Calciomercato, "Affaracci": Jancker, il gigante che voleva essere una farfalla

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Vanni Spinella

Grande, grosso e cattivo: Carsten Jancker nelle figurine Panini

"Farò meglio di Bierhoff", disse approdando all'Udinese. Due gol in due campionati il suo bottino in Italia: la storia di un panzer che avrebbe potuto segnare in rovesciata in finale di Champions

Ci sono giocatori che hanno trasformato la rovesciata in poesia. Grazia, eleganza, leggerezza, coordinazione. La perfezione del corpo di un atleta che all’improvviso sfugge alle leggi del mondo, ribalta ogni prospettiva. Quanta bellezza dietro a tutto ciò. A meno che a provarci non sia Carsten Jancker. Il nostro racconto parte proprio da qui: dalla rovesciata di Carsten Jancker. Ci serve a inquadrare il personaggio, il giocatore, l’atleta. Jancker è un armadio di 194 centimetri per 93 chili di peso, un gigante tedesco che la pelata rende solo più imponente e cattivo. Piazzato lì, al centro dell’attacco del Bayern Monaco, la sua specialità è ovviamente il colpo di testa, anche se il suo genere di gol preferito è quello con il diagonale destro a incrociare appena entrato in area, sempre preciso all’angolino, potente il giusto, preferibilmente dopo aver vinto un duello corpo a corpo con un marcatore che non lo tiene mai. La rovesciata, siamo tutti d’accordo, non rientra tra i colpi che ci si aspetta da uno come lui.

Come una farfalla

Il 26 maggio 1999, a Barcellona, si sta giocando la finale di Champions tra Bayern Monaco e Manchester United, quella che passerà alla storia per la rimonta inglese nei minuti di recupero. La squadra di Hitzfeld è avanti 1-0 e nella ripresa prova a chiuderla, quando ecco il fattaccio. Corner per il Bayer calciato da Basler, mischia e palla che si impenna; Scholl con un colpo di testa la indirizza nuovamente verso la porta di Schmeichel ed è lì, sul limite dell’area piccola, che è appostato il nostro gigantesco eroe. A lui non pare vero di trovarsi spalle alla porta con un pallone che gli scende incontro e all'improvviso si rende conto di poter realizzare il sogno di quando era un bambino gigante: un gol in rovesciata. Attenzione: tecnicamente non è così semplice impattare un pallone che ti arriva addosso in quella maniera e rovesciarlo alle proprie spalle, allungandone in pratica la traiettoria. Il rischio di figuraccia, leggasi liscio, è dietro l’angolo, per non parlare di quelli connessi a un Carsten Jancker che ricade malamente sul terreno. Se può scatenare un uragano il battito di una farfalla, figuriamoci la caduta di un carroarmato.

Una punizione divina

La prima notizia è che Jancker la prende. La seconda è che la prende anche bene: dal suo piede esce fuori una legnata impressionante che dal basso verso l’alto va a stamparsi sulla parte inferiore della traversa, rimbalzando poi di nuovo nell’area piccola. Ciò che però ci fa storcere il naso è la dinamica del gesto con cui quell’omone si sdraia a terra per colpire. A differenza di quelli che decollano per arpionare palloni volanti, Jancker si adagia, gli avambracci ben appoggiati sull’erba, e in un secondo momento, praticamente da sdraiato, colpisce. Non c’è niente di poetico, niente di elegante, insomma niente di bello in tutto ciò. Probabilmente è la rovesciata – riuscita – più brutta di sempre.

Forse è in quel momento che gli dei del calcio, disgustati anche loro, hanno deciso di punire l’arroganza di quell’uomo a cui avevano dato forza fisica e centimetri e che aveva provato a fare il brasiliano, spedendo sulla terra Sheringham e Solskjaer per il finale più incredibile di sempre. Ora ti rovesciamo noi, caro Carsten.

Beckham, un incubo

Dopo due anni di castigo, la solleverà comunque, la Champions. Sempre con il Bayern ma non più da titolare, a San Siro, ai rigori contro il Valencia: Jancker entra nella ripresa con i suoi sotto e pochi minuti dopo i tedeschi fanno 1-1 dal dischetto. Seguirà pure l’Intercontinentale, contro il Boca Juniors, sempre con ingresso dalla panchina, stavolta sullo 0-0, e vittoria ai supplementari. In quanto a bacheca, se ci aggiungiamo i più “facili” titoli nazionali conquistati con il Bayern (4 campionati, 4 coppe di Lega e 2 coppe di Germania), non siamo messi affatto male. Jancker è pur sempre un nazionale tedesco, vale la pena ricordarlo, anche se di lui con la maglia della Nazionale si hanno principalmente due flash: un gol al Mondiale nel 2002, in un 8-0 rifilato all’Arabia Saudita, e quello con cui aprì la più grande disfatta tedesca contro l’Inghilterra, un 1-5 in casa (all’Olympiastadion di Monaco, quindi doppiamente casa sua) del settembre 2001 rimasto scolpito nella pietra. Il gol di Jancker dopo appena 6’ sembra annunciare la festa, gli inglesi capitanati da Beckham (ancora lui!) rovesciano il verdetto.

Il turista tedesco

Esattamente un anno dopo, stagione 2002/2003, inizierà l’avventura di Jancker in Italia, con la maglia dell’Udinese che, tra tanti sconosciuti valorizzati, si concede il lusso di una superstar. Bierhoff ha lasciato già da diverse stagioni ma il ricordo è rimasto vivo, con il Pampa Sosa che ha provato a colmare quel vuoto al centro dell’attacco. Ecco perché, alla ricerca di un 9 con caratteristiche simili, i bianconeri puntano dritti su di lui. Inevitabili i paragoni, ma lasciamo che siano le dichiarazioni dell’epoca e i titoloni a parlare. Jancker: «Sono venuto a Udine per togliermi delle soddisfazioni. Bierhoff? Non ho paura del suo fantasma, farò meglio di lui». L'allenatore Spalletti: «Abbiamo preso un giocatore che ha le stesse caratteristiche degli ultimi attaccanti dell’Udinese. Sono convinto che il ragazzo abbia ancora grandi stimoli e possa fare bene». Addirittura Rummenigge, vicepresidente del Bayern, con la più bella di tutte: «Jancker è meglio di Bierhoff perché sa usare anche i piedi».

Titolare dalla prima, segnerà soltanto alla decima giornata: è il 17 novembre quando trova il gol del 2-0 al Chievo che accorcerà con, indovinate un po’?, l’ex Bierhoff, naturalmente. A dicembre Spalletti inizia ad avere dei dubbi sui “grandi stimoli” e Jancker non è già più titolare, con il 2-1 sull’Empoli che segna la svolta. A 15’ dalla fine, sull’1-1, Spalletti lo cambia con Iaquinta, che al 91’ segnerà il gol-vittoria su rigore. Per la seconda metà di campionato Iaquinta è il titolare e Jancker l’uomo che subentra, nel quarto d’ora finale se gli va bene. Appurato che di bidone trattasi (20 presenze con quell’unico gol), l’Udinese non lo scarica e decide di concedergli una seconda chance. Nuova stagione, 16 presenze e ancora un solo gol in campionato, che però sa di rivalsa per il nostro eroe, trattandosi di un 1-0 decisivo alla Reggina, segnato poco dopo essere entrato dalla panchina in sostituzione di Iaquinta. Non c’è una terza possibilità, per lui, con il patron Pozzo che lo rispedisce in Germania accusandolo addirittura di essere venuto in Italia a fare il turista. Pensate se lo avesse visto fare anche delle rovesciate.