Zero prestiti, profitti da record: la rivoluzione di calciomercato del Brentford

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Il club inglese ha aperto una nuova strada. Basta prestiti, ma solo valorizzazione interna dei giovani. Come? Mandando i ragazzi in giro per l'Europa con la squadra B. L'idea, nata qualche anno fa, sta producendo risultati oggettivi. Il Brentford è in corsa per la promozione e dal mercato, negli ultimi anni, sono arrivati un sacco di soldi

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Era l'ultimo giorno del 2016 e nella formazione titolare del Brentford impegnato in casa contro il Norwich, c'era in campo Sullay Kaikai. Quella data e quel giocatore stabiliscono uno spartiacque nella storia del club londinese. Oggi Kaikai gioca nel Blackpool ma perchè un semisconosciuto esterno offensivo è così importante? Perché il 31 dicembre del 2016 il Brentford schierò per l'ultima volta un giocatore prestato da un'altra squadra (che nel caso di Kaikai era il Crystal Palace). Per alcuni è una rivoluzione simile a quella di “Moneyball” (il famoso film con Brad Pitt che ripercorre la storia degli Oakland A’s della MLB) applicata però al calcio ed è solo questione di tempo: prima o poi in tante seguiranno questo modello economico-sportivo pensato da Robert Rowan, ex capo delle operazioni calcistiche del Brentford scomparso nel novembre del 2018 a soli 28 anni, e da Rasmus Ankersen che ha rivoluzionato il calcio scandinavo applicando concetti statistici avanzati al calcio (Ankersen è anche presidente del Midtjylland). Oggi tantissime squadre chiedono e ottengono prestiti. Il beneficio è duplice: da una parte il piccolo club ha a disposizione talento (o quel che si spera sia talento) gratuito; dall'altra, la squadra titolare del cartellino spera che il suo gioiellino faccia esperienza per poi essere pronto al grande salto. Al Brentford però hanno preso e buttato via tutto e dietro la storia di Kaikai c'è un universo nuovo e tutto da scoprire

Nell'estate scorsa, il Brentford comprò dalla Fiorentina il danese Christian Norgaard - ©Getty

Davide e Golia - "Se Davide combatte con le stesse armi di Golia, Davide è destinato alla sconfitta. Servono armi differenti per vincere". Questo il punto di partenza della nuova filosofia delle 'Api'. Valorizzare i propri giovani? Beh se la chiave è questa sai che novità: mica hanno scoperto l’acqua calda. Calma e seguite la storia. La stagione 2013-2014 è quella della promozione in Championship. L'anno successivo il Brantford arriva ai playoff promozione ma il sogno Premier non si materializza a causa dell'eliminazione contro il Middlesbrough. Il vero obiettivo però diventa la stabile permanenza nella Serie B inglese, la sempre viva speranza di promozione (al momento il Brantford è in zona playoff) ma soprattutto la sperimentazione del nuovo corso. Tutto parte dalla ex academy. Per valorizzare i giovani servono... i giovani e qui sorgono due problemi. Primo, Londra è piena di concorrenza 'sleale': chi vorrebbe andare nella squadra riserve di un piccolo club di Serie B quando a pochi chilometri ci sono Chelsea, Arsenal, Tottenham e compagnia? Secondo: in Inghilterra non c'è tutela per i club che fanno crescere i ragazzini. Sotto i 17 anni ogni calciatore in erba è libero di andare dove vuole. Al club di appartenenza viene dato un piccolo indennizzo che non copre nemmeno le spese sostenute per crescere il calciatore in questione.

Ezri Konsa oggi gioca all'Aston Villa che lo ha preso dal Brentford per 12 milioni di sterline - ©Getty

 

La chiave è il reclutamento - Come si risolve il duplice problema? Abolendo l'Academy (che per inciso costava 1,5 milioni di sterline all'anno). Ok e senza academy come si fa? Si usano le nuove armi che servono a Davide per battere Golia. Il Brentford si accorge che la chiave è un diverso sistema di reclutamento. Si possono prendere tantissimi 'scarti' delle altre academy (City, United, Liverpool etc) e si può sfruttare un particolare tipo di mercato, quello 'sottovalutato', ovvero quello di paesi senza grossissime tradizioni di fenomeni calcistici. L'unica regola del gioco è: prendere giocatori tra i 17 e i 20 anni. Ecco quindi arrivare giovani danesi, finlandesi, islandesi... A questi si aggiungono inglesi scartati (spesso per motivi fisici o tattici) dalle migliori academy del Regno Unito. In Inghilterra serve anche avere fisico, la tattica si può sempre insegnare anche se per qualcuno ci vuole un po' più di tempo. La nuova squadra B va continuamente in giro per l'Europa e gioca amichevoli contro i pari età di Bayern Monaco e PSG (giusto per citarne un paio) e spesso ottiene risultati decisamente clamorosi (come una vittoria per 5-2 contro i bavaresi). Il traguardo di tutti i giovani della squadra B è l’approdo in prima squadra che serve chiaramente da trampolino di lancio verso lidi più prestigiosi. Non si tratta di un sogno ma di una realtà che viene concessa con cadenza regolare (qualche tempo fa il Brentford aveva schierato in Championship una formazione con età media di 24 anni). Con i soldi ricavati dalle cessioni il Brentford si autofinanzia e lo fa alla grande. Capite bene che in questa filosofia rivoluzionaria non c'è proprio spazio per i prestiti. Da Kaikai ad oggi, in Championship, il Brentford ha sempre schierato giocatori di proprietà. Dal 2014 ad oggi i biancorossi hanno avuto dal mercato un turnover superiore ai 100 milioni di euro. Mica male per un club che non ha mai messo piede in Premier League ma che potrebbe rivoluzionare il sistema attuale di mercato