi, i due non se le mandano a dire e quando Leo suggerisce un cambio a Max, il mister non la prende bene. Volano insulti plateali da entrambe le parti, anche se l’allenatore bianconero a fine gara sminuisce: “C’è stata un’incomprensione di campo, ma la cosa finisce qui”. Mica vero, visto che Bonucci salta l’andata dell’ottavo di finale di Champions del Dragao contro il Porto, fin lì la partita più importante della stagione juventina.
Lo sgabello e la rinascita
“Domani Bonucci va in tribuna, per rispetto della squadra, dei tifosi e della società. Qui il caso è chiuso”. Così Max Allegri annuncia in conferenza stampa l’esclusione clamorosa di Leo, fino a quel momento praticamente inamovibile dal suo posto. L’immagine dell’azzurro confinato su uno sgabello in tribuna al Dragao dà subito la sensazione dello scolaretto in punizione, dietro la lavagna. La Juve passa l’esame senza il suo condottiero e lo ritrova titolare il 25 febbraio, allo Stadium contro l’Empoli, seppur in una formazione infarcita di riserve. Bonucci viene poi confermato dal 1’ la domenica seguente a Udine, dove segna di testa la sua seconda rete stagionale, che vale il prezioso 1-1 finale. Le parole a fine gara, sembrano profetiche: “Sono importante per questa squadra, ma non fondamentale, come dimostrato con il Porto”.
La pace armata con Max
Passano un paio di settimane e il caso sembra sgonfiarsi. L’8 marzo, sfruttando forse l’uscita in massa delle wags per la festa della donna, Leo invita tutti i suoi compagni di squadra e offre loro una cena per farsi perdonare lo screzio con Allegri. Proprio con il suo allenatore, Bonucci ha un fitto colloquio pochi giorni più tardi, il 13, a Vinovo. I due parlano serenamente, sorridono e firmano quella che a posteriori sarà una pace armata: hanno troppo bisogno l’uno dell’altro per cercare di conquistare lo scudetto della leggenda e il sogno chiamato Champions. Leo viene gestito come gli altri ‘big’ in campionato (panchine in match abbordabili con Samp, Chievo, Pescara e Bologna), ma non salta un solo minuto in Coppa Italia e in Europa.
L'intervallo di Cardiff
Nonostante le tante indiscrezioni di quest’ultimo mese, solo i diretti protagonisti sanno cosa sia successo in quei 15’ durante Juventus-Real Madrid. Poche ore dopo il clamoroso 4-1 subito dai campioni d’Italia, totalmente allo sbaraglio nel secondo tempo, Bonucci pubblicava su Instagram quello che resterà il suo ultimo post in maglia bianconera. L’hashtag #finoallafine, motto utilizzato dai tifosi bianconeri, non avrebbe mai fatto pensare a un epilogo simile, sebbene per Leo si sia parlato in più di una circostanza di offerte faraoniche arrivate dalla Premier da due suoi grandi estimatori come Guardiola e Conte, pronti a fare follie pur di portare in Inghilterra uno dei rari difensori dai piedi buoni in circolazione. La batosta con il Real, la seconda finale di Champions persa in tre anni da Bonucci, ha evidentemente lasciato il segno, qualunque cosa sia successo in quell'intervallo a Cardiff.
L'inizio difficile
Bonucci era arrivato dal Bari nell’estate 2010, pagato 15,5 milioni di euro dalla Juventus. La sua prima stagione in bianconero, non all’altezza delle aspettative, aveva fatto storcere il naso a più di un tifoso. La troppa sicurezza dimostrata, unita a una valutazione importante dopo una sola vera stagione in Serie A, è stata spesso un’arma a doppio taglio, in un campionato dove la formazione di Delneri chiuse settima con ben 47 gol subiti. Leo pagava a caro prezzo anche una situazione poco consueta alla Juve, in cui “vincere non è una cosa importante, è l’unica cosa che conta”.
Idolo della Curva
L’arrivo di Antonio Conte, il passaggio alla difesa a 3 e la crescita costante del giocatore, ha trasformato Bonucci in un difensore-regista, surrogato di Pirlo nell’impostazione del gioco, bravo sugli anticipi e forte fisicamente, nonché leader in campo e nello spogliatoio. Leo è stato anche idolo dei tifosi per il suo attaccamento alla maglia e per la difesa ad oltranza della causa juventina, dimostrata anche seguendo alcuni match della Juve dalla Curva Sud, a fianco degli ultras.
#finoallafine (della storia)
Le caratteristiche tecniche, l'intelligenza tattica e il ruolo naturale di leader ne hanno fatto il fulcro anche nella gestione Allegri, per altre tre indimenticabili stagioni, coronate con altrettanti scudetti e Coppe Italia. Il tutto corredato dalla ciliegina sulla torta, quel rinnovo fino al 2021 firmato poco prima di Natale con tanto di dichiarazione d'amore su Instagram. Un amore sincero, durato almeno fino a quel venerdì 17, quando le strade di Leo e della “sua” Juventus hanno cominciato irrimediabilmente a separarsi…