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Calciomercato, affari con il Barça: il bilancio delle ultime "scommesse"

Calciomercato

Vanni Spinella

L'Inter su Rafinha, ultima "scommessa" di un club italiano che decide di puntare su un giocatore blaugrana. Ecco il bilancio delle più recenti, tra affari, pacchi e punti interrogativi

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Vogliamo chiamarla scommessa? L'operazione che potrebbe portare Rafinha all’Inter è circondata da punti interrogativi. Due su tutti: è l'uomo giusto per Spalletti? E riuscirà a trovare continuità dopo i tanti infortuni che l'hanno tormentato? Da Barcellona, nel recente passato, sono arrivati sia giocatori che hanno regalato soddisfazioni sia pacchi presto dimenticati e rifilati altrove. In tanti casi campioncini provenienti dalla cantera più famosa del mondo, e se un club come il Barça si priva di un proprio gioiello c’è sempre qualche domanda che inevitabilmente sorge spontanea.

Non stiamo a considerare i fenomeni come Eto'o (all’Inter), Ibrahimovic (di ritorno, al Milan) o Ronaldinho (sempre in rossonero), sui quali c’era poco da interrogarsi. Qui ci concentriamo su quelle che sono state le “scommesse” più recenti: vinte o perse, l’ha deciso il campo.

BOJAN KRKIC (Roma, 2011/2012)

Canterano classe ’90, all'epoca è il prototipo del piccoletto che si sa adattare bene a più ruoli e che nel calcio del tiki-taka che sta prendendo piede ci sguazza. Peccato trovi poco spazio, chiuso da Messi, Villa, Pedro, Iniesta e, nella sua ultima stagione in blaugrana, anche dal gigante Ibrahimovic. A portarlo a Roma è Luis Enrique, che vuole esportare quel tipo di calcio e che scommette sulla sua voglia di rivincita. Dodici milioni di euro al Barcellona (che però si riserva il diritto di recompra a 17, a meno che la Roma non ne versi 40), la fiducia dell’allenatore a intermittenza: lanciato titolare alla prima contro il Cagliari (sconfitta per 2-1), si ritrova presto a ballare tra campo e panchina, segnando il primo gol in A solo dopo 5 giornate. In tutto, a fine stagione, saranno 7, con il posto da titolare definitivamente perso tra gennaio e aprile, quando colleziona 12 panchine di fila, diventando l’uomo dell’ultima mezz’ora (quando va bene) e segnando una sola rete, la più bella delle sue italiane, contro l’Inter. A fine anno è il Milan a scommettere nuovamente su di lui, prendendolo in prestito, ma la musica non cambia: solo 5 gare da titolare, una sfilza di panchine, 3 gol in campionato e zero nelle Coppe. Ajax, Stoke, Mainz, ora l’Alaves: ma non l’abbiamo più rivisto ad alti livelli.

MAURO ICARDI (Sampdoria, 2011/2012)

Il Barça, però, può anche commettere errori clamorosi, come quello di lasciarsi sfuggire un canterano con la storia simile a quella di Messi: argentino trasferitosi da bambino in Spagna, Maurito nelle giovanili blaugrana segna a ripetizione ma non stuzzica la fantasia di Pep Guardiola, che gli preferisce un altro genere di attaccante. Icardi, prima punta classica che vive in area di rigore e respira il gol, diventa una promessa sacrificabile e la Sampdoria è la più lesta a cogliere l’occasione. Anche in questo caso si tratta di scommessa, perché il ragazzo approda in Italia a 18 anni, ma nella Primavera blucerchiata tutti hanno subito la sensazione di aver pescato il biglietto vincente. Chiude la sua prima stagione in Italia assaggiando la prima squadra (in Serie B: debutto con gol 10’ dopo il suo ingresso contro la Juve Stabia), l’anno dopo fa parte della rosa di Ciro Ferrara ed esordisce in A, segnando alla prima, nel derby di Genova. Una doppietta alla Juventus (alla quale segnerà anche al ritorno) e un poker al Pescara lo consacrano. A quel punto l’Inter è già dietro l’angolo, e per lui inizia una nuova storia. Il Real Madrid lo punta da tempo: sarebbe un bel dispetto, per i rivali del Barça.

KEITA BALDE (Lazio, 2011/2012)

Il caratterino lo conosciamo bene, anche in Italia ne abbiamo avuto più di un assaggio. Proprio quello, probabilmente, non gli avrebbe mai permesso di sfondare nella scuola del professor Guardiola. Nelle giovanili del Barcellona matura tra il 2004 e il 2010, anno in cui viene trasferito al Cornella, cessione “punitiva” dopo l’ennesima bravata. Lì segna 47 gol in una stagione, ma è ormai chiaro che il Barça non abbia più alcuna intenzione di scommettere su di lui. Lo fa la Lazio, aggregandolo al suo settore giovanile e lanciandolo nella stagione 2013-2014: Petkovic lo schiera titolare in A per la prima volta il 10 novembre, lui lo ripaga con il gol nell’1-1 contro il Parma. Sei in tutto, a fine stagione, compreso quello in Europa League al Ludogorec. Seguono due annate in cerca di un’identità, con la rottura con il club nell’estate 2016. Finisce fuori rosa, Simone Inzaghi gli regala un’altra chance e ottiene in cambio la sua miglior stagione, da 16 gol in campionato (in 31 presenze). Il divorzio che era nell’aria da mesi, però, viene ufficializzato quando il Monaco si fa avanti con 30 milioni. Resta un dubbio: chi ha vinto la scommessa?

MARTIN MONTOYA (Inter, 2015/2016)

Terzino destro classe ’91, la solita trafila nella cantera prima di emergere in prima squadra. Per farcela occorrono doti tecniche sopra la media, e lui difatti le possiede, forte di una buona capacità di saltare l’uomo per poi crossare, ma anche personalità. Nel Barcellona non è certo un “titolarissimo” e così, quando l’Inter tenta la scommessa, la separazione non è dolorosa. Almeno per il club, che lo cede senza rimpianti, mentre lui si presenta con gaffe dichiarando subito, al suo arrivo in nerazzurro: “Spero di tornare al Barcellona al termine del prestito biennale”. Non esattamente le parole che un tifoso desidera sentir pronunciare da un nuovo acquisto. Dopo sei mesi di Inter (e appena 3 presenze in campionato), persino il Barça lo rifiuta, quando i nerazzurri tentano di rispedire il pacco al mittente a gennaio. Finisce al Betis e guardandosi alle spalle archivierà la sua breve esperienza all’Inter come un errore: probabilmente il sentimento è reciproco.

DANI ALVES (Juventus, 2016/2017)

Attenzione, qui si parla di un campione vero, ma anche questo affare, in un certo senso, aveva le sembianze della scommessa. Arriva alla Juventus a 33 anni e dopo aver vinto tutto ma proprio tutto con il Barcellona, dal quale si è separato non senza qualche strascico. Non sarà troppo vecchio? Non sarà già appagato? E quel carattere si sposa bene con lo stile Juve? Il campione vero, in questi casi, risponde sul campo, con una stagione in cui si conferma uno dei migliori laterali di destra al mondo. Gli interrogativi sull’età si tramutano in elogi sul carisma da vendere. Per quel che riguarda la fame, parlano per lui scudetto e coppa Italia che aggiunge alla sua già ricca bacheca. Il carattere difficile? Mai un episodio da segnalare. Unica nota stonata, il suo addio a fine stagione.

THOMAS VERMAELEN (Roma, 2016/2017)

È la fragilità, a fregarlo: lo sanno tutti, e lo sapeva anche il Barcellona prima di prelevarlo dall’Arsenal nell’estate 2014. Le qualità del difensore non si discutono, ma i troppi infortuni non possono non influire sul giudizio generale, quando si mette tutto a bilancio. In blaugrana perde quasi una stagione intera, trascorre la seconda nel vano tentativo di ritagliarsi un ruolo da titolare. Quella della Roma (prestito gratuito con diritto di riscatto a 10 milioni), di conseguenza, è una vera e propria scommessa, ma con ben poco da perdere. Due le possibilità: se lo recuperi, hai in casa un signor difensore, per anni capitano dell’Arsenal e colonna della nazionale belga; se non ce la fai, torna al Barça e amici come prima. Nove presenze in un anno (frenato dalla pubalgia), di cui 5 subentrando negli ultimi minuti o addirittura nel recupero: “la seconda che hai detto”.

GERARD DEULOFEU (Milan, gennaio 2017)

Barcellona-Milan, via Everton: non si tratta di un passaggio diretto, ma le intricate clausole del mercato fanno sì che, quando lui si trasferisce dal club inglese a quello rossonero nel gennaio 2017, il Barça avesse ancora un diritto di recompra, dopo averlo ceduto a titolo definitivo nel giugno 2015. Nel Barcellona era cresciuto fin da ragazzo, poi l’esperienza inglese, una parentesi al Siviglia e infine la possibilità di ripartire da zero con il Milan, che gli garantisce un posto da titolare per mettersi in luce. Occasione che sfrutta benissimo, con prestazioni convincenti, numeri sulla fascia come non se ne vedevano da tempo, una spruzzata di gol. Scommessa vinta, se non fosse per quella clausola. Così vinta, appunto, che il Barcellona se lo “recompra”. A distanza di un anno esatto, però, è ancora un uomo-mercato