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Roma, Lukaku come Batistuta? I tifosi giallorossi sognano già il 4° scudetto

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Alfredo Corallo

L'arrivo dell'attaccante belga accende l'entusiasmo dei romanisti e ne solletica fantasie e ambizioni: un colpo di mercato che a tanti ricorda quello di Batistuta, determinante nel 2001 per il terzo scudetto. Vierchowod, invece, la "formula Magica" (un prestito, come Lukaku) per il secondo titolo. E Totti...

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"Tutto il mondo sa che giallorossa è la sua nuova maglia, quando segnerà sotto la curva ce fa la mitraglia. Tutti sanno che si chiama Gabriel Omar Batistuta, ma noi sappiamo che è un grande campione e lo chiamiamo il Re Leone". Franco Sensi si svenò per arruolare il 31enne 'bombardiere' di Avellaneda: 70 miliardi di vecchie lire alla Fiorentina di Cecchi Gori (più un ingaggio triennale da 12 all'attaccante), ancora oggi una delle cifre più alte mai pagate dalla Roma per un calciatore. Ma la controffensiva alla Lazio campione d'Italia sortì l'effetto sperato: l'argentino fu la migliore cura per la 'depressione' dei romanisti che, il 6 giugno del 2000, sfidarono il sole dell'una a picco sulla Curva Sud, in 13mila per dedicare i primi sonetti d'amore all'angelo biondo del terzo scudetto. D'altronde, era già una squadra fortissima: c'erano Cafù, Candela, Aldair, Tommasi, Montella, Totti, ma con il puntero argentino - affiancato all'Olimpico da Walter Samuel e il 'Puma' Emerson, anche se in pochi se ne accorsero quel giorno - si elevò al grado di una corazzata. Agli ordini del miglior sergente in circolazione: Fabio Capello. Così, un anno e 11 giorni dopo, contro il Parma sarà proprio Batigol a mettere il sigillo - il 20° - su quella stagione magica silurando Gigi Buffon con una bomba delle sue. Roma, insomma, era stata la scelta giusta, il premio a una carriera fin lì avara di trofei: "Ho fatto tanti sacrifici per arrivarci e mi meritavo di diventare campione almeno una volta". L'ultima, per lui e per i giallorossi che, ora, con l'arrivo (in prestito) di Romelu Lukaku, vogliono tornare a sognare: se Paulo Dybala è già la 'reincarnazione' di Francesco Totti, Big Rom non potrà che essere il nuovo Batistuta...

©LaPresse

Lukaku come Batistuta? La versione di Capello

Se per i devoti (milioni) dell'Angel Gabriel il parallelismo rasenta il peccato mortale (della serie, non scherziamo: Bati è una leggenda del Fútbol e Romelu, al massimo, gli avrebbe potuto portare la proverbiale 'borsa'), per altri - compreso Capello - il paragone con il ragazzo allevato nella cantera dal Newell's Old Boys non è poi così azzardato. "In quegli anni la Roma aveva cominciato una programmazione per arrivare al titolo - le parole del tecnico friulano a L'Originale, su Sky Sport, ribadite in un'intervista al Messaggero - e Batistuta fu l'elemento finale, determinante. Lukaku, come Batistuta, è uno di quei calciatori che fanno la differenza. Soprattutto fisicamente. È bravo ad aprire gli spazi per i compagni, è uno che vince facile e nel calcio attuale certi giocatori spostano gli equilibri: basti vedere il City, arrivato al top con uno come Haaland". Ma l'argentino rimane inarrivabile: "Era un formidabile giocatore d'area. Implacabile. Lukaku un po' meno".

Romelu e l'idolo Adriano: ma che flop a Roma

Agli occhi dei più critici, non giocano certo a favore dell'ex interista i clamorosi errori nella finale di Champions, pomo della discordia insieme alla telenovela-pasticcio di mercato che ha provocato e alle perplessità sulle condizioni fisiche del 30enne cresciuto ai margini del Chelsea e in arrivo nella capitale senza aver svolto la preparazione fisica con il club inglese. Ma se il paragone con Batistuta poggia su basi più che legittime, l'accostamento tipicamente 'social' con l'Adriano che sbarcò a Roma nell'estate del 2008 è quantomeno ingeneroso: il brasiliano - seppur reduce da una pseudo-rinascita al Flamengo - si presentò al Flaminio in evidente sovrappeso (105 chili!) e l'euforia della tifoseria giallorossa venne presto smorzata da prestazioni sconfortanti (chiuderà con 8 presenze e zero reti), 'figlie' di una vita extracalcistica sregolata (per usare un eufemismo). Adriano era sì l'idolo di Lukaku, ma quando era l'Imperatore e non quello della sciarpa: "Mo' te gonfio".

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Toni e l'eredità di Batigol da prendere 'in prestito'

Sono gli anni in cui la società dei Sensi è alla 'disperata' ricerca di un bomber da 20-25 gol, in un'epoca in cui la classifica marcatori era dominata dai 28-30 centri stagionali di Antonio Di Natale e Zlatan Ibrahimovic. Allora, prima di Adriano era stato il turno del 32enne Luca Toni, finito fuori rosa nel Bayern Monaco e arrivato in prestito alla Roma di Claudio Ranieri nel gennaio del 2010.  Avvicinato - inevitabilmente - al solito Batistuta, di cui era stato degno erede alla Fiorentina. "A Firenze sono riuscito a battere il suo record - le prime parole dell'emiliano da neo giallorosso - ma lui qui ha vinto lo scudetto e io devo ancora segnare un gol...". Giocherà 15 partite e la rete del 2-1 nello scontro diretto con l'Inter di Mourinho sarà il preludio del sorpasso ai nerazzurri, compiuto la domenica successiva, prima che la doppietta del sampdoriano Pazzini all'Olimpico spezzerà il cuore di Toni e di tutti romanisti, mai così vicini al loro 4° Tricolore.

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Vierchowod: la "formula Magica" di Liedholm 

Se restiamo nel campo dei 'prestiti' non c'è dubbio che Pietro Vierchowod sia stato la "formula Magica" della Roma scudettata di Nils Liedolm: quella di Paulo Roberto FalcaoBruno Conti, Carlo Ancelotti, Sebino Nela, Roberto Pruzzo e di Agostino Di Bartolomei, libero finalmente di impostare perché il 'russo' correva per tutti, andava alla guerra contro tutti. Figlio di un soldato ucraino dell’armata sovietica prigioniero in Italia e rimasto nel Bergamasco, lo "Zar" - com'era soprannominato - era cresciuto nelle giovanili del Como, con cui esordì in Serie A nel 1980 (proprio contro i giallorossi). Acquistato dalla Sampdoria e ceduto in prestito prima alla Fiorentina (sfiorando lo scudetto nel 1982 e meritandosi la convocazione al Mundial di Spagna, campione senza giocare), e poi alla Roma, firmando tre giorni dopo il trionfo degli Azzurri. Piè veloce, l'incubo di ogni attaccante per un ventennio buono. 

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Tra Maradona... e Andreotti

"È il difensore più rapido del mondo", garantiva il ct Enzo Bearzot. Roba da cento metri in meno di 11 secondi: "Ero un missile". Chiamato anche "Hulk" dai colleghi: "Una volta Maradona mi scappò - ricorda Vierchowod - ma in un attimo lo raggiunsi, chiudendolo in angolo. E Diego, che era adorabile, la prese a ridere: 'Hanno ragione, ti manca solo il colore verde...'". Per portarlo nella capitale, ci volle - pare - la potentissima intercessione di Giulio Andreotti, amico dell'allora presidente democristiano Dino Viola. Ma non ci fu modo di trattenerlo: Paolo Mantovani lo rivolle indietro per farne una colonna della futura Samp dei miracoli.

Totti e quel "non" prestito benedetto

Ma se c'è un prestito - o meglio, un "non" prestito - che ha cambiato per sempre la storia della Roma è stato quello sfumato di Francesco Totti alla Samp del post Vialli-Vierchowod-Boskov (il Mancio c'era ancora). "Gli dèi di Roma si ribellarono e fu una serata magica, per me storica. Sarà stato il destino...". O forse soltanto la sua classe, fuori dal tempo. Già allora. Quando convinse Sensi a non cederlo con due gol "alla Totti" (botta dal limite all'Ajax e pallonetto/cucchiaio al Borussia Moenchengladbach). Era il 9 febbraio del 1997: il giorno dopo avrebbe preso un aereo diretto a Genova per firmare il contratto con la sua nuova squadra. Lui, che in carriera segnerà 15 gol ai blucerchiati e considera quello del 26 novembre 2006 al Ferraris tra i suoi capolavori: un sinistro a incrociare che non ci stancheremo mai di rivedere. 

 

Tutte le strade portano a Totti (e a Dzeko)

La "dritta" alla dirigenza doriana era arrivata da Luciano Spinosi - collaboratore del tecnico Sven-Goran Eriksson - che aveva allenato il numero 10 nella Primavera. Totti non andava a genio a Carlos Bianchi e il prestito sembrava l'unica strada percorribile. Con Montella e Mancio sarebbe stato un tridente da sballo... ma il presidente Sensi fermò tutto al termine di quel trofeo internazionale "Citta di Roma", programmato per vedere all'opera il lanciere finlandese Jari Litmanen, voluto fortemente dall'allenatore argentino (lui sì, invece, che andrà via...). "Francesco è migliore di Litmanen. Non andrà via dalla Roma, uno come lui ci serve". Da capitano, artista e super bomber nel 2007 e all time: il primo romanista a vincere la classifica cannonieri dai tempi di Pruzzo, imitati dieci anni più tardi da Edin Dzeko, preferito spesso e volentieri a Lukaku la scorsa stagione all'Inter dall'ex laziale Simone Inzaghi. Uno stimolo in più per i sogni di gloria del gigante di Anversa e di un popolo che smania dalla voglia di incoronare il suo nuovo re.

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