Nell'estate 2010 la Juventus sborsa ben 12 milioni di euro per assicurarsi El Malaka, di sicuro il peggior investimento di Marotta. Una vicenda che si trascina per 6 anni, con prestiti continui, un paio di scarpe magiche smarrite e un rinnovo di contratto assurdo solo in apparenza
C’è stato un tempo in cui, prima di diventare il Re Mida che si è dimostrato negli anni, anche Beppe Marotta sbagliava qualche colpo. Certo, Pirlo e Pogba a zero sono medaglie al valore che qualsiasi uomo-mercato sogna di appuntarsi al petto, ma esiste anche l’altra faccia, di queste medaglie: malinconica, con gli angoli della bocca all’ingiù. Non fatevi ingannare dal sorriso che esibisce in figurina, fiero di indossare la maglia della Juventus: quella di Jorge Martinez è una storia triste. Nonché quella del peggior investimento fatto da Beppe Marotta. Così sbagliato da meritarsi un rinnovo di contratto.
Magic Mou-ment
Uruguaiano, ala con enorme facilità di corsa, Martinez arriva in Italia nel 2007 grazie al Catania. Tre stagioni in cui si mette in luce saltando solo qualche partita, ma è il 12 marzo 2010 la data che gli cambierà la vita. Il Catania ospita l’Inter di Mourinho che a fine stagione completerà il suo storico triplete e tra le mura amiche del Massimino gliele suona di santa ragione: 3-1 in rimonta dopo il gol di Milito, con pareggio di Maxi Lopez, rigore-cucchiaio di Mascara e sigillo al 90° del nostro uomo. E che sigillo: Martinez scappa sulla fascia sinistra come farebbe un qualsiasi giocatore che vuole difendere il risultato nei pressi della bandierina, poi con un movimento di bacino salta secco Lucio che lo inseguiva e vanifica l’intervento in copertura di Materazzi, si accentra, circumnaviga Julio Cesar e deposita in rete. Tre mesi dopo, Marotta, nel frattempo diventato direttore generale della Juventus e alle prese con la costruzione della squadra da affidare a Delneri, si presenta a Catania con 12 milioni di euro (plusvalenza record per Pulvirenti) e si porta a casa “el Malaka”.
Vecchi scarpini
Sulle origini del soprannome circolano diverse voci al limite della leggenda. Si narra che ad affibbiargli il nomignolo sia stato uno zio e che richiami una parola greca che significa “folle”, “genio”. Per quale motivo nel dipartimento di Montevideo si dovesse parlare greco resta un mistero, e infatti vale la vecchia regola secondo la quale il perché dei soprannomi va sempre chiesto ai diretti interessati. Martinez arriva alla Juve e, con il sorriso, racconta la sua versione dei fatti durante la presentazione: “Da piccolo giocavo con un paio di scarpe che si chiamavano così. Erano bruttissime ma facevo sempre gol, e allora mi iniziarono a chiamare in quel modo”. Purtroppo per lui, alla prima annata in bianconero, quel paio di Malaka è rimasto in qualche vecchio borsone nella casetta in Uruguay in cui viveva da bambino. Venti presenze condizionate dagli infortuni, tra campionato e coppe, in una Juventus che chiude al settimo posto: nessuna traccia dei lampi con cui aveva fatto impazzire l’Inter in quella serata di grazia.
"Ottimo lavoro"
In estate si cambia tutto: arriva il generale Antonio Conte, che sfronda la rosa. Martinez è sì uomo di fascia ma non rientra nei piani (gli viene preferito Elia) e viene spedito in prestito al Cesena. E qui hanno inizio due storie parallele, o meglio divergenti, diversissime l’una dall’altra ma sempre in qualche modo legate. Una storia di successi in serie, sorrisi e trionfi scritta dal club bianconero e un’odissea triste, con protagonista lo sfortunato Malaka, fatta di infortuni e panchine (quando andava bene). Un po’ come in Hancock, il film in cui Will Smith è un supereroe che riesce a esprimere tutto il suo potenziale solo se sta lontanissimo da Charlize Theron, altra metà della sua mela in passato e unico esemplare sopravvissuto della sua specie. Con il Malaka a debita distanza, la Juve è come Hancock, invincibile, con la differenza rispetto al film che Martinez non riacquista i suoi poteri quando si allontana da Torino ed è meno biondo di Charlize Theron.
A proposito di supereroi: come si fa a dire che El Malaka non aveva i poteri? Qui vola!
Juve ok, lui ko
Al primo anno di Conte, la Juventus vince lo scudetto: mentre naviga in cima alla classifica, Martinez annaspa in fondo, ultimo, nel Cesena retrocesso con 22 punti nonostante una rosa di tutto rispetto (Mutu, Parolo, Candreva, Eder, Iaquinta). Per lui 13 presenze (mai i 90’ interi) e ben 21 giornate saltate per tre diversi infortuni.
Altro campionato, altra tappa, sempre in prestito lontano da Torino. Si interessa a lui il Cluj, campione in carica in Romania, che sembra anche una buona soluzione: campionato non troppo impegnativo per ritrovare forma fisica e fiducia, le coppe per mettersi in mostra in Europa. Il piano va a rotoli a causa di un nuovo infortunio che lo tiene fuori tutta la stagione e in Romania non gioca nemmeno un minuto in tutto l’anno: a fine stagione rientra di nuovo alla base, ma solo per un saluto veloce. È legato alla Juventus ancora per due anni, ma Hancock sta continuando a vincere (secondo scudetto di Conte) ed è meglio tenere lontano l’amuleto al contrario.
Entra e retrocede
Il 2 settembre 2013 Martinez viene nuovamente ceduto in prestito, stavolta in Serie B. Lo sistemano al Novara: lontano, ma neanche troppo. Sufficiente comunque ad assicurare il terzo scudetto ai bianconeri, mentre El Malaka continua a sprofondare. Ancora due gravi infortuni, così con la maglia del Novara gioca solo gli ultimi 28’ dell’ultima partita della stagione, la gara di ritorno del playout contro il Varese: finisce 2-2, risultato che decreta la retrocessione in LegaPro del Novara. Inutile dire che Martinez è quello che ha meno colpe di tutti, ma le coincidenze iniziano a far sorridere nonostante il dramma dell’uomo sia evidente.
Martinez sostituito: dal campo usciva spesso così
Così flop che ti rinnovo
Il 14 agosto 2014 Martinez riparte dalla Juventud. No, non è un refuso: la Juventud è una squadra uruguaiana, e quale contesto migliore di quello di casa per ricominciare da zero, ancora in prestito con la benedizione (è il caso di dirlo) di Marotta. La partenza non è delle migliori: tormentato dagli strascichi dei suoi infortuni salta quasi tutto il campionato di Apertura; torna per la Clausura, chiusa con un dignitoso quarto posto. La Juventus di Allegri, nel frattempo, raggiunge la finale di Champions dopo l’ormai scontato scudetto. Martinez, nel suo piccolo, ritrova il campo e il gol (uno): sembra la svolta.
Come un fulmine a ciel sereno, poi, arriva anche l’annuncio di Marotta: “Abbiamo rinnovato il contratto di Martinez”. Nessun errore anche qui, nessuna sbornia. Al contrario, la decisione è frutto di una lucidissima operazione con cui la Juventus tenta di rivalutarlo più che può, nell’ottica di una improbabile rivendita. Garantisce al Malaka un sesto anno di stipendio (anche se lui, di fatto, accetta di spalmarsi l’ingaggio) e spera che magari lui ritrovi il vecchio borsone con le scarpe magiche. Ancora un anno in prestito alla Juventud, ma niente da fare: nel campionato di Apertura Martinez gioca solo pochi minuti e la squadra chiude ultima, in quello di Clausura non va molto meglio. Il 30 giugno 2016 il contratto di Martinez con la Juventus scade. Svincolato, ufficialmente libero di accasarsi dove vuole. Ma il più lontano possibile da dove gioca Will Smith.