Roma-Emerson-Juve: il triangolo del mercato 2004

Calciomercato

Gianluca Maggiacomo

Emerson: nell'estate del 2004 è passato dalla Roma alla Juventus
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Il 27 luglio di 13 anni fa il Puma passava dai giallorossi ai bianconeri. Una trattativa lunghissima. Dove non sono mancati i colpi di scena. Incluso un certificato medico per depressione mandato dal giocatore per non andare in ritiro con i capitolini

Il suo arrivo a Torino ha segnato la fine di una telenovela durata due mesi. Circa 60 giorni di tira e molla, in cui se ne sono viste di tutti i colori. Dichiarazioni di fuoco, certificati medici, depressione diagnosticata, passi avanti, frenate e marce indietro. Alla fine, però, l’operazione di mercato è andata in porto, anche se con l’inevitabile coda di polemiche e contestazioni da parte dei tifosi. È il 27 luglio del 2004: Emerson passa dalla Roma alla Juventus. Nelle casse dei giallorossi finiscono 14 milioni di euro più il cartellino del centrocampista Matteo Brighi. Ma quanta fatica per chiudere l’affare.

 

Un addio che ha fatto male 

Emerson a Roma era un’istituzione. Quattro stagioni in giallorosso, 145 gare, 21 gol. Era amato e rispettato. Il brasiliano arriva nella Capitale dal Bayer Leverkusen nell’estate del 2000 fortemente voluto da Fabio Capello. Costo del cartellino: 22 milioni di dollari. Tante attese su di lui, ma l’inizio dell’esperienza italiana è amara. Pochi allenamenti e si rompe i legamenti del ginocchio sinistro: sei mesi fuori. Poi però rientra e si prende il centrocampo dei giallorossi. Il primo anno arriva lo scudetto. Poi pure la Supercoppa Italiana. Nelle stagioni successive la crescita di Emerson è spaventosa. Capello lo considera “tra i primi tre centrocampisti del mondo”. E infatti a lui si interessano i top club d’Europa. Nel 2003 il Chelsea offre 30 milioni di Euro e un ingaggio faraonico. Ma il presidente Franco Sensi dice no.

 

 

È ora di vendere

La vendita di Emerson, però, è solo rimandata di un anno. L’addio non nasce da una scelta tecnica, ma economica. In quell’estate del 2004  la Roma era alle prese con problemi finanziari di un certo peso. Sensi, che ancora era alla guida della società, aveva esigenza di vendere. Sulla lista dei partenti, nomi eccellenti. Big che, solo tre anni prima, erano stati protagonisti della conquista dello scudetto al termine della stagione 2000-01. Tra questi, Walter Samuel e, appunto, Emerson. Per il difensore si era fatto avanti il Real Madrid. Il Puma, invece, dopo aver per un po’ flirtato con i Blancos, era finito nei radar della Juve su richiesta esplicita di Fabio Capello, mentore del brasiliano e clamorosamente passato dai giallorossi ai bianconeri.

 

Si tratta. Ma con difficoltà 

Tutto semplice? Nemmeno per sogno. Perché il passaggio di Emerson alla Juve è arrivato al termine di una trattativa estenuante. Dove a pesare non era solo l’aspetto economico, ma pure l'emotività della tifoseria: non è un mistero che quelle di Juve e Roma non si amino, men che meno in quegli anni. Per questo motivo la telenovela ha immediatamente conquistato le prime pagine dei giornali per settimane.

 

La ricostruzione

Le cose sono andate così. Inizio 2004: la Roma comunica al Puma, in scadenza l’anno successivo, l’intenzione di venderlo. Lo riferisce lo stesso brasiliano, 13 anni fa, in un’intervista a La Gazzetta dello Sport: “A gennaio il presidente Sensi m’aveva autorizzato a prendere contatti con altre società e avevo incaricato il mio agente Gilmar Veloz d’ascoltare un bel po’ di club, tra cui il Real Madrid. Stranamente in quella fase il Real aveva considerato eccessive le mie richieste. Poi si sono fatte avanti altre squadre come Barcellona, Chelsea, Inter e Juve appunto”. Tante pretendenti, ma nessun accordo. I giochi per il destino di Emerson si sarebbero decisi in estate. A maggio il giocatore dichiara conciliante alla stampa: “Desidero scegliere il mio futuro insieme alla Roma, perché considero un tradimento non onorare la maglia, non comportarsi da professionista”. Sensi vuol dare il giocatore al Real Madrid, club a cui aveva già venduto Samuel. Ma il centrocampista non è d’accordo. L’armonia tra il Puma e la Roma si rompe definitivamente in questo momento. Emerson di volare in Spagna non ne ha alcuna voglia. Vuol restare in Italia. E andare alla Juve di Capello, con cui è già in parola.

 

Perché bianconero?

Quando comincia a circolare la voce di un possibile passaggio del Puma in bianconero, i tifosi della Roma vanno su tutte le furie. Lo accusano di tradimento. Ok andar via. Ma perché proprio a Torino?, si chiedono in tanti. Lui però si difende e tira in mezzo la società: “E' il Presidente che mi ha autorizzato a prendere contatti con altri club, quindi ho la coscienza a posto”. Forte dell’accordo con il giocatore, la Juve di Moggi comincia a trattare con Franco Baldini, allora dirigente della Roma. In quegli anni i rapporti tra i due club sono tesissimi e sedersi a tavolino non è semplice. Sensi vuole solo i soldi: 18 milioni. È inamovibile. Moggi dice no e prova ad inserire nel pacchetto il cartellino del centrocampista Manuele Blasi. Ma la risposta dei giallorossi è negativa. Il 2 giugno Emerson esce ancor di più allo scoperto: “La Juve con me è stata chiara sin dall’inizio ed ha conquistato subito la mia fiducia”. Ormai è una guerra di nervi. Malgrado ciò, si continua a trattare per tutto il mese di giugno. E si va avanti pure a luglio.

 

La depressione

E mentre Moggi e Baldini cercano un’intesa che a tanti sembra inevitabile ma non per questo facile, Emerson alza un muro invalicabile tra sé e la Roma. Il 13 luglio i giallorossi si radunano a Trigoria con il nuovo allenatore, Cesare Prandelli. Il Puma è convocato. Ma la mattina del primo allenamento della nuova stagione, manda un certificato medico con cui fa sapere di esser depresso e che non si presenterà al ritiro. Un episodio che, a suo modo, ha fatto storia, tanto che il centrocampista ci è ritornato di recente con un’intervista a Il Messaggero “E' vero che stavo male. Ero in Brasile ad aspettare, mi turbava il fatto di rovinare il bel rapporto che avevo con l’ambiente. Erano sei mesi che non ricevevo stipendio e c’erano altre cose che mi avevano promesso e non mi erano state date. E va bene, avevo accettato, conscio della situazione. Però poi arriva un’offerta importante e il presidente ti dice di no...”.

 

Si chiude

La depressione di Emerson è una cosa passeggera, ovviamente. Pochi giorni e tutto passa. La medicina? L’accordo tra la Roma e la Juve per il suo trasferimento a Torino. Il 27 luglio è il giorno clou. Nella villa della famiglia Sensi sull’Aurelia si trova un “accordo di massima”, che dopo poche ore è una stretta di mani vera e propria. Telenovela finita. Il Puma, che già da tempo aveva preparato e chiuso le valigie, sbarca a Torino: è un giocatore della Juventus. Con lui in quella sessione di mercato arriveranno pure Zlatan Ibrahimovic, Fabio Cannavaro e l’ex giallorosso, Jonathan Zebina. E a Roma? Manco a dirlo, la prendono male. Per tutti parla il capitano, Francesco Totti: “Roma-Juve è ormai meglio di un derby, ed Emerson se lo incontro nemmeno lo saluto”. Addirittura alla prima da avversario all’Olimpico, Emerson non viene annunciato dallo speaker nel pre-gara al momento della lettura delle formazioni. Stessa sorte toccata anche agli ex Capello e Zebina: tutti e tre subissati dai fischi. Schermaglie, piccoli sgarbi, che si inseriscono perfettamente nel contesto di quegli anni, quando la sfida sull’asse Roma-Torino era una cosa serissima. Però, a guardare oggi il passaggio di Emerson alla Juve, a 13 anni di distanza, si fa fatica a non concordare con quanto scriveva Emanuele Gamba su La Repubblica: “Capello avrà quel che voleva, Emerson potrà uscire dalla depressione, la Roma potrà muoversi sul mercato”. Fine della storia. E vissero felici e contenti. O quasi.