Felipe Anderson ci mancherà

Calciomercato

Emanuele Atturo

copertina_felipe

Senza troppo rumore, la Lazio ha cenduto uno dei suoi gioielli in Premier League: lo scorso anno il talento di Felipe Anderson è stato oscurato da quello di Milinkovic-Savic e Luis Alberto, ma resta un giocatore eccezionale.

Mentre avevamo ancora gli occhi e il cuore sugli esterni di Modric ai Mondiali, la Serie A ha perso uno dei suoi più grandi talenti, anche se forse era un po’ di tempo che non lo consideravamo più tale. Felipe Anderson lo scorso anno ha vissuto un processo di normalizzazione, quando è stato spostato sulla fascia destra del 3-5-2 da Simone Inzaghi, che quest’anno lo ha utilizzato quasi sempre come semplice supersub, il cambio da mettere nel secondo tempo per spezzare la partita. Il suo talento sembrava superfluo all'interno del gioco della Lazio, un lusso, e come diretta conseguenza è stato progressivamente eclissato da quello ultrafisico di Milinkovic-Savic e da quello ultratecnico di Luis Alberto.

Felipe Anderson alla fine della stagione 2014/15 era stato uno dei possibili MVP della Serie A e sull'Ultimo Uomo si potevano leggere descrizioni come «ha momenti della partita in cui quando prende palla (da qualsiasi punto del campo) risulta imprendibile per la difesa avversaria». Oggi il suo trasferimento è passato quasi inosservato, la cessione meno dolorosa di una Lazio piena di gioielli che andandosene farrebbero soffrire molto di più i tifosi.

La sua ultima stagione alla Lazio

Simone Inzaghi ha trasformato Felipe Anderson in un esterno a tutta fascia, ma con risultati non sempre felici. La stagione 2016/17, per dire, è stata quella in cui ha giocato di più in assoluto, ma anche quella in cui ha visto calare tutti i numeri offensivi. Largo nel 3-5-2, il brasiliano aveva assunto un’importanza chiave per la squadra, diventando un giocatore più concreto e riflessivo, in grado di dare persino la “pausa” alla squadra. A luglio del 2017 si è infortunato agli adduttori e quando è rientrato nel 2018 la Lazio aveva cambiato pelle. Non costruiva più l’azione sulle catene laterali ma ricercando gli spazi di mezzo occupati da Milinkovic-Savic e Luis Alberto, e a quel punto Felipe Anderson è diventato il loro back-up, in una posizione in cui però per forza di cose faceva più fatica.

A febbraio si racconta anche di un litigio tra Felipe Anderson e Inzaghi: «Te la prendi sempre con me» avrebbe detto il brasiliano. Dopo una partita d’Europa League dove Anderson ha aveva fatto terra bruciata il tecnico aveva invece usato la carota:  «Gli vanno fatti i complimenti, ora non si deve fermare ma continuare così e in questi ultimi tre mesi per noi diventerà una grandissima risorsa».

Al suo ultimo anno, per certi versi, Felipe Anderson è sembrato tornare indietro. Non più il Felipe Anderson concreto, sfaccettato ma meno pericoloso del 2016/17, ma di nuovo la sua versione verticale, diretta, immarcabile. Quando ha giocato titolare in Europa League ha messo insieme prestazioni impressionanti, specie contro la Steaua Bucarest, ai sedicesimi, quando ha messo insieme 1 gol e due assist.

Tra i suoi gol di quest’anno forse il migliore è stato quello segnato contro l’Inter, quando ha ricevuto in transizione un passaggio illuminante di Lulic e ha concluso con un tiro anticipato di piatto destro.

Felipe Anderson forse è risultato un giocatore troppo anarchico e diretto per un campionato cerebrale e tattico come la Serie A. I suoi strappi in accelerazione hanno funzionato fino a quando la Lazio non ambiva ad avere un controllo sulle partite, cioè quando sulla panchina c’era Stefano Pioli. Poi il suo talento è sembrato un lusso quasi superfluo - anche se pure in una stagione in chiaroscuro, quella appena passata cioè, ha messo insieme 7 gol e 9 assist.

Hammers

Felipe Anderson, che era arrivato alla Lazio dal Santos per 15 milioni, è passato al West Ham per una cifra vicina ai 36 milioni (bonus compresi): la cessione più importante dell’era Lotito. Appena arrivato si è dichiarato entusiasta: «Il West Ham è un club con grande tradizione, molti ottimi giocatori hanno giocato qui, da Bobby Moore a Carlos Tevez e Paolo Di Canio. Sono degli idoli e spero di poter divenire anche io un leggenda del club».

Gli “hammers” hanno chiuso la scorsa stagione al dodicesimo posto, in un’annata complicata che a novembre ha visto il cambio in panchina da Slaven Bilic a David Moyes, nonostante una campagna acquisti importante, che aveva avuto come acquisti di punta il “Chicharito” Hernandez e Marko Arnautovic (più di 40 milioni in due), riusciti in due a segnare 19 gol. Il West Ham, in questo senso, è diventato un po’ il paradigma del club di Premier che spende molto senza una chiara direzione tecnica.

Nell’amichevole contro l’Ipsich Felipe Anderson segna addirittura di testa.

Quest’anno però lo scenario sembra essere cambiato. Il West Ham ha scelto di affidare la squadra a un allenatore prestigioso come Manuel Pellegrini. Con lui sono già arrivati Jack Wilshere, Andrij Yarmolenko e, appunto, Felipe Anderson. Nel probabile 4-2-3-1 il brasiliano potrà ricoprire uno dei tre posti sulla trequarti, anche se nelle prime uscite ha giocato proprio sulla fascia dove lo abbiamo visto meno in Italia, quella sinistra, lasciando a Yarmolenko quella destra, dove può agire a piede invertito.

Le caratteristiche che hanno limitato Felipe Anderson in Italia - la sua verticalità col pallone, i suoi strappi a volte irrazionali - potrebbero diventare il suo punto di forza in Inghilterra. In un campionato dove correre è più importante che pensare, e dove nelle partite le distanze di allargano e si aprono spesso spazi da divorare in conduzione, Felipe Anderson potrebbe diventare un giocatore che riesce a fare la differenza con continuità.

Ad appena 25 anni, Felipe Anderson ha già attraversato diverse vite calcistiche: giovane prodigio del Santos, oggetto misterioso appena arrivato in Italia, crack assoluto, onesto faticatore, supersub. Chissà quante altre mutazioni potremo vedere sulla sua pelle.