Il regista del Celta Vigo è uno dei prospetti più interessanti del calcio europeo, e non è detto che resti in Spagna anche questa stagione
Lo scorso gennaio è stato un mese turbolento per l'Inter. Nel bel mezzo della crisi tecnica più importante della stagione, la squadra aveva dilapidato quanto di buono costruito nel girone di andata e addirittura la corsa per la Champions sembrava compromessa. La dirigenza, incalzata dalle richieste di Spalletti, per rimpolpare la rosa aveva sondato diversi nomi, da Pastore a Ramires. Durante gli ultimi giorni di mercato, voci insistenti davano Sabatini sulle tracce di Stanistlav Lobotka, centrocampista slovacco classe '94 in forza al Celta Vigo alla prima stagione in uno dei top 5 campionati d'Europa.
Alla fine, purtroppo per l'Inter, l'affare non si è concluso. Lobotka ha rinnovato il contratto con i galiziani fino al 2023, con una clausola rescissoria da 50 milioni. Un prezzo che potrebbe far storcere il naso ma che - almeno al momento, e si sa quanto cambino queste cose - non si discosta di molto dalla realtà, anche per questioni di prospettiva. Quest’estate sembra abbia provato a prenderlo anche il Napoli, spaventato però dalle richieste del club spagnolo: il giocatore aveva già parlato con Hamsik, suo connazionale, ma il Celta chiedeva l’intero importo della clausola. Finché il mercato non è chiuso, comunque, non è detto che qualche squadra italiana non ritorni interessata al centrocampista del Celta.
Lobotka giocava nel Nordsjaelland ed è stato l’ultimo colpo del Celta in Danimarca (prima di lui Krohn-Dehli, Wass e Pione Sisto), era in Spagna per appena un milione di euro. Non è un'affermazione sensazionalistica. Per comprendere il valore e l'unicità dello slovacco è bene partire da alcune considerazioni sul suo ruolo. Lobotka è un metodista, il vertice basso di un centrocampo a tre. Quello del mediocentro, come lo chiamano in Spagna, è un ruolo particolare, anello di congiunzione tra costruzione bassa e progressione del possesso in zone avanzate. Nei sistemi improntati sul gioco di posizione, per il playmaker sono indispensabili alcune caratteristiche, connesse più al Q.I. calcistico che non alla tecnica pura. In quella parte di campo, il talento non basta e senza una buona dose di intelligenza il mediano rischia di diventare dannoso per l'intero sistema squadra.
È un discorso valido sia col pallone che senza. Anzitutto il metodista deve possedere delle adeguate letture degli spazi. Il movimento deve sempre agevolare il possesso e, per creare linee di passaggio pulite, il mediano deve saper occupare la giusta porzione di spazio in riferimento a compagni e avversari.
Con la palla tra i piedi poi bisogna cercare di creare vantaggi per la propria squadra, senza cercare inutili appoggi laterali ma anche evitando di esporre la difesa alle transizioni avversarie. Bisogna valutare bene quando tentare il passaggio taglialinee e quando invece ricorrere a scelte più conservative per non perdere il pallone. Senza considerare altre doti individuali assolutamente irrinunciabili come la protezione di palla e la postura nelle ricezioni.
Si tratta di un ruolo tanto fondamentale quanto complesso, in cui l'intelligenza abbinata alla tecnica permette di sopperire a uno scarso atletismo, anche in un calcio sempre più frenetico come quello moderno. Basta citare alcuni dei playmaker più importanti degli ultimi anni, tutti accomunati da un'intelligenza che ha permesso di superare i limiti fisici. E' il caso di un giocatore straordinario nella propria semplicità come Busquets, del nostro Thiago Motta, mai abbastanza apprezzato in Italia, o di un calciatore longevo come Xabi Alonso.
Senza palla
Lobotka non rinnega i principi classici del ruolo e anzi quando si tratta di applicarli mantiene fede alla tradizione. Il Celta di Unzué, al di là del modulo, cerca sempre di costruire con pazienza dal basso per attirare gli avversari e colpirli alle spalle con le combinazioni tra Wass e gli attaccanti o con le conduzioni di due frecce come Iago Aspas e Pione Sisto. È un tipo di calcio che richiede pazienza nella circolazione palla e soprattutto adattamento al pressing avversario. Ognuno dei giocatori coinvolti nella costruzione bassa, portiere, difensori e centrocampisti, deve riuscire a giocare il pallone con precisione anche col fiato sul collo dell'avversario. In questo senso Lobotka è irrinunciabile per Unzué. Lo slovacco è il vero scudo del Celta Vigo contro il pressing avversario, il regista perfetto per mantenere il possesso anche contro squadre aggressive.
Proprio in prima costruzione, Lobotka padroneggia alla perfezione i fondamentali classici del ruolo. A partire dagli smarcamenti senza palla, eseguiti sempre in relazione alle tre variabili: pallone, compagni e avversari. Il quattordici cerca sempre una zona di luce con cui offrire una linea di passaggio all'uomo in possesso e sa come adattarsi al sistema di difesa avversario.
Se la palla è tra i piedi del terzino allora si muove verso la fascia cercando di posizionarsi fuori dal cono d'ombra dell'uomo in pressione sul compagno in possesso. Per due terzini con la tecnica di Hugo Mallo e Jonny Castro diventa facile allora affidarsi allo slovacco con un passaggio verso il centro del campo. Se invece a gestire il possesso è uno dei difensori centrali, Lobotka prova a muoversi in orizzontale alle spalle dell'attaccante in pressione. Se gli avversari invece difendono con due punte in linea, l'ex Nordsjaelland prova a creare superiorità numerica effettuando la salida lavolpiana tra i due centrali che si allargano.
In più, dimostra di saper adattare il proprio set di movimenti anche alle caratteristiche dei compagni. Nel centrocampo del Celta, nominalmente a tre con un vertice basso, una mezzala, Wass, si preoccupa di creare connessioni con gli attaccanti, mentre l'altra, Tucu Hernandez, Jozabed o Radoja, di solito tende ad abbassarsi per aiutare la circolazione di palla. Lobotka non si fa problemi a condividere il proprio spazio con un altro centrocampista: può decidere alternativamente di alzare il proprio baricentro, senza appiattirsi rispetto al compagno, o di occupare lo spazio a fianco del centrale liberato da un'eventuale salita del terzino.
Postura e tecnica
Insomma, le zone di ricezione per Lobotka sono molteplici. Non ha paura di ricevere palla né al centro né in prossimità della fascia: se per lo slovacco la posizione è una variabile, la costante è invece la tecnica, che gli permette di mantenere il possesso anche nelle situazioni più complicate.
Il rapporto di Lobotka col pallone passa attraverso mille sfumature. A partire dalla postura, fondamentale per avere da subito un buon controllo del pallone. Il corpo si orienta secondo la provenienza del passaggio, in modo da posizionare il pallone nella direzione più vantaggiosa.
Se non ci sono avversari nelle vicinanze, allora può scoprire la sfera e giocare fronte alla porta. Se invece si ritrova con l'uomo addosso non perde mai la calma e sfoggia una protezione di palla d'élite. Lobotka abbina alla tecnica un fisico particolare, vigoroso nei contrasti nonostante il metro e settanta d'altezza. Il suo corpo è davvero tozzo, con le spalle larghe che nascondono il collo e le braccia corte rispetto a un fisico così compatto. Tutto ciò, unito al baricentro basso, gli permette di incassare bene qualunque corpo a corpo. Spostare Lobotka è davvero difficile, quando copre il pallone col corpo sembra letteralmente ancorato a terra.
Il baricentro basso inoltre gli permette di avere una mobilità laterale più agevole, per cui anche nelle ricezioni spalle alla porta riesce a essere più rapido del marcatore alle spalle e in questo modo può orientare il controllo per provare a superare direttamente l'avversario. Un vantaggio notevole per una squadra che non rinuncia mai alla costruzione dal basso: a Lobotka possono bastare il proprio bacino e un controllo ben orientato per evitare l'avversario e mandare gambe all'aria qualsiasi tipo di pressione.
A questo punto inizia la fase di gioco preferita dello slovacco, quella in cui si gira fronte alla porta e può valutare le migliori opzioni davanti a sé. Dopo aver superato il primo pressing, il Celta porta un buon numero di uomini sulla trequarti avversaria: Wass si alza sulla trequarti, Iago Aspas occupa uno dei mezzi spazi o, in alternativa, si posiziona dietro Maxi Gomez, Pione Sisto resta largo se sul lato opposto si alza Hugo Mallo oppure stringe per favorire la sovrapposizione di Jonny Castro.
Il contesto esalta le doti di passaggio dello slovacco, per natura incline al fraseggio medio-corto più che ai lanci lunghi. Con la palla a terra possiede un set di soluzioni degno dei migliori registi classici, sia di destro sia di sinistro.
La visione di gioco, unita alla tecnica e a un certo gusto per il rischio, invitano Lobotka ad affettare le linee difensive avversarie con i suoi laserpass, che innescano i compagni tra le linee. A quel punto il Celta può sfruttare al meglio la tecnica dei suoi trequartisti: se Iago Aspas e Wass stanno giocando una stagione di livello così alto è anche grazie alla frequenza con cui riescono a ricevere in zone di campo pericolose.
Peraltro Lobotka riesce a trovare il passaggio alle spalle del centrocampo avversario anche in situazioni più scomode. Quando riceve palla in orizzontale dal terzino, ad esempio, può capitare che il centrocampista avversario salga su di lui per costringerlo a una ricezione scomoda. La velocità di pensiero e la tecnica, quella non deve mancare mai, gli permettono di anticipare la giocata e di mandare il pallone nello spazio alle spalle dell'uomo che si sta alzando. Come Bill Murray nel finale di Space Jam, si tratta di una dote di natura: Lobotka gode sotto pressione.
Il rovescio della medaglia nella facilità con cui gioca il pallone in avanti è una certa frenesia nelle scelte di passaggio. Spesso Stanislav decide di forzare la verticalizzazione quando sarebbe meglio proseguire in un giro palla paziente, alla ricerca di spazi migliori in cui indirizzare il possesso. Anche se gli avversari coprono bene il centro, senza lasciare grossi spiragli, il suo istinto gli suggerisce di provare a giocare il pallone verso la trequarti. Se il centrocampo riesce a intercettare il passaggio, il Celta allora si trova esposto alle transizioni avversarie.
La presenza di molti uomini sulla trequarti insomma esalta il suo istinto verticale, ma d'altro canto rischia di minarne l'efficienza, sua e della squadra. In certi frangenti, è come se Lobotka giocasse nel Celta iper verticale di Berizzo, e non in quello più paziente e composto di Unzué. E' un difetto di gioventù probabilmente, si tratta comunque di un giocatore alla prima stagione in Liga. Dovrà comunque riuscire a limarlo, senza smarrire il suo innato senso per le verticalizzazioni.
Innovazione
Fino ad ora ci siamo concentrati sugli aspetti più canonici, seppur eccellenti, del gioco di Lobotka. Quanto detto sarebbe già sufficiente per designarlo come uno dei registi under 25 più interessanti d'Europa. Eppure non basta. Lo slovacco è un giocatore più unico che raro proprio perché, per quanto sia raffinato nei passaggi e negli smarcamenti, non sono questi i tratti distintivi del suo calcio. Lobotka rispetta la dottrina, ma per dare il meglio ha bisogno di reinterpretarla secondo le proprie caratteristiche.
Per spiegare perché il quattordici è un giocatore così speciale possiamo affidarci alle parole di Xabi Alonso, forse il pivote classico migliore dell'ultima decade insieme a Busquets. In una lunga intervista rilasciata ad Ecos del Balon, dall'eloquente titolo “La mirada de un mediocentro”, l'ex regista del Liverpool parla per buona parte della propria interpretazione del ruolo. Nei minuti finali però, si concentra su metodisti con caratteristiche diverse dalle sue e quindi con un modo diverso di stare in campo. «Quando Casemiro parte in conduzione è molto pericoloso. Gli avversari non sanno come interpretare o difendere queste situazioni. Lo stesso vale per Kovacic. Lo vedo e penso che potrebbe arrivare in area palla al piede. [...] Lo fanno spesso e generano superiorità non solo quando c'è spazio, ma anche quando gli avversari sono più compatti».
Xabi Alonso è davvero ammirato quando parla dei due madridisti. Riconosce in loro caratteristiche che a lui mancavano, atletismo e strappi in conduzione, a cui ha sopperito con una raffinatezza in distribuzione quasi irripetibile. Se lui superava le linee di pressione grazie a passaggi e lanci, Casemiro e Kovacic invece forzano la fase difensiva avversaria con corse palla al piede che potrebbero attirare l'avversario e liberare il compagno alle spalle. Si tratta di risorse tecniche vitali in un calcio in cui per battere sistemi difensivi sempre più organizzati è necessario ricorrere all'iniziativa del singolo.
Lobotka è la sintesi tra le conduzioni di Kovacic e i passaggi di Xabi Alonso, pur (OVVIAMENTE) mantenendo le dovute proporzioni rispetto a una leggenda come il basco. I suoi strappi palla al piede permettono al Celta di destabilizzare più facilmente la fase difensiva avversaria. Lobotka può diventare una scheggia impazzita, in grado di prendere palla a venti metri dalla propria porta e condurla attraverso le maglie avversarie fino all'area opposta.
Come sempre, la combo tecnica-fisico è decisiva. Rispetto ai migliori registi degli ultimi anni, che sopperivano con la lettura degli spazi alla scarsa mobilità, lo slovacco possiede un dinamismo straordinario, degno di una vera e propria mezzala d'inserimento. Lobotka dunque non si fa problemi ad attaccare su un campo lungo. Quando parte palla al piede ha una frequenza di tocco straordinaria che gli permette di tenere il pallone sempre sotto controllo a ritmi alti. Tutto ciò, unito alla già citata resistenza nei contrasti, lo rende una minaccia per qualunque avversario.
La rapidità nella corsa inoltre non offusca la sua visione di gioco, che diventa un'arma ancora più acuminata. In zone profonde di campo, se l'attaccante prova il taglio alle spalle della difesa diventa più facile servirlo con un filtrante, soprattutto se uno dei difensori si stacca dalla linea per ostacolare la sua conduzione.
Ma Lobotka non si limita a portare palla e a servire i compagni in profondità. Le conduzioni di palla stimolano il suo istinto associativo. Spostandosi lungo il campo palla al piede, spesso decide di avvicinarsi ai compagni e di cercare triangolazioni. La buona lettura degli spazi e il dinamismo gli permettono di scaricare palla e muoversi con intelligenza per facilitare la chiusura della parete: il modo migliore per far circolare velocemente il pallone e dare fluidità al possesso.
È una giocata ricorrente anche sulla trequarti, dove Stanislav ama giocare di prima coi trequartisti per cercare triangolazioni complicate. Qui può avvalersi della collaborazione di due giocatori tecnicamente eccellenti come Aspas e Wass. Con gli uno-due sulla trequarti scarica palla e si muove in avanti per ricevere alle spalle dell'avversario, così da attaccare in prima persona la difesa. Un pattern potenzialmente micidiale, specie se il centrocampo avversario è lento e fatica ad assorbire gli inserimenti.
Tuttavia, dividendi potenzialmente così alti comportano rischi altrettanto costosi. Se gli avversari riescono a bloccare la triangolazione mentre Lobotka sta correndo nello spazio, il Celta si trova completamente scoperto. Lo slovacco per eseguire questo tipo di giocata da mediano diventa trequartista, lasciando di fatto la difesa scoperta. Per una squadra abile a creare densità e attaccare in transizione può diventare facile volgere a proprio favore l'istinto di Lobotka per i triangoli e attaccare la difesa celeste in campo aperto.
Il lusso del dinamismo
Il mix tradizione-innovazione influenza non solo la sua fase offensiva ma anche quella difensiva. Dal punto di vista della difesa collettiva, la lettura degli spazi resta fondamentale: deve riuscire a occupare la giusta porzione di campo a seconda della posizione del pallone e dei compagni. Se ad esempio il Celta alza un terzino sul lato palla, ma gli avversari riconquistano il possesso, Lobotka deve muoversi in orizzontale verso il lato forte per coprire eventualmente lo spazio liberato dalla salita del terzino.
Quando la squadra perde palla a ridosso dell'area avversaria, Lobotka deve subito muoversi in avanti per ridurre le distanze dai compagni più alti, in modo da comprimere gli spazi e facilitare il tentativo immediato di recupero palla.
In fase di difesa posizionale, il Celta di solito di dispone col 4-4-2, deve riuscire a scivolare con i compagni da un lato all'altro del campo. In più deve sempre stare attento alla distanza dalla linea difensiva, per evitare problematiche ricezioni nello spazio alle sue spalle. In questo senso potrebbe migliorare: dato l'ottimo dinamismo ama avventarsi sull'avversario per difendere in avanti, ma non sempre sceglie di alzarsi coi tempi giusti. La fiducia nei propri mezzi di Lobotka rischia così di sgualcire le linee del Celta; all'avversario può bastare un dribbling o un passaggio alle spalle dello slovacco per puntare frontalmente la difesa celeste.
Le doti atletiche e l'istinto di Lobotka in fase di non possesso rischiano di diventare un'arma a doppio taglio per la fase difensiva di Unzué. Un dato tecnico che evidenzia una volta di più tutta la particolarità di Lobotka rispetto ai grandi metodisti del calcio moderno. E' difficile trovare un buon bilanciamento di talento offensivo e talento difensivo nei migliori vertici di centrocampo degli ultimi anni. Quelli con spiccate doti di impostazione spesso soffrono di scarsa mobilità e reattività e cercano di nascondere i propri limiti attraverso la compattezza di squadra e la difesa in avanti. I mediani puramente difensivi, sempre più rari, non hanno invece tecnica sufficiente per rendersi utili in fase di possesso. E' il caso eclatante di Casemiro, difatti coinvolto il meno possibile nel giro palla del Real Madrid.
Lobotka non diventerà mai un muro invalicabile come il brasiliano, eppure il suo talento difensivo non si limita all'aggressione alta sul portatore di palla. Il dinamismo e la forza fisica diventano un vantaggio notevole anche in fase difensiva.
Mentre per molti registi, come spiegava Daniele Morrone in questo articolo su Busquets, vale il discorso cruyffiano della sedia e della stanza («Se io devo difendere questa stanza da solo, sono un disastro, tutti entrano da tutte le parti; se invece io devo difendere solo questa sedia, allora sono il migliore»), Lobotka non si fa problemi a difendere anche in un campo non troppo stretto.
Purtroppo, così come nelle fasi di difesa posizionale, anche in questo caso non sempre Stanislav riesce a incanalare bene il proprio istinto difensivo. Le gambe rapide gli consentono di difendere anche con recuperi all'indietro piuttosto dispendiosi. In più, grazie al fisico taurino può permettersi di ingaggiare e vincere contrarsi anche con giocatori ben più aitanti. Quando insegue l'avversario Lobotka sembra correre più in direzione del corpo a corpo che non alla ricerca della palla. Spesso, invece di riallinearsi ai compagni per proteggere la difesa, preferisce cercare il contatto con l'avversario; se questi riesce ad evitare la corsa di Lobotka, allora la transizione difensiva per il Celta diventa ancora più problematica. E' uno stile difensivo rischioso, che se praticato senza criterio si ritorce contro chi lo usa. Secondo Squawka Lobotka vince appena il 35 % dei tackle tentati: una miseria per un giocatore che potenzialmente potrebbe avere un rendimento difensivo sopra la media.
Un futuro tra i grandi
Incasellare Lobotka in una precisa tipologia di giocatore è davvero difficile. In fase difensiva sa dove muoversi per coprire i buchi lasciati dai compagni e quando prende contatto con l'avversario diventa un cliente scomodo per chiunque. D'altro canto spesso si lascia guidare troppo facilmente dalla fiducia nei propri mezzi atletici e da una certa frenesia, che in fase di non possesso rischia di compromettere la stabilità dell'intero sistema-squadra.
In fase offensiva con i suoi laserpass e le sue conduzioni potrebbe essere un centrocampista estremamente diretto, ma al gusto per la verticalità abbina un talento nella gestione del pallone sotto pressione e una pulizia tecnica che lo rendono anche un giocatore di controllo.
Come recita la didascalia, Lobotka già a otto anni impartiva lezioni di calcio
Lobotka incarna alla perfezione un calcio che segue sempre più la rotta dell'universalità. In questo senso lo slovacco rappresenta un profilo unico, simile per caratteristiche più a quello di mezzali come Kroos e Modric che non a quello dei registi classici. Un futuro in zone più avanzate di campo non è da escludere, ma la sua abilità nella protezione di palla, anche a ridosso della propria area, è una caratteristica troppo preziosa e disperderla in zone meno critiche sarebbe un vero peccato.
Cinquanta milioni forse sono pochi, considerati i prezzi di oggi, per un centrocampista come lo slovacco. Se il Celta non riuscisse a centrare l'Europa League, la Galizia potrebbe diventare troppo stretta per un giocatore con questo talento. Investire su Lobotka, oggi, sembra una scommessa a rischio zero.