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Calciomercato oggi: gli acquisti più importanti del giorno negli anni precedenti

Calciomercato

Vanni Spinella

Introduzione

Un colpo al giorno. Dal 1° giugno al 31 agosto, per tutta la durata del mercato estivo, riviviamo affari e trattative del passato: dai colpi che hanno fatto la storia alle storie curiose che si nascondono dietro i colpi. Un viaggio nel tempo, girando ogni giorno la pagina del calendario del mercato. Il colpo del giorno è…

CALCIOMERCATO, LE NEWS DI OGGI LIVE

Quello che devi sapere

Un colpo al giorno, tutti i giorni

Storico, sfumato, folle, geniale, da record o a parametro zero. Ce n’è per tutti i gusti, di colpi di mercato. E ogni giorno praticamente se ne registra uno. Dall’inizio di giugno alla fine di agosto, non c’è giorno sul calendario che non possa essere associato a un affare del mercato. Ne sveliamo uno al giorno con un tuffo nel passato quotidiano, saltando da un anno all’altro. Pronti ad azionare la macchina del tempo del mercato?

31 agosto 2002: l'ultimo giorno di mercato più incredibile di sempre

Immaginate una sessione di mercato in cui, l’ultimo giorno, cambiano maglia: il miglior giocatore del pianeta, uno dei primi centravanti al mondo e il miglior difensore che c’è. Una roba sconvolgente. Ma è successa. Ci fu anche un discreto “effetto sorpresa”, mitigato dal fatto che si trattava di trasferimenti paventati per settimane, ma poi le acque sembravano essersi calmate. Finché il 31 agosto 2002 un improvviso tornado non stravolge tutto. Ronaldo dall’Inter al Real Madrid, Crespo dalla Lazio all’Inter, Nesta dalla Lazio al Milan. Tre colpi così non solo in una singola estate di mercato: in un singolo giorno. Forse l’ultimo giorno di mercato più sconvolgente che ci sia mai stato. La Ronaldeide era iniziata a fine giugno, subito dopo il Mondiale vinto con il Brasile. L’Inter mai menzionata nei suoi discorsi o nei ringraziamenti, i dribbling alle domande sul futuro. Chiede a Moratti di liberarlo da Cuper: risposta negativa. E allora gli chiede di liberarlo e basta. Il presidente gli vuole così bene da assecondarlo e va a trattare con il Real Madrid, ma dopo l’ultima offerta “inaccettabile” (vedi "colpo" del 23 agosto) dice stop alle trattative. E Ronaldo sembra destinato a restare. Parallelamente, i nerazzurri cercano un difensore top: trattano per settimane Nesta con la Lazio di Cragnotti che rischia il fallimento, ma anche quando sembra ormai fatta non si arriva mai alla chiusura. Alla fine l’Inter rinuncia e vira su Fabio Cannavaro, aggiungendoci quel Gamarra colpevole della furia di Vieri (ricordate il suo telefonino lanciato via all’ippodromo quando glielo dissero? Vedi 20 luglio). Intanto, Adriano Galliani prepara nell’ombra un colpo dei suoi. Tutto suo, perché nonostante il “divieto” di Berlusconi andò ugualmente a prendere Nesta. Dovette aspettare però fino all’ultimo, perché il Milan impegnato nel preliminare di Champions poteva permettersi un investimento del genere solo se fosse entrato effettivamente in Champions. Il 28 agosto ci entra grazie alla regola dei gol in trasferta che lo premia nel doppio confronto con lo Slovan Liberec, il 31 Galliani esce di casa senza dire nulla al presidente e torna più leggero di 31 milioni ma con Nesta nella borsa della spesa. Una trasgressione che gli verrà perdonata. E Ronaldo? Non si è arreso, così come il Real, che all’ultimo torna da Moratti e aumenta l’offerta: 45 milioni più Solari. L’Inter incassa e corre a prendersi il nuovo centravanti, versando alla Lazio 36 milioni per Crespo. Sono le ore 23.25. Il mercato chiudeva a mezzanotte.  

31 agosto 2002: l'ultimo giorno di mercato più incredibile di sempre
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30 agosto 2024: salta Brescianini, il Napoli vira su McTominay

Ah, la retorica delle sliding doos! Se avessimo preso questo e non quell’altro; se non fosse saltato tizio all’ultimo, se caio (non l’ex Inter) avesse firmato… L’ultima pagina di questo grande libro l’ha scritta il Napoli nell’estate 2024. Tutti d’accordo sul fatto che McTominay sia stato più che decisivo per lo scudetto della squadra di Conte a fine anno? Bene: lo scozzese arrivò a Napoli il penultimo giorno di mercato, e solo dopo una “virata” improvvisa. Il primo obiettivo di mercato di Conte per il centrocampo era infatti Marco Brescianini, rivelazione del Frosinone nell’ultimo campionato. Affare già definito, visite mediche effettuate e superate, ma poi improvvisamente sorge un intoppo. “Incomprensioni tra noi direttori sportivi”, le chiama Angelozzi del Frosinone, e Brescianini si prepara a tornare a casa. L’Atalanta interviene in scivolata e con un blitz di mercato lo fa suo. E il Napoli? Deve trovare un nuovo obiettivo, e in fretta. A Manchester lo United ha inserito McTominay tra gli esuberi, Conte dà l’ok, il 30 agosto (quasi sul gong) il Napoli “vira” sullo scozzese e – al tempo non lo potevano sapere ma oggi lo possiamo dire – sullo scudetto. Certo, non avremo mai la controprova (può essere che in un universo parallelo il Napoli abbia preso Brescianini e abbia vinto ugualmente lo scudetto) ma, restando nel nostro mondo, decisivo fu quel colpo… di coda.

30 agosto 2024: salta Brescianini, il Napoli vira su McTominay

29 agosto 2012: né Fiorentina né Juventus, Berbatov va al Fulham

L’aereo proveniente da Monaco di Baviera con a bordo l’attaccante del Manchester United Dimitar Berbatov atterra puntuale a Firenze alle 13.30 del 29 agosto 2012. Solo che, piccolo dettaglio, Berbatov a bordo non c’è. Il ds viola Pradè, che lo attende per la firma sul contratto dopo aver trovato l’intesa verbale con il bulgaro e con lo United, non se lo spiega: torna in sede e scopre l’amara verità. La Juventus si è inserita all’ultimo momento, con Beppe Marotta che ha presentato la sua offerta al Manchester United stoppando Berbatov quando praticamente stava salendo la scaletta dell’aereo. Il club viola emette un comunicato durissimo parlando di una “intromissione vergognosa e dilettantesca”, poi Pradè aggiunge: “Siamo felici che non sia venuto alla Fiorentina: non meritava la nostra città, la nostra maglia e i valori che essa rappresenta”. Parole che tre anni più tardi, alle prese con il caso Milinkovic-Savic (vedi 6 agosto), ripeterà simili, anche se ammorbidite dalle lacrime del giocatore. A questo punto è la Juventus ad aspettare un aereo a Torino, ma Berbatov ancora una volta spiazza tutti. Non atterra neanche lì. Né Juve né Fiore. Alle 22 è niente meno che il Fulham ad annunciare ufficialmente l’attaccante, che si difende fingendo che sia tutto normale: “Non avevo l’accordo con nessuno e all’improvviso mi ha cercato Martin Jol. Per il bene della mia famiglia ho deciso di restare in Inghilterra. Non mi interessa cosa dicono di me in Italia”. A Firenze e a Torino non dicono niente di buono, caro Dimitar.

29 agosto 2012: né Fiorentina né Juventus, Berbatov va al Fulham
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28 agosto 2009: Sneijder atterra e gioca il derby il giorno dopo

“Abbiamo un gioco migliore dello scorso anno, ma per arrivare all'Inter che abbiamo progettato manca ancora un giocatore. Non abbiamo il trequartista: abbiamo solo Stankovic, che è un giocatore adattato in quel ruolo”. Nella stagione in cui José Mourinho sembra baciato dalla grazia di Dio e non sbaglia una singola scelta, lo Special One ha la visione di ciò che serve alla sua Inter per diventare la squadra del Triplete. Il 28 agosto 2009 atterra a Milano il trequartista di professione Wesley Sneijder (quasi “di troppo” al Real Madrid), classica ciliegina sulla torta perché con lui i nerazzurri girano in maniera diversa. Se ne accorgono appena 24 ore dopo il suo approdo, perché Mou, il giorno dopo averlo accolto lo schiera titolare. Nel derby. Ed è il derby che l’Inter domina con uno 0-4 in cui l’olandese fa impazzire i tifosi nerazzurri sugli spalti e Gattuso in campo (espulso per un fallaccio di frustrazione proprio su di lui). “Perché Sneijder dal 1’?”, spiegherà Mourinho a fine derby. “Il presidente mi paga per prendere decisioni e avere coraggio. Certo, se non avesse giocato così bene oggi vivremmo un altro dopopartita. Ma abbiamo vinto, lui è stato la grande sorpresa e io sono bravo”.

28 agosto 2009: Sneijder atterra e gioca il derby il giorno dopo

27 agosto 2024: Szczesny si ritira dal calcio, anzi no

Un paio di settimane prima, era il 14 agosto 2024, la Juventus l’aveva salutato e ringraziato con un comunicato. Dopo 7 anni in bianconero Wojciech Szczesny aveva risolto il contratto, lasciando la porta nelle mani di Di Gregorio. Seguono giorni difficili di riflessione per il portiere classe ’90, ma alla fine prevale la decisione di ritirarsi dal calcio. Il 27 agosto, con un lungo messaggio sui social, la comunica così: “Non ho solo realizzato i miei sogni, sono arrivato dove la mia immaginazione non avrebbe nemmeno osato portarmi. Tutto ciò che ho e tutto ciò che sono lo devo al meraviglioso gioco del calcio... Ma ho anche dato al calcio tutto quello che avevo. Ho dato al calcio 18 anni della mia vita, ogni giorno, senza scuse. Oggi, anche se il mio corpo si sente ancora pronto per le sfide, il mio cuore non c'è più. Sento che adesso è il momento di dedicare tutta la mia attenzione alla mia famiglia”. Il 21 settembre torna allo Stadium che lo celebra: riceve applausi, una targa e una maglia celebrativa. Poi il 2 ottobre il Barcellona gli fa una chiamata: “Ci si è infortunato ter-Stegen. Sei sicuro di esserti proprio ritirato?”.

27 agosto 2024: Szczesny si ritira dal calcio, anzi no
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26 agosto 2001: Ferguson si arrabbia e vende Stam alla Lazio

Tutto ebbe origine da un’autobiografia. “Head to head”, così si chiamava, quella in cui Jaap Stam sparava a zero contro tutto e tutti, senza risparmiarsi: dal tecnico, Alex Ferguson, ai compagni del Manchester United (i fratelli Neville su tutti), dal calcio britannico agli avversari (i fratelli Inzaghi su tutti – doveva avercela con le coppie di fratelli, lui fratello maggiore di tre sorelle –, descritti come “attori dell’area di rigore”). Così, dopo la multa (pari a 300 milioni di lire), arriva la convocazione di Sir Alex nel suo ufficio. “Alle 8 del mattino ero da lui”, racconterà Stam in un’intervista anni dopo. “Abbiamo discusso ma ero risalito in auto promettendomi che non avrei lasciato il club. Mentre ero in macchina mi chiama il mio agente e mi fa: ‘Ti hanno venduto’”. Nemmeno il tempo di finire di litigare e Ferguson aveva già chiamato la Lazio di Cragnotti, da tempo interessata all’olandese. Il 26 agosto 2001 l’affare è fatto: 50 miliardi di lire allo United (“L’errore che non mi perdonerò mai? Lasciare andare via Jaap Stam”, dirà in seguito Sir Alex, che era impulsivo ma aveva il pregio di saper riconoscere i suoi sbagli) e difesa biancoceleste sistemata. Come, lo spiegò Sinisa Mihajlovic: “Stam era un armadio, una montagna di muscoli, un colosso di centonovantatré centimetri per novantadue chili, e completava con me e Fernando Couto una difesa che faceva paura agli attaccanti. Nesta, non certo uno tenero, in mezzo a noi era un lord inglese con la bombetta e l’ombrello. A volte bastava solo che lo chiamassimo: ‘Jaap, pensaci tu’. L’avversario da quel momento girava al largo”.

26 agosto 2001: Ferguson si arrabbia e vende Stam alla Lazio

25 agosto 1994: Meola non supera il provino per entrare nella NFL

Più che calciomercato questo è footballmercato, inteso come football americano. E americano è anche il protagonista della vicenda, Antonio Michael Meola, detto Tony, portiere degli Stati Uniti ai Mondiali del 1990 e del 1994, dove diventa un idolo nazionale con le sue parate e il look riconoscibilissimo: fisico massiccio, volto da attore (in “carriera” farà anche quello), capelli tirati all’indietro e raccolti in una coda di cavallo. Proprio nel corso del Mondiale giocato in casa, un rinvio dal fondo dopo l’altro, inizia a maturare l’idea di poter dire la sua anche nel football americano, come kicker, il tiratore di calci piazzati. Tutto entusiasta lo comunica al Ct Bora Milutinovic, che per tutta risposta lo fa fuori dalla nazionale, appena eliminata agli ottavi di Usa ‘94 dal Brasile. Ma ormai la decisione è presa, Meola vuole tentare l’avventura in NFL e trova una squadra, i New York Jets, disposta a dargli una chance, aggregandolo nella pre-season. In quel periodo di prova, però, l’ex portiere scopre che il suo potente rinvio, con cui spesso raggiungeva l’area di rigore avversaria, nel football americano non è altrettanto efficace. Oltre al fatto che la tendenza a calciare sempre verso sinistra gli vale il soprannome di “Capitan Uncino”. “Non è facile come sembra”, ammetterà. “Il punto esatto in cui bisogna colpire una palla da football è piccolo come una moneta, e non è semplice farlo mentre un ragazzone di 150 chili ti corre incontro”. Il 25 agosto 1994, dopo essere stato scartato dai Jets, l’amaro comunicato. “Il provino è andato male, non mi hanno preso, ma ho realizzato un sogno. Devo comunque dire che è molto più divertente giocare a calcio che tirare un pallone e basta”.

25 agosto 1994: Meola non supera il provino per entrare nella NFL
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24 agosto 2020: il burofax di Messi al Barcellona

Scoprimmo il significato di quella parola, e l’esistenza di quello “strumento”, un giorno all’improvviso, grazie a Messi. “Leo ha mandato un burofax al Barcellona”, si leggeva e si sentiva ovunque. Ma era vietato ammettere di non sapere cosa caspita fosse un burofax. Quel che contava era il contenuto, con cui Messi, il calciatore più forte della sua epoca, comunicava al Barcellona la volontà di andarsene, rescindendo il contratto. Dopo 16 anni nel “mes que un club”, senza considerare quelli nella cantera, Leo chiede di essere liberato. Il Barça: il club che lo aveva accolto da bambino con la firma del primo “contratto” su un tovagliolo, che gli aveva pagato le costose cure ormonali da ragazzino, che gli aveva costruito attorno una delle squadre più forti della storia. Quella favola lì, insomma, cancellata da un burofax, ché già il nome dà l’idea di quanto possa essere freddo e impersonale. “Si proceda alla risoluzione del contratto della prestazione lavorativa che svolgo attualmente nel vostro distinto club”, il testo firmato da Messi dopo aver ingoiato un notaio. Si appella alla “clausola numero 24”, che permette effettivamente la risoluzione del contratto ma può essere attivata ogni anno solo entro il primo giugno, e attorno a quel punto si svolge la battaglia legale. Il Barcellona gli fa notare di essere un po’ in ritardo, Leo lo giustifica con la particolarità della stagione, interrotta e conclusa ad agosto a causa del Covid. Il presidente Bartomeu vincerà il braccio di ferro (pretendendo il pagamento della clausola da 700 milioni per liberarlo), ma lo perderà a zero un anno dopo.


Ah già, il burofax: in pratica è un strumento usato parecchio in Spagna per inviare comunicazioni urgenti con valore legale. Una specie di raccomandata. Mistero risolto

24 agosto 2020: il burofax di Messi al Barcellona

23 agosto 2002: l’Inter chiude al Real, Ronaldo resta (deluso)

La telenovela di mercato dell’estate 2002 sembra conoscere una fine il 23 agosto. Riassunto delle puntate precedenti: dopo lo scudetto sfumato all’ultima giornata il 5 maggio, Moratti ha confermato Cuper sulla panchina dell’Inter; intanto Ronaldo ha lavato via le lacrime dell’Olimpico prendendosi il Mondiale con il Brasile, in estate, e forte del trono di re del mondo chiede a Moratti la testa di Cuper con il più classico dei “O me o lui”; Moratti risponde: “Lui”, Ronaldo chiede di essere ceduto al Real Madrid, con Florentino Perez che ha già allacciato il tovagliolo al collo pregustandosi l’affare. Campione scontento + ultimo mese di mercato = grande svendita. Ma Moratti fissa il prezzo, 100 milioni, e allora inizia il balletto delle offerte e controfferte. Il Real, pur di ammortizzare il cash, mette sul piatto della bilancia due giocatori da scegliere in una rosa di quattro: Morientes, Solari, Munitis e Flavio Conceicao. Più 12 milioni. L’Inter ribatte: al massimo Solari + 50. I due presidenti si incontrano a Formentera a bordo del “Pitina II” il 22 agosto e il giorno dopo l’Inter comunica che le trattative sono interrotte “a causa di divergenze insanabili”. Moratti non svende: “Volevo aiutare Ronaldo ma non posso certo regalarlo”, dice. “Ho accettato di trattare per pura cortesia, ma la loro offerta era inaccettabile”. Sospiro di sollievo dei tifosi nerazzurri, sbuffo di Ronaldo. La telenovela pare chiusa. Ma si sa come va a finire con le telenovelas. C’è sempre una puntata dopo.

23 agosto 2002: l’Inter chiude al Real, Ronaldo resta (deluso)
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22 agosto 2024: Dybala dice no all’Arabia (con l'aereo già pronto)

Paulo Dybala sa come creare la suspance. E come un raffinato giallista si diverte a giocare con i cuori giallorossi la sera di un 22 agosto. Estate 2024, l’Arabia ha iniziato a depredare i grandi campionati europei già da un paio di stagioni e l’impressione dei club italiani è che se hai un campione in casa non puoi dormire sereno. Il 14 agosto 2024 è il turno della Roma e di Dybala, chiamato a scoprire quali tesori gli arabi abbiano in serbo per lui. L’offerta arriva dall’Al-Qadsiah ed è ovviamente generosa. Impossibile non farci almeno un pensierino, e la Joya ce ne fa anche due o tre. Nel senso che per una settimana tiene con il fiato sospeso una tifoseria intera. Alla fine, la mattina del 22 agosto pare fatta: accordo per tre anni per una cifra totale di 75 milioni di euro. Aereo privato già pronto (addirittura per mandarlo in campo 24 ore dopo), e Dybala che lascia Trigoria rinunciando allo shooting della Lega perché ormai certo di andare via. Il saluto ai compagni (in particolar modo con Bove, Paredes e Soulé) e ai tifosi provoca la prima crepa nelle sue certezze. La riunione di famiglia nel pomeriggio fa il resto: a Roma si sta bene, cosa ci vai a fare in Arabia, metti che poi perdi anche la nazionale… Il colpo di scena alle ore 19, quando tutti si aspettano il classico post su Instagram che comincia con l’ancora più classico “Grazie Roma”. Dybala, con una finta delle sue, spiazza tutti. “Grazie Roma…” scrive effettivamente, aggiungendo un cuore rosso al video emozionale con le immagini più belle del suo periodo alla Roma . E poi, due righe sotto: “Ci vediamo domenica”. Con l’occhiolino. Te possino

 

22 agosto 2024: Dybala dice no all’Arabia (con l'aereo già pronto)

21 agosto 2019: il bagno di folla di Ribery a Firenze

“Mi manda Toni”. Franck Ribery sbarca a Firenze e saluta così la città. E nella Fiorentina da poco diventata di proprietà italo-americana (lui è il primo grande colpo del presidente Rocco Commisso e del dg Joe Barone), “Toni” non è il diminutivo del nome di un amico, magari anche lui italo-americano, bensì “Luca Toni”. Con lui, ai tempi di “Luca Toni / pepperoni / Luca sei per me / numero uno”, Ribery ha condiviso attacco e spogliatoio nel Bayern Monaco, e adesso che il francese 36enne ha lasciato il club dopo 12 stagioni ha deciso di ascoltare il consiglio dell’amico italiano: “Firenze è una splendida città e la Fiorentina è un grande club”. L’abbraccio dei tifosi viola, quando atterra il 21 agosto 2019, è qualcosa di spettacolare: in centinaia lo aspettano all’aeroporto fin dal mattino, e Ribery intuisce subito quanto amore riceverà. Perché Firenze aspettava da tempo un campione del suo livello per tornare a innamorarsi. Visite mediche, firma sul biennale da 4,5 milioni, foto con la maglia (con il suo amato numero 7), incontro con l’allenatore Vincenzo Montella. E Toni, che dice di lui? Vanno a intervistarlo, ovviamente, e conferma: “L’ho sentito, è carico. La Fiorentina ha fatto un grande affare: è un ragazzo eccezionale e matto, ma uno di quei matti positivi”.

21 agosto 2019: il bagno di folla di Ribery a Firenze
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20 agosto 2019: la casa nuova di Icardi come indizio di mercato

Una foto della casa nuova. Sembra irrilevante, ma in epoca social, in cui si postano anche gli starnuti, può essere un indizio di mercato molto potente, per chi vuole intendere. E chi meglio di Wanda Nara può saperlo? Il 20 agosto 2019, mentre è in corso un braccio di ferro tra l’Inter e il marito Mauro Icardi, è lei la regista dell’operazione (essendo anche agente del marito) nonché autrice dello scatto postato su Instagram che ritrae Maurito nel cantiere della futura casa milanese della coppia, un grattacielo con vista mozzafiato sul Bosco Verticale. Manca la didascalia ma è chiara: io resto qui. Destinatari: Antonio Conte e Beppe Marotta, che gentilmente hanno messo alla porta capitan Maurito dicendogli che l’Inter non punta più su di lui. Icardi, per tutta risposta, ha rifiutato le proposte arrivate da Roma, Napoli e Monaco, dicendo che lascerebbe l’Inter solo per la Juventus. Per una semplice questione di vicinanza, che gli consentirebbe di continuare a vivere a Milano… nella nuova casa. Alla fine ne dovette prendere una a Parigi.

20 agosto 2019: la casa nuova di Icardi come indizio di mercato

19 agosto 1996: il Parma inventa l'attacco “Crespo-Chiesa”

“Il tridente del Parma è finalmente al completo: presentato Hernan Crespo. Sarà lui la punta di diamante dell’attacco che avrà in Zola e Chiesa gli ideali ispiratori”. Così scrivono i giornali il 19 agosto 1996 quando quel ragazzone di 21 anni arrivato dall’Argentina posa con la maglia del club gialloblù accanto al brasiliano Zè Maria, anche lui appena approdato in Serie A. In realtà tridente lo sarà solo sulla carta, nelle “probabili formazioni” che si disegnano sui giornali d’estate. Fin dalle prime partite infatti è chiaro che Ancelotti abbia in testa il tandem Crespo-Chiesa (con Enrico appena approdato dalla Sampdoria) e che a Zola spetti un ruolo defilato sulla fascia sinistra, nel 4-4-2: il fantasista sardo resisterà per qualche partita, poi a novembre saluterà destinazione Chelsea. Il merito di Ancelotti però è un altro: aver visto in Crespo qualcosa che nessun altro aveva visto, dandogli fiducia anche quando in tanti l’avevano già bollato come “bidone”, difendendolo da chi lo definiva “scarso”, continuando a schierarlo testardamente e a puntare su di lui fino al limite dell’autolesionismo. Pagato 6,5 miliardi al River Plate era stato capocannoniere ai Giochi di Atlanta ‘96 (6 gol come Bebeto): non poteva essere stato un abbaglio. Crespo alla sua prima stagione debutta solo alla sesta giornata, contro il Perugia, a causa di un problema al ginocchio. Alla seguente dà un primo segnale di vita: gol nella sconfitta contro l’Inter. Poi il letargo: 14 giornate di fila senza gol (tantine se sei il “9” di una squadra di alta classifica), in cui comunque Ancelotti gli rinnova sempre la fiducia, collaudando quella che sarà la storica coppia “Crespo-Chiesa”. Tolto il tappo, non smetterà più.

19 agosto 1996: il Parma inventa l'attacco “Crespo-Chiesa”
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18 agosto 2018: il Salisburgo scopre e prenota Haaland

“C’è un ragazzino in Norvegia che ha appena compiuto 18 anni e segna come una macchina: nelle ultime 4 partite ha fatto 7 gol…” 
“Interessante. Dove gioca?”
“Nel Molde”
“Nome?”
“Haaland”
“Come quello a cui Roy Keane spezzò il ginocchio?”
“Sì, è il figlio…”


C’era un tempo in cui Erling Braut Haaland era ancora “il figlio di quello…”. Ma si intuiva già che si sarebbe presto scrollato di dosso quella etichetta per farsi un nome tutto suo. I più veloci a capirlo furono quelli del Salisburgo che il 18 agosto 2018, incantati dalle ultime prestazioni di quel colosso biondo con i lineamenti da bambinone, lo prenotano. Il ragazzo “forte come un orso e veloce come un cavallo”, definizione che ne diede il giornalista norvegese Øyvind Godø per spiegarne le doti in un paio di similitudini faunistiche, firma con il club controllato dalla Red Bull un contratto che lo vedrà approdare in Austria a partire dal 1° gennaio 2019. Non ci resterà molto (nemmeno un anno), visto che il 29 dicembre dello stesso anno il Borussia Dortmund ci metterà su le zampe. Lascerà il Salisburgo con più gol che partite giocate: 29 in 27, di cui 8 in 7 gare di Champions alla sua prima partecipazione nel torneo. Pronto al decollo. E da quel momento, dicendo "Haaland", in pochi penseranno a Roy Keane.

18 agosto 2018: il Salisburgo scopre e prenota Haaland

17 agosto 2010: Boateng al Genoa. Firma e va al Milan

L’annuncio il 17 agosto 2010: il Genoa ha depositato il contratto di Kevin-Prince Boateng, prelevato dal Portsmouth. Il centrocampista ghanese è dunque a tutti gli effetti un giocatore rossoblù. Nel frattempo, però, lui si sta dirigendo a Milanello, pronto ad allenarsi con quelli che saranno i suoi nuovi compagni. È la strana vicenda di KPB, giocatore del Genoa solo per un giorno e solo sulla carta. Comprato il 17, rivenduto il 18, senza nemmeno passare da Genova. Tutto ha origine al Mondiale in Sudafrica: Enrico Preziosi resta colpito dalle sue prestazioni con il Ghana, segna il nome sul taccuino e va a comprarlo dal Portsmouth. Anticipando Adriano Galliani, che inizia a pressarlo affinché glielo ceda. I rapporti tra i due sono ottimi, l’accordo viene trovato senza problemi: addirittura il Genoa dà il permesso a Boateng di andare ad allenarsi con il Milan prima ancora che vengano compilate le scartoffie di rito per la sua cessione. Cambio di scena: 28 febbraio 2011, Milan-Napoli, i rossoneri (lanciati verso lo scudetto) segnano e le telecamere inquadrano Galliani in tribuna mentre manda un bacio a qualcuno. “Era per Preziosi”, svelerà, “perché ha segnato Boateng, e quella di quest'estate è stata un’operazione particolarissima, nata tra me e lui”.

17 agosto 2010: Boateng al Genoa. Firma e va al Milan
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16 agosto 2003: il marziano Kakà atterra a Milano

Il marziano, così lo definì Ancelotti dopo il primo allenamento, atterrò tra noi il 16 agosto 2003, a Malpensa. Aveva 21 anni, era accompagnato dal papà Bosco e da un nome, Kakà, che portò anche qualche addetto ai lavori a fare della facile e stupida ironia. “Con quel nome potrebbe avere qualche problema in Italia”, disse ad esempio Luciano Moggi. I problemi, Kakà, li causerà agli altri. Sbarca con quella faccia da bravo ragazzo, gli occhialini da studente universitario, pettinato con la riga. In campo si trasforma. La cosa più buffa è che, nonostante il Milan abbia speso 8,5 milioni per strapparlo al San Paolo, in pochissimi possono dire di conoscere veramente Ricardo Izecson dos Santos Leite, e tra questi non c’è nemmeno Carlo Ancelotti, il suo nuovo allenatore. “Io, Kakà, non l’avevo mai visto, neppure in cassetta”, svelò anni dopo Carletto. “Un giorno in conferenza stampa mi hanno chiesto di lui, le sue caratteristiche e come avrebbe potuto giocare. Ho cercato di arrangiarmi, affidandomi ai racconti che mi avevano fatto: ‘È un buon centrocampista, può giocare anche trequartista, è abbastanza lento, ha una bella presenza. Insomma, assomiglia un po’ a Toninho Cerezo’. Avevo giocato con Cerezo e, da come mi avevano descritto Kakà, il paragone ci poteva stare”.

16 agosto 2003: il marziano Kakà atterra a Milano

15 agosto 2019: Balotelli “figliol prodigo” al Brescia

La svolta a Ferragosto, ci piace immaginare dopo una grigliata in famiglia che gli fece pensare: perché mai dovrei andarmene in Brasile quando potrei tornare a casa? Nell’estate 2019 Mario Balotelli si è svincolato dall’Olympique Marsiglia e il Flamengo si è messo in testa di portarlo a Rio de Janeiro. L’offerta che gli presenta è di quelle difficili da rifiutare: ingaggio da 5,4 milioni per un anno e mezzo di contratto, più 10 milioni “bonus” alla firma. Come se non bastasse, gli propongono di trovare un posto anche per il fratello Enock, in una squadra delle serie minori brasiliane. Nel caso dovesse sentirsi solo o avere nostalgia di casa. Balotelli è praticamente convinto, la conferma arriva anche da Gabigol – la meteora interista tornata a risplendere in Brasile – che lo chiama ogni giorno e annuncia: “Ci sentiamo di continuo, lui vuole venire”. Insomma, è fatta. Poi, si sa come funziona il mercato, tutto può cambiare nel giro di un’ora. E Supermario a Ferragosto ascolta il cuore. Perché portarsi casa (il fratello) in Brasile quando puoi andare direttamente tu a casa? Casa per Balotelli è Brescia, la città in cui è cresciuto, e quando il presidente Cellino presenta la sua offerta Mario dimentica il Brasile. Firmerà ufficialmente tre giorni dopo, tra annunci festosi, sorrisi e pacche sulle spalle del figliol prodigo. Finirà dieci mesi dopo, in tribunale, tra accuse reciproche e infinite discussioni.

15 agosto 2019: Balotelli “figliol prodigo” al Brescia
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14 agosto 2020: Ibra porta al Milan "il futuro della Svezia"

Ad un certo punto scomparve. Ma non tanto per dire: nel vero senso della parola. Non si sapeva più dove fosse finito. Non rispondeva ai messaggi degli amici, irreperibile per il club e per i compagni di squadra, tutti preoccupati. Dopo 14 giorni così, Emil Roback si fece vivo e spiegò: “Ultimamente non mi sento bene, anzi sto molto male. Avevo la sensazione di non avere la testa al posto giusto e mi sono chiuso in me stesso. Probabilmente non era la cosa giusta da fare, ma è andata così”. La depressione non guarda in faccia a nessuno: puoi anche avere solo 21 anni ed essere ritenuto un astro nascente del calcio come nel caso del giovane svedese pupillo di Ibrahimovic. Proprio Zlatan, pochi anni prima di quella “scomparsa”, aveva consigliato al Milan di prenderlo dall'Hammarby (club di cui era diventato azionista) definendolo “il futuro della Svezia”. Giusto per non mettergli pressione addosso. Ma si sa: a gente come Ibra la pressione serve come l’ossigeno; per altri è mancanza d’aria. Il 14 agosto 2020 il Milan fa suo il futuro della Svezia per un milione e mezzo di euro. Roback all’epoca ha 17 anni ed è “un bomber naturale” (parole del Ct della Svezia Under 16  dopo che in una sfida con i pari età norvegesi ne ha segnati tre in 18 minuti). Anche Arsenal e Bayern si erano innamorate di quel ragazzino di quasi un metro e novanta dal destro fulminante, ma Ibra aveva anticipato tutti. Aggregato alla Primavera in attesa del grande salto, con il Milan dei grandi non andrà oltre qualche minuto finale in campo in una gara di Coppa Italia contro il Genoa, regalo di Pioli. Poi tutto precipita: le aspettative troppo alte, il fiore che non sboccia, il prestito al Norrkoping (in Svezia), la depressione. Nell’estate 2024, a 21 anni, è ripartito dal campionato thailandese.

14 agosto 2020: Ibra porta al Milan "il futuro della Svezia"

13 agosto 2007: il "galactico" Cassano alla Sampdoria

L’avevamo lasciato con quella specie di pellicciotto addosso (oltre a qualche chilo di troppo) felice di mostrare la maglia del Real Madrid che l’aveva eletto Galactico strappandolo alla Serie A. Era il gennaio 2006, quello del Real è un treno che passa una volta sola e Fantantonio ci salì al volo. Durò veramente poco: dopo appena una stagione e mezza (racimolando una trentina di presenze in tutto a fronte di 4 gol), Antonio Cassano capisce che a Madrid il suo ruolo sarà sempre marginale e prepara la valigia. “Mi volevano il Liverpool e la Juventus, ma io avevo già un accordo verbale con Preziosi per andare al Genoa”, ha svelato lui stesso anni dopo. “Poi mi ha chiamato Riccardo Garrone e in due minuti di telefonata ho deciso che sarei diventato un giocatore della Sampdoria”. Un colpo di fulmine che lo porta a Genova, sponda blucerchiata, il 13 agosto 2007, quando viene trovato l’accordo con la regia dell’allora ad della Sampdoria Beppe Marotta: prestito gratuito con diritto di riscatto e stipendio (che Cassano si è ridotto) pagato per due terzi dal Real (2,5 milioni dei quasi 4 complessivi). Maglia numero 99, entusiasmo dei tifosi alle stelle, Antonio che torna “Fanta”. Negli anni però fornirà due versioni piuttosto contrastanti riguardo l’addio al Real. La prima: “Lasciare il Real fu l’errore più grande della mia carriera”. L’altra: “Vado via dal Real e arrivo alla Samp dove incontro mia moglie: non potevo fare scelta migliore”.

13 agosto 2007: il "galactico" Cassano alla Sampdoria
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12 agosto 2000: Vampeta all'Inter, un colpo coi baffi

Arriva con in tasca la lettera di raccomandazione di Ronaldo, e scusate se è poco (specie in casa Inter). Ma probabilmente non ne avrebbe avuto bisogno, dato che in quel momento era il perno della nazionale brasiliana: nell’estate del 2000, quando l’Inter compra Vampeta dal Corinthians pagandolo 30 miliardi di lire, nessuno si scandalizza. Affare chiuso il 12 agosto, anche se il brasiliano impiegherà altri dieci giorni per sbarcare fisicamente a Milano, e il suo primo approccio con San Siro non coinciderà con una serata di festa. Ma andiamo con ordine. Marcos André Batista Santos, per tutti più semplicemente Vampeta, è un “pauroso crack”: così titola la Gazzetta dello Sport per presentarlo, e con il senno di poi possiamo dire che fu profetica, se per pauroso vogliamo intendere “da incubo”. Baffetto alla Clark Gable, stiloso fuori e dentro il campo, dove si distingue per passo felpato e movenze sinuose. Semplicemente “lento”, diremmo oggi. Oltre ai titoloni, lo accompagnano le etichette degli addetti ai lavori. Oriali, all’epoca dirigente nerazzurro: “Un campione”. Luxemburgo (Ct del Brasile): “Un po’ Rivelino e un po’ Dunga”. Antognoni (che da dirigente viola lo aveva trattato per portarlo alla Fiorentina): “Un Tardelli moderno”. Sarà un flop in piena regola. Arrivato a Milano assiste dalla tribuna al drammatico pari contro l’Helsingborg che estromette l’Inter dalla Champions ai preliminari; alla prima in campo perde la Supercoppa contro la Lazio (andando anche in gol!). E dopo sei mesi di panchine, a gennaio, arriva la cessione, “a pezzi”: l’Inter cede metà del suo cartellino al Psg per Dalmat, e a giugno vende l’altra metà al Flamengo (che compra anche la metà dei parigini) in cambio di Adriano. Tutto sommato, unendo i pezzi, non un cattivo affare.

12 agosto 2000: Vampeta all'Inter, un colpo coi baffi

11 agosto 2005: Guardiola al City (da giocatore) non supera il provino

Pep Guardiola era stato al Manchester City 11 anni prima di arrivare al Manchester City. Da giocatore, nel 2005; ma pochissimi lo sanno o lo ricordano, perché si trattò solo di un provino, al termine del quale non si trovò l’accordo. Lo svelò lo stesso allenatore catalano nel 2016, appena arrivato al City (in quel caso per fare l’allenatore), raccontando l’aneddoto con grande autoironia. "Il mio sogno a quel tempo era giocare in Premier League. Arrivai a 33-34 anni e in quel periodo la mia condizione fisica era decisamente un disastro”. E così l’11 agosto 2005 Pep viene aggregato per un periodo di prova alla squadra allenata da Stuart Pearce, l’ex bandiera del Nottingham Forest noto col soprannome di Psycho per il modo con cui si prendeva cura degli attaccanti avversari. Pochi giorni dopo, Guardiola rifiuterà la proposta del City e si trasferirà in Messico, ai Dorados (club scelto anche per avere l’opportunità di apprendere da un maestro della panchina come Juanma Lillo). Nessun rancore, comunque. “Pearce aveva ragione. Senza dubbio”, ammetterà Guardiola. "Mi aveva offerto solo sei mesi, non una stagione intera come avrei voluto. Ho dovuto pensare alla famiglia, e alla fine ho deciso di non firmare. Ma Pearce prese la decisione giusta: fu così intelligente da non prendermi”.

11 agosto 2005: Guardiola al City (da giocatore) non supera il provino
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10 agosto 2018: la magica presentazione di Cazorla al Villarreal

Apparì, nel vero senso della parola. Un attimo prima non c’era, un attimo dopo eccolo lì davanti a un intero stadio che si chiede come abbia fatto a comparire in mezzo al campo dal nulla. In quella che negli anni è diventata una sorta di gara a chi si inventa la presentazione più strana, il Villarreal resta al comando grazie alla geniale idea di affidare a un mago l’ingresso in scena di un altro mago, come era Santi Cazorla. Nei giorni precedenti, #VuelveLaMagia è l’hashtag con cui il club spagnolo celebra il ritorno a casa del suo campione, tornato nel club che lo ha visto crescere e diventare grande dopo le stagioni in Premier all’Arsenal. Ma nessuno può immaginare quello che accadrà all’Estadio de la Ceramica, palcoscenico scelto per il numero di magia. Un cilindro di vetro vuoto sul prato verde, poi il fumo e all’interno la figura di Cazorla che si materializza, con il giocatore in carne e ossa che poi esce per salutare il pubblico. Come la batti una presentazione così?

10 agosto 2018: la magica presentazione di Cazorla al Villarreal

9 agosto 2016: De Boer si presenta all'Inter provando a fare il Mou

Una rivoluzione ad agosto: non esattamente l’ideale nel mondo del calcio, dove agosto è il mese in cui iniziano le stagioni. Eppure è ciò che succede in casa Inter nell’agosto 2016: convinti di poter contare ancora su Roberto Mancini, tornato l’anno prima in corsa per sistemare le cose dopo la parentesi Mazzarri, l’allenatore si dimette a sorpresa, in rotta con la nuova proprietà cinese. Sono le 11:32 dell’8 agosto, mancano 13 giorni all’inizio del campionato, ma almeno non si può dire che l’Inter perda tempo: come se fosse già pronto con la valigia in mano (e probabilmente lo era), la sera stessa Frank De Boer atterra a Milano, e il giorno dopo è già davanti ai microfoni per la presentazione ufficiale. In cui fa un po’ quello che la sa lunga (“Grazie alle nostre idee i giocatori possono imparare molto rapidamente”: non è un plurale maiestatis, semplicemente parla sempre a nome di tutto il suo staff), spiega la sua ricetta (“Abbiamo una nostra filosofia e i giocatori devono credere nella nostra filosofia”), risponde ai giornalisti in modo poco conciliante: “Se temo la pressione di San Siro? Ma lei è mai stato all’Amsterdam Arena?”. Insomma, prova a fare un po’ il Mourinho ma senza riuscire a risultare altrettanto simpatico, o per lo meno magnetico. Curiosità: in quei giorni, tra le idee della proprietà interista c’è quella di inserire nello staff di De Boer anche Cristian Chivu, che ha dato l’addio al calcio nel 2014 e che ha incrociato l’allenatore olandese all’Ajax, per dargli una mano anche dal punto di vista linguistico, ma poi non se ne fa niente.

9 agosto 2016: De Boer si presenta all'Inter provando a fare il Mou
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8 agosto 2024: Scamacca ko, l’Atalanta prende Retegui (4 giorni dopo)

Velocità di pensiero e di azione sono fondamentali in campo ma possono essere utili anche sul mercato. Metti che ti si rompe il tuo attaccante titolare nel bel mezzo della preparazione estiva: che fai? Se sei l’Atalanta, non perdi tempo e vai a comprarti il prossimo capocannoniere della Serie A. Si è detto spesso di come la Dea, con idee chiare e grande capacità di programmazione, abbia costruito il piccolo gioiello che è arrivata a essere. Ma la prova superata a pieni voti nell’estate 2024 è un bacio accademico dopo le tante lodi ricevute. Dopo una prima e ottima stagione con la maglia nerazzurra, Gianluca Scamacca si appresta a confermarsi il punto di riferimento dell’attacco dell’Atalanta. È il 4 agosto 2024, però, quando nel corso di un’amichevole con il Parma il suo ginocchio fa crack. Almeno sei mesi di stop. Ma una Dea non si piange addosso: reagisce. Il tempo di guardarsi attorno e l’obiettivo è presto individuato: Mateo Retegui del Genoa, 7 gol in 29 partite nella stagione appena conclusa (in cui Scamacca ne ha fatti 12, sempre in 29 gare). La trattativa è praticamente inesistente: niente prestiti, riscatti, diritti, controriscatti… L’Atalanta bussa alla porta del Genoa portando con sé 21 milioni e l’8 agosto (quattro giorni dopo il ko di Scamacca), Retegui veste il nerazzurro a titolo definitivo. Finisce con l’ennesimo campionato sorprendente della Dea, finisce con Retegui capocannoniere (25 gol, record per un giocatore dell’Atalanta in un singolo campionato), finisce che arrivano gli arabi, offrono 68 milioni e Retegui passa all’Al-Qadsiah dopo un solo anno. Plusvalenza da quasi 50 milioni per la Dea: sul mercato in pochi le possono dare lezioni

8 agosto 2024: Scamacca ko, l’Atalanta prende Retegui (4 giorni dopo)

7 agosto 2022: il Bologna dice no al Manchester United per Arnautovic

C’è stata un’estate in cui il Bologna si è permesso di dire no al grande Manchester United. È quella del 2022: Marko Arnautovic ha da poco chiuso la sua stagione del riscatto, della rinascita in Serie A, e lo United – a caccia di un centravanti – fa il suo bel sondaggio certo che al fascino della maglia e dei soldi dei Red Devils non si possa resistere. E invece il Bologna chiude la porta, dicendo no a un’offerta di 8 milioni per l’austriaco ripescato solo un anno prima dalla Cina, dove pareva a tutti fosse andato a chiudere una carriera che aveva avuto come picco il Triplete da spettatore con l’Inter. Ma a Bologna Arnautovic è rinato (14 gol nella stagione 2021/22, suo picco in carriera mai più toccato) e sta bene, e allora perché cambiare ancora? Il feeling con il gol è ottimo così come quello con Sinisa Mihajlovic, l’allenatore che gli parla sempre della sua Stella Rossa e al quale fa una promessa: “Un giorno indosserò anch’io quella maglia”.

7 agosto 2022: il Bologna dice no al Manchester United per Arnautovic
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6 agosto 2015: Milinkovic-Savic alla Lazio (dopo le lacrime viola)

Anche i Sergenti piangono. Sergej Milinkovic Savic, detto il Sergente, lo aveva dimostrato qualche giorno prima, il 25 luglio, nella sede della Fiorentina. Ci era entrato non del tutto certo di voler firmare con i viola, ma ormai era lì, e che vuoi fare? Non farai mica saltare tutto… Passo indietro: SMS è ancora un giovane semisconosciuto che gioca nel Genk, in Belgio, quando la Lazio gli mette gli occhi addosso, senza però chiudere l’affare. Entra in gioco allora un intermediario, che d’accordo con papà Nikola trova l’accordo con la Fiorentina, pronta a versare 6 milioni al Genk. La Lazio allora prova ad alzare l’offerta, portandola a 10 milioni, ma ormai è stata data la parola ai viola. Il 25 luglio 2015, Milinkovic-Savic parte e verso le 12 sbarca a Firenze: un giro per la città, un saluto ai futuri compagni di squadra e all’allenatore, Paulo Sousa, prima di dirigersi in sede per la firma. Qui, alle 16, succede quello che non ti aspetti: Milinkovic-Savic scoppia in lacrime, non è convinto e chiede altro tempo per riflettere. La Fiorentina comprensibilmente non la prende bene: “Non preghiamo nessuno”, il commento del ds Pradè. Salta tutto, torna in corsa la Lazio, che nella notte tra il 30 e il 31 luglio trova l’accordo con il Genk. Il 6 agosto Sergej sbarca nuovamente in Italia, stavolta alla Lazio. Stavolta col sorriso.

6 agosto 2015: Milinkovic-Savic alla Lazio (dopo le lacrime viola)

5 agosto 1996: Sforza all’Inter, ricordato per un pigiama

È triste dover constatare come il motivo principale per cui ancora oggi viene ricordato in Italia sia la citazione in un film, peraltro comico, in cui la sua maglia numero 21 viene usata come pigiama da un Giacomino che si trascina in ciabatte lungo il corridoio di un ospedale dove è stato ricoverato dopo un’intossicazione alimentare da cozze. C’è ben poco di eroico, ancor meno di poetico, nel quadretto dipinto da Aldo, Giovanni e Giacomo in “Tre uomini e una gamba”. E lui, Ciriaco Sforza, ci si è trovato dentro semplicemente perché “quella di Ronaldo era finita”, battuta che in un amen lo consegna alla storia, quando invece con un intero anno in nerazzurro era passato quasi inosservato. Un pigiama, e pure di ripiego. All’Inter lo vuole Roy Hodgson (adorato da Moratti, nonostante ne abbia combinata più di una: imperdonabile la “cacciata” di Roberto Carlos), che lo aveva già apprezzato da Ct della Svizzera. Sei miliardi di lire al Bayern Monaco, il 5 agosto la firma e le foto di rito: seria nella sala delle Coppe (che non contribuirà ad arricchire), più scherzosa dietro a una lavagna con su scritto “Sforza Inter”, classica con in mano la maglia che sarà pigiama di Giacomo Poretti.

5 agosto 1996: Sforza all’Inter, ricordato per un pigiama
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4 agosto 2019: Lukaku è della Juventus per un giorno

C’è stato un giorno, uno solo, in cui Lukaku è stato della Juventus. Precisamente il 4 agosto del 2019. Tutto fatto, quasi ufficiale, Lukaku dal Manchester United ai bianconeri: “manca solo la firma”, ma quelli sono dettagli. E invece… e invece chi aveva fatto tutto non aveva fatto i conti con l’oste, nel caso specifico Paulo Dybala, che fa saltare l’intero piano rifiutando il trasferimento al Manchester United. Sì, perché l’affare apparecchiato dal dg bianconero Paratici prevedeva uno scambio con i Red Devils: la Joya a Manchester e Lukaku alla Juve (a creare un tandem d’attacco con Cristiano Ronaldo) con tanto di conguaglio a favore dei bianconeri, visto che Dybala è valutato 15 milioni in più del belga. Peccato che Dybala non ci stia a passare per la pedina di scambio e si metta di traverso. Per non parlare dell'intermediario Jorge Antun, che fiutando l’affare inizia a pretendere commissioni altissime (15 milioni), tirando troppo la corda e finendo per spazientire gli inglesi. Terminata la sua giornata da attaccante della Juve, lo sconsolato Lukaku riceverà una telefonata da Antonio Conte, appena approdato sulla panchina dell’Inter, firmando con i nerazzurri cinque giorni dopo. “In Italia l’Inter è sempre stata la mia squadra di riferimento: guardavo Adriano, Ronaldo, Vieri”, dirà. “È sempre stata la squadra che volevo”.

4 agosto 2019: Lukaku è della Juventus per un giorno

3 agosto 2017: Neymar al Psg "droga" il mercato

Servì un contratto di 19 pagine per contenere tutte quelle clausole. E servirono quasi cinquecento milioni di euro (489.228.117 euro, per la precisione) per chiudere l’affare. Tanto costò Neymar al Psg nell’estate del 2017, quella in cui gli sceicchi parigini si misero in testa di portare in Francia il campione brasiliano del Barcellona. Ai blaugrana andarono 222 milioni (colpo più costoso di tutti i tempi), ai quali vanno aggiunti i 30 milioni netti all'anno per sei anni per O Ney, oltre a premi vari in base ai risultati, bonus, auto, ville, elicotteri e tutte quelle cose accessorie con cui si possono riempire 19 pagine di contratto. Il problema è che un affare del genere finì per “drogare” il mercato per il resto della sessione, dato che appena il Barcellona si presentava a bussare alla porta di qualche altro club per cercare il sostituto di Neymar, subito veniva identificato come “quello che ha appena incassato 222 milioni”. Vanno dal Liverpool a chiedere Coutinho e quelli glielo fanno pagare 135 milioni; chiedono al Dortmund Dembelé e anche i tedeschi gli spillano altri 135 milioni. A loro volta, forti del mega incasso in arrivo, i Reds avevano già girato 85 milioni al Southampton per Van Dijk. Valutazioni obiettivamente esagerate, gonfiate da quel borsone di soldi arabi immesso sul mercato, che per un’estate ha creato un effetto-domino basato su una legge della finanza molto semplice: “So che hai i soldi, e dunque il prezzo sale”.

3 agosto 2017: Neymar al Psg "droga" il mercato
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2 agosto 2018: Bonucci torna alla Juve dopo la "scelta sbagliata”

La definì “una scelta sbagliata fatta in un momento di rabbia”. Come un amante ferito, che tradisce per ripicca. Salvo poi pentirsi e fare marcia indietro. Protagonista del romanzo d’amore Leonardo Bonucci, colonna della BBC della Juventus dal 2010 al 2023 con una sola “macchiolina” rossonera a sporcare quel bel matrimonio. Stagione 2017-18, gli screzi tra Leo e Allegri lo portano a cedere dinanzi alla corte del Milan, che in estate lo lusinga con un ruolo da leader della difesa e la fascia da capitano. Lui d’istinto accetta, pronunciando la fatidica frase al suo arrivo in rossonero, quella sugli equilibri che avrebbe contribuito a spostare. Il 2 agosto 2018, dopo un anno in cui non ha spostato granché (scudetto ancora alla Juve, l’unico della collezione dei 9 di fila che manca a Bonucci), tre mesi dopo aver perso la finale di Coppa Italia contro i suoi ex compagni (Juve-Milan 4-0), Leo chiede di poter tornare all’ovile. La Juve, che un’estate prima aveva incassato 42 milioni, lo riprende per 35 milioni, in uno scambio con Caldara. Tradimento perdonato: amici, anzi amanti, come prima.

2 agosto 2018: Bonucci torna alla Juve dopo la "scelta sbagliata”

1° agosto 2005: il Benfica ipoteca 5 giocatori per pagare lo stadio

“Pana, ti abbiamo ipotecato”. “In che senso, Pres? Mi avete venduto?”. “No, no, tranquillo. Per ora ti abbiamo solo ipotecato…”. Immaginate cosa può aver pensato (e capito) il povero Panagiotis Fyssas quando, nell’estate del 2005, il Benfica gli comunica di averlo messo sul mercato in una maniera del tutto particolare. Lui e altri quattro, per la precisione il centrocampista della nazionale portoghese Armando Petit, l’attaccante brasiliano Geovanni, il difensore francese Manuel Dos Santos e l’attaccante portoghese Carlitos Cunha. Ma partiamo dall’inizio. Il Benfica, tornato a vincere il titolo dopo 11 anni (con Trapattoni in panchina), attraversa una crisi economica gravissima. La mazzata gliel’ha data l’investimento sullo stadio, il Da Luz, rimesso a nuovo in occasione dell’Europeo del 2004 (e dove il greco Fyssas, in finale, ha festeggiato il successo con la sua nazionale). Il club è ancora in debito di 16 milioni di euro con l’impresa edile, la Somague, e allora ecco l’idea: il Benfica sceglie cinque giocatori dalla sua rosa e li offre come “garanzia di pagamento”. In sostanza l’accordo prevede che se il club non paga una rata, la Somague si prende il cartellino di un giocatore. Per farsene cosa, poi, vallo a capire. Chi glielo dice a Fyssas che deve imparare a maneggiare spatola e cazzuola? E così, dopo i pagamenti spalmati e i prestiti con obbligo ci si inventa anche questa formula creativa…


(Volete sapere come è andata a finire? Alla fine il Benfica non deve sacrificare nessun giocatore, ma proprio in quella estate Fyssas saluta e se ne va agli Hearts, in Scozia. Forse non sentiva grande fiducia attorno a sé)

1° agosto 2005: il Benfica ipoteca 5 giocatori per pagare lo stadio
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31 luglio 2020: Osimhen al Napoli. “Non farà 25-30 gol”

“Seguivamo Osimhen da tempo, mi hanno convinto a fare questo sacrificio. Ma non è un giocatore da cui ci dobbiamo aspettare tutto e subito, non è uno che fa 25-30 gol”. Diciamo la verità: quando nell’estate 2020 De Laurentiis spende 75 milioni di euro per strapparlo al Lille, facendone l’acquisto più caro nella storia del club, e poi lo presenta con queste parole, in pochi immaginano che possa essere l’attaccante che riporterà a Napoli lo scudetto. Da quelle parti, negli ultimi tempi, hanno visto gente come Cavani, Higuain, Mertens: tutti ci hanno provato a suon di gol, tantissimi gol, e in certi casi ci sono andati anche vicino. Ma alla fine lo scudetto è rimasto sempre un sogno. La storia di Osimhen sembra destinata a seguire lo stesso copione, con la differenza che il nigeriano pare anche più impreciso dei suoi predecessori davanti alla porta, come profetizzato da ADL: 10 gol nel primo campionato di A, 14 nel seguente, nel corso del quale si frattura uno zigomo in una gara contro l’Inter. Da lì inizia a indossare la maschera: nella stagione seguente ha i superpoteri. Capocannoniere del campionato con 26 gol, Napoli trascinato fino alla vittoria dello scudetto che mancava dai tempi di Maradona. Un nuovo idolo in città, al quale vengono dedicate pizze, torte, uova di Pasqua (basta metterci su una maschera e il gioco è fatto). Finché non inizia a fare i capricci, nell’estate sbagliata: quella in cui arriva Antonio Conte. Curioso che la sua storia con il Napoli termini ufficialmente cinque anni dopo esatti: sempre per 75 milioni, la firma con il Galatasaray.

31 luglio 2020: Osimhen al Napoli. “Non farà 25-30 gol”

30 luglio 1998: Bartelt “il bello” fa innamorare la Roma

Bello, biondo e spietato in area. Pareva averle tutte, Gustavo Javier Bartelt, quando la Roma si innamorò di lui. Nell’estate 1998 Zeman chiede un attaccante a Franco Sensi, e lui si fa in quattro per regalargliene due. Su un tavolo porta avanti un’estenuante trattativa con il Monaco per Trezeguet, arrivando a offrire anche 36 miliardi di lire per l’attaccante francese che è ancora solo una promessa (l’Euro-golden-gol all’Italia arriverà due anni più tardi), su un altro chiude rapidamente per Bartelt, 23enne argentino del Lanus detto “el Facha”, “il Bello”. Capelli lunghi e biondi, viso d’angelo, ma non fatevi ingannare. “Trezeguet è il preferito di Zeman da mesi”, conferma Sensi alla stampa, “ma di Bartelt ha avuto relazioni e visto filmati che lo hanno fatto impazzire. Io li porto a casa tutti e due: starà a lui trovare i giusti equilibri tra spogliatoio e campo”. Alla fine arriverà solo “il Bello”, che nelle prime uscite incanta con il 9 sulla schiena: doppietta all’esordio in amichevole contro il Santos, altro gol nei sedicesimi di Coppa Italia con il Chievo, che resterà l’unico ufficiale della sua breve avventura giallorossa. Più che quello, però, i tifosi ricordano i suoi 16’ da urlo contro la Fiorentina, il 17 ottobre 1998. La Viola del Trap, in quel momento capolista, trova il vantaggio con il solito Batistuta e lo conserva fino al minuto 89, quando accade l’impensabile. Bartelt, entrato al 78’ per Delvecchio, si scatena, salta mezza difesa viola in dribbling e regala ad Alenichev la palla dell’1-1. Non contento, e sempre più indemoniato, al 94’ propizia anche il gol con cui Totti la ribalta. Highlights del Bartelt che Zeman doveva aver visto nelle videocassette estive. A fine partita scambia la maglia con l’imbronciato connazionale Batistuta, a cui ha rubato la scena, e umilmente dichiara: “Tornare in panchina dopo una partita così? Nessun problema”. Purtroppo per lui Zeman gli dà ascolto.

30 luglio 1998: Bartelt “il bello” fa innamorare la Roma
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29 luglio 2024: Calafiori all’Arsenal fa guadagnare 3 club

Una sola firma, tre club che incassano. Potere di Riccardo Calafiori, che fa il miracolo di moltiplicare i guadagni al termine della sua stagione da Re Mida. Persino il deludente Europeo del 2024, che vede l’Italia uscire agli ottavi contro la Svizzera, ci consegna una piccola nota lieta: la Nazionale può contare su Calafiori. Lui, l’ex ragazzo che aveva quasi visto sfumare una carriera (gravissimo infortunio al ginocchio quando era una promessa della Roma di 17 anni), è risbocciato a Bologna consacrandosi come uno dei migliori difensori italiani. In pochi escono dalla linea e avviano il gioco con tanta sicurezza (all’Europeo, nell’ultima e decisiva gara del girone contro la Croazia, il suo passaggio illuminante che manda in gol Zaccagni al minuto 98 è roba da trequartista puro) e dopo Spalletti se ne accorge anche Arteta. Una cinquantina di milioni sul piatto e Calafiori vola all’Arsenal, sesto italiano più costoso di sempre. Come detto, lui è così generoso che fa guadagnare ben tre club: in primis il Bologna, che lo aveva pagato appena 4 milioni un’estate prima al Basilea; poi il Basilea, 23,5 milioni in virtù di una clausola sulla futura rivendita per cui avrebbe preso il 50% della plusvalenza fatta dal Bologna; e infine anche la Roma, 9 milioni circa, di cui 8 dal Basilea, dato che al momento della cessione agli svizzeri a sua volta si era riservata il 40% sulle future rivendite.

29 luglio 2024: Calafiori all’Arsenal fa guadagnare 3 club

28 luglio 1994: Marcio Santos in Viola con "clausola Sharon Stone"

Nel 1992 esce "Basic Instinct", film che consegna Sharon Stone alla storia del cinema grazie a un semplice accavallamento di gambe. Tra gli spettatori rimasti incantati da tanta grazia c’è un 23enne brasiliano, professione difensore, appena sbarcato in Europa, al Bordeaux. Già nel giro della Seleçao, Marcio Santos non sembra avere grandi chance di partecipare al Mondiale del 1994, e invece… tutto inizia ad accadere rapidamente, tutto inizia a girargli a favore. Come se fosse in un film, di cui è il protagonista. Nel giro di poche settimane, quando il Ct Parreira si appresta a fare le convocazioni per Usa ’94 , gli infortuni di Mozer, Ricardo Gomez e Ricardo Rocha gli spalancano le porte del Mondiale, che vivrà e vincerà da titolare della difesa accanto a una colonna come Aldair (sbagliando nella finale contro l’Italia l’unico rigore della serie fallito dal Brasile). Finito il Mondiale, si accorgono di lui in tanti, tra cui la neopromossa Fiorentina di Ranieri, pronta a tornare subito grande. E quando Marcio Santos viene a sapere che il presidente, Vittorio Cecchi Gori, è anche un famoso produttore cinematografico, prova a giocarsi la sua carta per realizzare il sogno proibito di conoscere Sharon Stone. Nasce così la “scommessa” tra i due: “Se quest’anno segni 7 gol ti organizzo una cena con Sharon Stone”, promette Cecchi Gori al momento della firma, “bonus” che passerà alla storia come uno dei più folli del mercato. Inutile dire che nel corso della stagione Marcio Santos farà di tutto per mandare la palla in rete, riuscendo a cacciarla un paio di volte in quella giusta e altre due in quella viola. Anche contando le autoreti, però, il conto resterà fermo a 4: troppo poco anche per un aperitivo.

28 luglio 1994: Marcio Santos in Viola con "clausola Sharon Stone"
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27 luglio 2009: Ibra vuole la Champions e va al Barça

«Ehi, Ibra!»
«Sì?»
«Tu vai al Barça per vincere la Champions, vero?»
«Sì, un po’ forse anche per quello»
«Ma sai, saremo noi a portarcela a casa, non dimenticarlo. Saremo noi»


Fu questo l’ultimo dialogo tra Zlatan Ibrahimovic e José Mourinho (lo racconta lo stesso Ibra nella sua autobiografia), prima che lo svedese lasciasse l’Inter per approdare nel Barcellona dei fenomeni (e di Guardiola) con l’intento dichiarato di andare a vincere la Champions che in nerazzurro gli era sempre sfuggita. Un’ossessione, la chiamerebbe José, profetico come non mai nell’occasione. Per Ibra si rivelerà una scelta infelice (zero Champions, tanti problemi con Guardiola, fino a desiderare di scappare via da quell’ambiente), per l’Inter e per Moratti l’affare della vita: in cambio di Zlatan arrivano Eto’o e una montagnetta di soldi, entrambi fondamentali per costruire la squadra che andrà a vincere proprio quella coppa tanto desiderata da Ibra. Il 27 luglio è il giorno della presentazione di Ibrahimovic al Barcellona: il sorriso soddisfatto, il celebre bacio alla maglia, quelle dichiarazioni forse un filo esagerate. “Nessuno è più felice di me in questo momento”, “Qui voglio fare la storia”. Intanto Moratti, “costretto” a rinunciare al suo campione, fa un’unica richiesta al momento della stretta di mano con Laporta: vuole togliersi lo sfizio di “battere” il Milan, che aveva appena venduto Kakà al Real Madrid per 65 milioni. Con Eto’o valutato 20 milioni, ne chiede allora 46 cash. Né 45 né 50: quarantasei. 46+20=66, uno in più dei cugini rossoneri. Nemmeno Peppino Prisco sarebbe arrivato a pensarla.

27 luglio 2009: Ibra vuole la Champions e va al Barça

26 luglio 2016: Higuain alla Juventus, la rabbia di Napoli

È una Juve spietata in quegli anni: in campo e sul mercato. Nell’estate 2016, dopo un campionato in cui Napoli e Roma hanno provato a impensierirla (ma chiuso dai bianconeri con il quinto titolo di fila), la Vecchia Signora mette in atto una strategia infallibile: rafforzarsi indebolendo le dirette concorrenti. Dalla Roma prende Pjanic (32 milioni), dal Napoli il “Pipita” Higuain, reduce dalla sua miglior stagione in carriera a livello realizzativo (36 gol in 35 partite di A), dal record di gol in un singolo campionato di A (superato il primato di Nordahl con la tripletta al Frosinone all’ultima giornata) e ovviamente dal titolo di capocannoniere. Visite mediche in gran segreto a Madrid il 23 luglio, poi Marotta chiama De Laurentiis: “Paghiamo la clausola”. I 90 milioni di euro versati dalla Juve al Napoli lo rendono il colpo dell’estate, e non solo: all’epoca è il più costoso nella storia della Serie A, il quarto nella storia del calcio (dopo CR7 al Real, Bale al Real e Pogba al Man United). Senza considerare tutto il “marasma” che genera un’operazione del genere: il 26 luglio 2016 Gonzalo Higuain mostra sorridente la maglia bianconera ai suoi nuovi tifosi; contemporaneamente a Napoli il “tradimento” dell’uomo con cui si pensava di poter coronare il sogno scudetto viene accolto dando sfogo… alla fantasia. In città si vedono cestini della spazzatura rivestiti con la sua maglia, bandiere che lo raffigurano appese ai camion della nettezza urbana, per non parlare di chi la getta direttamente nel water...

26 luglio 2016: Higuain alla Juventus, la rabbia di Napoli
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25 luglio 2019: De Rossi sbarca al Boca Juniors

“Il mio cuore è della Roma, però mi piace tantissimo il Boca”. Una confessione innocente, quella che Daniele De Rossi fa nell’aprile del 2018 rispondendo nel corso di una conferenza alla domanda di un giornalista argentino. E in quel momento nessuno avrebbe mai pensato che, un giorno, il Capitan Futuro giallorosso avrebbe veramente indossato la maglia degli xeneizes e giocato alla Bombonera. Tutto lasciava pensare a una carriera “alla Totti”, vestendo sempre e solo quell’unica maglia; e invece, quando la Roma gli offre un futuro da dirigente ma non il rinnovo per un’altra stagione da giocatore, De Rossi – che nonostante i 36 anni sente di poter ancora dire la sua – decide di coronare quel suo piccolo grande sogno. Dopo 18 stagioni in giallorosso (e 616 presenze, secondo solo a Totti nella storia del club) e un commovente saluto al suo popolo, il 25 luglio 2019 sbarca in Argentina per iniziare un’avventura breve ma intensa. Il giorno dopo firmerà il contratto che lo lega al Boca Juniors per un anno, finirà per giocare solo sei mesi, dando l’addio al calcio giocato il 6 gennaio 2020. Fa in tempo a giocare 7 partite con il Boca (tra cui un Superclasico col River), segnando anche un gol. E se per molti quel “De Rossi al Boca” fu una sorpresa, tanti suoi ex compagni argentini non si stupirono. Tra questi Leandro Paredes, con cui stava alzato la notte per guardare il Superclasico e che “tormentava” con la sua curiosità. “Da quando ho messo piede a Roma mi chiedeva come fosse il Boca”, racconterà l’argentino. Alla fine De Rossi è andato a vederlo di persona.

25 luglio 2019: De Rossi sbarca al Boca Juniors

24 luglio 2000: il grande tradimento di Figo (ignaro della penale)

Una storia d’amore che termina con il lancio di una testa di maiale in campo. Eh no, i tifosi del Barcellona non l’avevano presa per niente bene. Quello che va in scena nell’estate del 2000 è ricordato ancora oggi come il “grande tradimento”, forse il più imperdonabile nella storia del calcio, se esistesse un tradimentometro e si potessero classificare. Protagonista Luis Figo, che dal Barcellona passa agli arci-nemici del Real Madrid dopo cinque stagioni in blaugrana da idolo della gente. Regista del colpaccio il solito Florentino Perez, da pochi giorni eletto presidente del club al posto di Lorenzo Sanz. Decisiva, in sede di campagna elettorale, la promessa fatta ai soci: “Eleggete me e io vi compro Figo dal Barcellona”. Verrebbe da pensare che qualcuno gli abbia “concesso” il voto giusto "per curiosità", per andare a vedere se si trattava di un bluff. E invece Florentino aveva davvero in mano la carta Figo (e vedremo con quali "garanzie"), con cui inizia la sua personale collezione di galacticos, presentandolo ufficialmente il 24 luglio. È un trasferimento che fa la storia, e non solo per la cifra (140 miliardi di lire), record all’epoca. Da una parte si stampano e vendono come il pane maglie dei blancos “Figo numero 10”, dall’altra si scolla la scritta “Figo” da quelle blaugrana (succede negli store ufficiali del Barça; molti tifosi optano per la soluzione più rapida, il falò). Anni dopo il giornalista inglese Sid Lowe scavò a fondo nella vicenda, scoprendo il ruolo decisivo giocato dall’agente di Figo, José Veiga, che sottoscrivendo un preaccordo con Florentino Perez aveva accettato la penale che prevedeva il pagamento di una cifra (stimata in circa 30 milioni di euro attuali) se Figo si fosse tirato indietro. Figo lo scoprì a cose fatte: non pagò, e tradì per 30 milioni di denari.

24 luglio 2000: il grande tradimento di Figo (ignaro della penale)
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23 luglio 2014: Astori tra Roma e Lazio, il retroscena da film

Nell’estate 2014, dopo sei stagioni al Cagliari, Davide Astori è pronto per il grande salto in una big. La vicenda – con tanto di “derby” di mercato tra Roma e Lazio – porta con sé un retroscena da film di spionaggio, ben raccontato da Gianluca Di Marzio nel suo “Grand Hotel Calciomercato” e che ci dà un'idea di come funzionino a volte le trattative. Importante sottolineare che in quella fase della carriera Astori veniva seguito da due agenti, Claudio Vigorelli e Renzo Contratto. “La linea la detta il primo dei due, Vigorelli, che ha già stretto la mano al presidente della Lazio Lotito trovando una bozza di intesa verbale”, scrive Di Marzio. I biancocelesti però tentennano, non chiudono, il ds Tare non chiama… “Così il ds del Cagliari, Marroccu, decide furbescamente di agire in ripartenza e sollecita l’altro agente di Astori, Contratto, stuzzicandolo nell’orgoglio. ‘Ma ha fatto tutto Vigorelli? E tu? Scusa, ma perché non provi a sondare un’altra squadra che non sia la Lazio…'”. Contratto ci prova, e chiama la Roma. Il ds giallorosso Sabatini si frega le mani all'idea di soffiare così facilmente il giocatore alla Lazio e poi stringe quella di Marroccu: affare fatto. Dodici ore dopo Marroccu va al contrattacco e rilancia… con la Lazio. "Pare che su Astori ci sia anche la Roma...". Lotito chiama Tare: "Ma a noi interessa Astori?". "No, pres". Via libera alla Roma, allora. Il 23 luglio 2024, nel ritiro estivo dei sardi a Sappada, Astori va in conferenza e accompagnato dal ds annuncia il rinnovo triennale, propedeutico al passaggio in prestito alla Roma. Ma non appena Marroccu si alza da quella sedia, scoppia il finimondo. Lotito lo chiama al telefono, le sue grida gli sfondano i timpani: “Ah Marrò, ma stai a scherzà? Astori deve venire da noi!”. E poi: “Adesso ti raggiunge Tare in ritiro”, che detta così suona come una minaccia. Tempo qualche ora e il ds della Lazio spunta davvero nel ritiro del Cagliari, chiedendo a Marroccu di rimangiarsi la parola data a Sabatini. Ma ormai Astori era della Roma.

23 luglio 2014: Astori tra Roma e Lazio, il retroscena da film

22 luglio 1994: Lalas al Padova, il primo americano in A

Era impossibile non notarlo, al di là delle prestazioni sul campo (comunque più che dignitose, era spesso il migliore dei suoi). Lunga chioma rossa, pizzettone e poi quella maglia con cui gli Stati Uniti si presentarono al Mondiale di casa, nel 1994: color jeans con le stelle bianche. Ci mancava solo che scendesse in campo con la sua amata chitarra appesa al collo, quella con cui fuori dal rettangolo verde si dilettava nei panni della rock star. Alexi Lalas impiegò pochi secondi a diventare un personaggio, poche partite di Usa ‘94 per diventare anche un appetibile uomo mercato. Perché, come detto, al netto delle valutazioni sulle possibili ricadute dell’operazione in termini di visibilità (fu il primo giocatore statunitense in A), il ragazzo giocava anche bene. Difensore centrale senza troppi fronzoli, capace di far valere la stazza anche in zona gol, piedi grezzi ma un cuore grande così. Certo, tatticamente era tutto da impostare (soprattutto per la Serie A) ma il Padova accetta la scommessa. Il 22 luglio 1994 lo sbarco in Italia, dove riesce a non sfigurare conservando il suo approccio “dilettantistico” al calcio, quello che forse andrebbe un po’ recuperato anche oggi. Dopo una sconfitta gli chiesero come si sentisse e lui spiazzò tutti, rispondendo con sincerità, senza la commedia delle frasi fatte, con occhi bassi e tono dimesso che ci si aspetterebbe. “Adesso torno a casa, suono la chitarra, sto con la mia ragazza e tutto si sistema”.

22 luglio 1994: Lalas al Padova, il primo americano in A
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21 luglio 2003: Ronaldinho al Barça (sognando Beckham)

Quando una “semplice” presentazione si trasforma in uno show: roba da pagare il biglietto ed essere felici di averlo fatto. Nell’estate 2003 il Barcellona prende Ronaldinho, il più grande giocoliere al mondo, e naturalmente non si limita alle classiche foto di rito con la casacca in mano. Lo accoglie in un Camp Nou già in delirio, che si scalda ancora di più appena Dinho inizia a dar prova della confidenza che ha con il pallone. Lo tiene in equilibrio sulla fronte, se lo passa dietro la nuca, lo fa scendere dolcemente fino ai piedi e risalire per un bacio, sempre mentre palleggia, sempre col sorrisone stampato in faccia. Un prestigiatore che saprà essere decisivo anche in campo, mettendo la magia al servizio della squadra e dei gol, cosa che spesso si rimprovera di non fare a quelli come lui. La verità è che “come lui” non ne nascono tanti, e che il Barcellona ha fatto l’affare (pagando comunque 30 milioni al Psg) nonostante il suo principale obiettivo fosse un altro: David Beckham. Già comprato dal Manchester United all’insaputa dello Spice Boy, che si ribellò a quella trattativa alle sue spalle e poi scelse il Real.

21 luglio 2003: Ronaldinho al Barça (sognando Beckham)

20 luglio 2002: l'Inter perde Nesta, Vieri lancia il telefonino

Nell’estate 2002 Vieri e l’Inter sono reduci dal trauma dello scudetto sfumato il 5 maggio. “Cerco di superare lo shock e trovare motivazioni per la nuova stagione, mettendomi in testa di portare da noi Alessandro Nesta”, racconterà Bobo nella sua autobiografia. Spiegando nel dettaglio come andarono le cose. “Vengo a sapere che Ale è sul mercato e lo chiamo: ‘Verresti da noi?’. E lui: ‘Sì, nessun problema per me’. Allora vado da Moratti: ‘Presidente, ho chiamato Nesta, ci sta. Mi raccomando, non facciamocelo scappare’". Via alle trattative, dunque, con Vieri che lavora su due fronti: da una parte aggiorna Nesta, dall’altra pressa Moratti. Addirittura, quando il presidente nerazzurro gli comunica di doversi arrendersi di fronte ai costi dell’operazione, Vieri trova una soluzione: “Dico al presidente che ci tagliamo lo stipendio io, Ronaldo e Recoba, i più pagati della squadra. Li rintraccio e facciamo tutto. Telefono al mio procuratore: ‘Mi taglio cinquecentomila euro, pensaci tu’. Dai, è fatta. Ormai aspetto solo di leggere sui giornali che abbiamo preso Nesta. Passano le settimane, e a un certo punto mi arriva un messaggino da un amico che aveva sentito la notizia in radio: ‘Nesta verso il Milan’. Una mattina sono all’ippodromo e mi telefona Mao, il figlio del presidente. ‘Bobo, lo so che sei incazzato, ma Nesta costava davvero troppo. Anche papà è arrabbiato, ma non ti preoccupare: abbiamo preso comunque un campione’. ‘Ma chi? Non ci sono sul mercato giocatori come Nesta… Chi è?’. ‘Gamarra’. Non dico niente. Senza chiudere la chiamata lancio il cellulare verso la pista dei cavalli con tutta la mia forza. Mai più rivisto, quel telefonino”.

20 luglio 2002: l'Inter perde Nesta, Vieri lancia il telefonino
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19 luglio 2001: Mendieta alla Lazio, un "He-man" senza poteri

Si può parlare di un errore quando vai a prenderti il miglior centrocampista che c’è sulla piazza? Perché questo è Gaizka Mendieta, nel momento in cui la Lazio decide di farlo suo. Non è una scommessa, non è un azzardo: è il cervello del Valencia reduce da due finali di Champions. Vai a capire poi perché certe cose non funzionano. Certo, i 90 miliardi spesi per lo spagnolo col caschetto biondo non sono poca roba, ma l’idea di Cragnotti è che verranno ripagati sul campo. Senza il fisico da supereroe – nonostante una certa somiglianza con He-Man… - Mendieta comanda il gioco come nessun altro, e senza smettere di correre un attimo. D’altra parte, in gioventù era stato una promessa del mezzofondo, con il record nazionale sui 2000 metri stabilito a 14 anni, prima dell’incontro con il calcio. Un regista in moto perpetuo, uno dei primi tuttocampisti. Il 19 luglio 2001 sbarca a Roma in tutta la sua normalità, vestito come un agente immobiliare. Cragnotti gli promette 8 miliardi all’anno per 5 stagioni, che sommati ai 90 versati al Valencia fanno… il primo passo verso l’indebitamento. Irriconoscibile rispetto ai tempi di Valencia, Mendieta chiuderà la stagione con 20 presenze in campionato, ma giocando solo 6 partite per intero. Zero gol, zero assist. Novanta miliardi di domande.

19 luglio 2001: Mendieta alla Lazio, un "He-man" senza poteri

18 luglio 2018: disastro Karius, il Liverpool prende Alisson

Quando leggemmo la cifra caddero tante mandibole. Il Liverpool non vince il titolo dal 1990 ma da quando c’è in panchina Klopp si respira un’aria diversa. A maggio del 2018 è arrivato anche in finale di Champions dove però, contro il Real Madrid, viene evidenziata una falla non da poco. È la partita che condanna Loris Karius, autore di due papere decisive, e che convince i Reds che il grande investimento vada fatto in porta. Uno sguardo in Europa e il 18 luglio bussano alla porta della Roma – “coi piedi”, come si dice da quelle parti quando ci si presenta “non a mani vuote”. Sul piatto portato in offerta ci sono 62,5 milioni di euro: Alisson Becker si è dimostrato uno dei migliori portieri della Serie A nella stagione precedente, ma di fronte a certe cifre c’è poco da discutere. Diventa il portiere più pagato della storia, curiosamente solo per pochi giorni: l’8 agosto quegli invidiosi del Chelsea ne offrono 80 all’Athletic Bilbao per avere Kepa.

18 luglio 2018: disastro Karius, il Liverpool prende Alisson
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17 luglio 2021: Giroud al Milan, un giro alla storia

Matri, Fernando Torres, Destro, Luiz Adriano, Lapadula, André Silva, Higuain, Piatek, Mandzukic. È l’elenco dei “9” che hanno indossato quel numero nel Milan dopo che Filippo Inzaghi l’ha lasciato libero. Su quella maglia, il peso di 126 gol segnati da Superpippo e una “maledizione” che non si riusciva a rompere. Il Milan per anni alterna centravanti di ogni genere ma, salvo alcuni picchi illusori, nessuno riusciva a garantire continuità. Aggiungiamoci anche Pato, il primo a ereditare la 9 rossonera da Pippo: al Milan ha lasciato dolci ricordi (con la maglia numero 7), indossa la 9 per sei mesi poco esaltanti e poi saluta destinazione Brasile. La storia gira con l’arrivo di Giroud. Il francese arriva dal Chelsea per meno di 5 milioni, si prende quella maglia sprezzante del pericolo e dopo tanti tentativi si rivelerà la soluzione. Tre stagioni, sempre in doppia cifra. La prima è quella dell’innamoramento per i tifosi del Milan: doppietta all’esordio a San Siro, doppietta nel derby con cui ribalta l’Inter, doppietta all’ultima giornata, quella della festa col Sassuolo. L’aveva presa che aveva un 9 dietro e ci cuce uno scudetto davanti.

17 luglio 2021: Giroud al Milan, un giro alla storia

16 luglio 2014: la Juve prende Allegri, i tifosi si ribellano

Sono passate poche ore da quando Antonio Conte, uscendosene con quella battuta sul ristorante da 100 euro, si è dimesso dalla Juventus. Con la squadra già in ritiro e un’emergenza da gestire, la dirigenza bianconera trova la soluzione a tempo di record: Massimiliano Allegri. Non fu amore a prima vista, tutt’altro. La contestazione nasce sui social e porta i tifosi fuori dai cancelli di Vinovo. Ad Allegri, visto fino al giorno prima come un nemico, contestano il passato al Milan; ad Agnelli il fatto di aver anche solo pensato ad Allegri come sostituto di Conte, l’uomo della rinascita bianconera e dei tre scudetti di fila. Se qualcuno quel giorno avesse detto loro che Allegri avrebbe allungato la striscia portandone altri cinque, i pomodori sarebbero diventati collane di fiori, i cori di insulti canti di benvenuto. Andrea Agnelli ricorderà così quel momento: “Ci informarono della presenza dei tifosi all’ingresso di Vinovo, l’autista voleva accedere da un ingresso secondario ma io fermai tutto e dissi: ‘Andiamo lì ed entriamo a testa alta. Non abbiamo nulla da nascondere, siamo convinti della scelta che abbiamo fatto’”. Poco dopo Allegri viene presentato alla stampa. Pragmatico come solo lui sa essere disse: “Come si conquista la fiducia? Con i risultati”. Il calcio è semplice, ma anche i tifosi lo sono.

16 luglio 2014: la Juve prende Allegri, i tifosi si ribellano
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15 luglio 1987: Ancelotti al Milan, decide il medico

Tra i vari aforismi attribuiti ad Arrigo Sacchi c’è quello sul cervello di Carlo Ancelotti. Milan e Roma stanno trattando il suo passaggio in rossonero, ma non è tanto una questione di soldi: al centro del tira-e-molla ci sono le condizioni fisiche del centrocampista, che Sacchi pretende a ogni costo sicuro che sia la pedina mancante per fare grande il suo Milan. “Non posso acquistare un giocatore che ha il 20 per cento di invalidità a un ginocchio”, gli disse un giorno Berlusconi. La risposta di Sacchi è da manuale: “Mi preoccuperei se l’invalidità ce l’avesse al cervello”. E Berlusconi si convinse. In realtà, la firma arrivò solo dopo una giornata intera di test e controtest, col povero Carletto rivoltato come un calzino. La mattina del 15 luglio, ultimo giorno di mercato, un aereo di proprietà della Fininvest porta Galliani e il dottor Monti a Roma, dove Ancelotti li raggiunge con un volo di linea dalla Sardegna. Ritrovo all’Istituto di medicina sportiva, lì ad attenderli c’è il medico giallorosso Alicicco per una prima visita meticolosa ma non soddisfacente per i rossoneri. Galliani e Monti chiedono “un secondo parere” e tutta la comitiva si sposta dunque a Villa Bianca, nella clinica dove il professor Perugia ha operato Ancelotti. Altra visita, poi il dottor Monti chiede di esaminare la cartella clinica del giocatore e si confronta con il chirurgo. Solo al termine di quel colloquio Ancelotti diventa un giocatore del Milan, per la gioia di Sacchi.

15 luglio 1987: Ancelotti al Milan, decide il medico

14 luglio 1987: Maradona all'Ascoli (ma è Hugo)

Luglio 1987, a Napoli scoppia la grana Maradona. Non se ne vuole andare, anzi: vuole raddoppiare. Fa presente al club che gli piacerebbe molto che anche suo fratello Hugo, di nove anni più giovane, trovasse posto in una squadra di A. E il Napoli che fa? Si adopera per accontentarlo, naturalmente. D’altra parte parliamo dell’uomo che a maggio ha portato a Napoli il primo storico scudetto del club, ci mancherebbe che non si provi a fargli un regalo. L’operazione, portare in Italia un altro Maradona, diventa uno dei casi di mercato più spinosi e complicati di quell'estate. Ferlaino e il suo braccio destro Moggi inizialmente bussano alla porta di Anconetani, presidente del Pisa, che ha in rosa Elliott e una casella libera per il secondo straniero (all’epoca potevano essere massimo due). Sembra filare tutto liscio, peccato che, mentre fingeva interesse per Maradona jr, Anconetani trattasse con la Fiorentina il prestito del ben più talentuoso Dunga. Alla fine il brasiliano firma, soffiando il posto a Hugo, e il Napoli resta spiazzato. Il tempo stringe, è il penultimo giorno di mercato: Moggi corre dall’Ascoli, si chiude in una stanza dell’hotel di Milanofiori con il presidente Rozzi e ne esce solo quando ha concluso l’affare. Il Napoli prende Hugo Maradona dall’Argentinos Juniors per 300mila dollari e lo gira in prestito all’Ascoli, che gli regalerà il sogno di giocare in Serie A, per la gioia sua e del fratellone Diego; “in cambio” l’Ascoli riceve in prestito anche Carannante e Celestini. La carriera di Hugo in A è presto riassunta: 13 presenze (0 gol), solo tre partendo da titolare, visto che l’Ascoli si deve salvare e Castagner preferisce giocare le partite in undici. C’è tempo però per uno storico incrocio tra i due fratelli, alla seconda giornata: Napoli-Ascoli 2-1, Hugo entra al 58’ e per una mezz’ora calca lo stesso prato di Diego. Più di così…

14 luglio 1987: Maradona all'Ascoli (ma è Hugo)
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13 luglio 2015: Ranieri al Leicester, inizia la favola

Chissà se dopo quella firma avrà mai letto le quote che davano il suo Leicester per spacciato. Forse sì, ma Claudio Ranieri non è il tipo che dà peso a questo genere di cose: che scrivano pure, che facciano calcolare ai supercomputer le probabilità, lui andrà dritto per la sua strada con il suo mantra. Lavoro, lavoro, lavoro. (Che poi: trovateci un allenatore che non dica che la sua ricetta è il lavoro, ma quando lo dice Sir Claudio fa un altro effetto). Ad ogni modo: quei perfidi degli inglesi quotavano la vittoria della Premier da parte del suo Leicester 5000 a 1. Tradotto in parole: impossibile. Molto probabile, invece, appariva un’altra lotta – dopo quella della stagione precedente – nelle zone basse della classifica. Quando il patron Vichai Srivaddhanaprabha scommette su Claudio Ranieri è una sorpresa per tutti. Le qualità dell’allenatore romano non si discutono, ma il flop alla guida della nazionale greca da cui è reduce non lo rende certo uno dei più ricercati sulla piazza. E invece è il primo mattoncino di un miracolo sportivo quasi impossibile da replicare: vittoria della Premier con una squadra costata 26 milioni, più o meno come una gamba di un Salah o di un Kane.

13 luglio 2015: Ranieri al Leicester, inizia la favola

12 luglio 2017: Donnarumma rinnova col Milan con la “clausola Antonio”

La telenovela era iniziata ad aprile. Il Milan cambia pelle, arriva la cordata cinese e la coppia Fassone-Mirabelli prova a mettere un po’ di ordine. Innanzitutto c’è da rinnovare quel fenomeno di Gigio Donnarumma, 18 anni appena compiuti, con cui la porta rossonera sarebbe al sicuro per oltre un decennio. Mino Raiola lascia intendere che non sarà semplice: “Su di lui ci sono 11 club”. E a giugno ecco l’annuncio di Fassone: “Donnarumma ha comunicato la sua volontà di non rinnovare”. Scoppia la protesta dei tifosi, che durante una partita dell’Under21 gli lanciano in campo soldi finti e lo chiamano “Dollarumma”. Gigio ci ripensa, la trattativa per il rinnovo riparte e l’11 luglio ecco il lieto fine: rinnovo a 6 milioni all’anno… più uno. È il milione di ingaggio che percepirà il fratello maggiore Antonio, anche lui portiere, che firma con il Milan il giorno seguente, inserito nel “pacchetto” da quel genio di Raiola. Un milione all’anno per fare il terzo portiere e giocare tre partite (tra cui un derby) in quattro stagioni. Il resto è storia: il rinnovo di Gigio porta come data di scadenza “giugno 2021” e in quel caso il contratto verrà lasciato scadere…

12 luglio 2017: Donnarumma rinnova col Milan con la “clausola Antonio”
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11 luglio 2014: Suarez al Barcellona, nasce la MSN

Prima esisteva solo la MN, e fa sorridere dire “solo” dato che si trattava di Messi&Neymar. Ad ogni modo, nell’estate 2014 il Barcellona decide di strafare e di regalarsi anche un “9” super, probabilmente il migliore che c’è sulla piazza. Paga al Liverpool 75 milioni di sterline e si porta a casa il “Pistolero” Suarez – uruguagio col vizio del gol e del morso – andando così a formare un tridente tutto sudamericano – la MSN – che entrerà nella storia consegnandoci anche un dubbio: è stato il miglior attacco di tutti i tempi? Di sicuro il più prolifico, numeri alla mano (anche più della BBC, Bale-Benzema-Cristiano Ronaldo, del Real Madrid). In tre stagioni la MSN ha giocato in tutto 110 partite (84 vinte), contribuendo ad arricchire la bacheca del Barça di 10 trofei. E “quei tre”, quando sono stati in campo contemporaneamente, hanno segnato in tutto 228 gol, in media uno ogni 39 minuti. Il tridente da favola si scioglierà quando nel 2017 partirà la N di Neymar, direzione Parigi, raggiunta dalla M di Messi nel 2021. Poi la M e la S si sono riunite a Miami, ma quei tre, tutti assieme, non si sono mai più rivisti. E forse nemmeno tre così.

11 luglio 2014: Suarez al Barcellona, nasce la MSN

10 luglio 2018: CR7 alla Juve, il “colpo del secolo”

“Il colpo del secolo”. Potrebbe bastare l’etichetta con cui è passato alla storia. Perché erano anni che la Serie A non si regalava un colpo di mercato di questa portata. Il colpo di fulmine qualche mese prima, il 3 aprile, nella notte di Champions in cui Cristiano batte la Juve e nonostante ciò strappa applausi al pubblico dello Stadium con la sua rovesciata. Un gesto – l’applauso dello stadio – che fa breccia nel suo cuore da campione milionario: lì inizia a immaginare come potrebbe stargli il bianconero addosso. Segue un lento innamoramento, con la notizia che inizia a circolare tra lo scetticismo generale e la giornata del 10 luglio che diventa decisiva, con il blitz di Andrea Agnelli in Grecia per raccogliere la firma di CR7, ormai deciso a lasciare il Real Madrid. Alle 16:30 il presidente bianconero atterra con un volo privato a Kalamata e con un elicottero raggiunge il lussuoso resort in cui alloggia Ronaldo; nel frattempo il Real ha accettato l’offerta da 100 milioni di euro, colpo più costoso nella storia della Serie A. Alle 18:54 l’annuncio ufficiale, dato dalla Juve tramite le agenzie perché il sito del club diventa inaccessibile a causa del numero di persone collegate in attesa di leggere il comunicato del secolo. La foto del brindisi di Cristiano Ronaldo con Jorge Mendes e Andrea Agnelli diventa l'immagine simbolo di una giornata storica. In alto i calici e… “Siuuu!”

10 luglio 2018: CR7 alla Juve, il “colpo del secolo”
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9 luglio 1997: Ancelotti rifiuta Roberto Baggio al Parma

C’è stato un tempo in cui Carletto Ancelotti era ancora un allenatore emergente, e commetteva degli errori. Chiamiamoli pure sacrilegi. Non è da tutti infatti avere un presidente che arriva al campo tutto gioioso e, pregustandosi il tuo stupore, ti fa: “Ho comprato Roberto Baggio”. E invece Ancelotti che fa? Alza il sopracciglio e gli chiede: “E nel 4-4-2 dove lo metto?”. Il presidente è Calisto Tanzi, il 4-4-2 è quello del Parma del 1997, in cui la casella per il fantasista non è prevista. Tanto che anche Zola ha dovuto fare le valigie. Ancelotti chiama di persona Baggio al telefono per spiegargli che si giocherebbe un posto con Crespo e Chiesa, ma partendo dietro di loro. E non inteso “alle loro spalle”, in un tridente che sarebbe stato da sogno, ma come terza scelta. E anche il resto della squadra non lo accoglie certo a braccia aperte. Chiesa, per dire, minaccia: “Se arriva lui me ne vado al Barcellona”. Il “no” di Ancelotti è così deciso che Tanzi deve rimangiarsi l’accordo preso con il Divin Codino, che aveva scelto Parma per il rilancio in vista del Mondiale. Baggio l’indesiderato porterà la sua magia al Bologna. Il ds Sogliano, autore di quel colpaccio, si dimette sbattendo la porta, non prima di aver scoccato la frecciata a Carletto: “È ora che questo Ancelotti si abitui ad allenare anche i campioni. Certo che è più facile allenare Fiore e Orlandini! È ora di finirla di fare l’allenatore della ‘Primavera’ a vita…”. 

9 luglio 1997: Ancelotti rifiuta Roberto Baggio al Parma

8 luglio 2016: Bielsa si dimette prima ancora di arrivare alla Lazio

Forse era prevedibile che due personalità tanto forti avrebbero finito per cozzare, ma un tentativo andava fatto. E Claudio Lotito lo fece nell’estate del 2016, quando portò Marcelo “el Loco” Bielsa alla Lazio. O meglio: ci provò. Perché Bielsa, fisicamente, a Roma non arrivò mai. L’allenatore argentino, per dare il suo ok, presenta un elenco di richieste per sé e il suo staff che mettono subito a dura prova la pazienza di Lotito: si parlò di cinque ville extra lusso, cinque auto, voli per l’Argentina e charter sempre a disposizione. E ancora: planimetrie ribaltate nel centro tecnico, mega sala monitor, stanza relax con vibropoltrone. Ma la clausola più importante, che Bielsa vuole sia messa nero su bianco, è quella sul mercato: almeno quattro acquisti prima che inizi il ritiro, con elenco preciso dei giocatori da prendere. In cima alla lista Enner Valencia del West Ham, il centrale brasiliano del San Paolo, Rodrigo Caio, e Pato, finito al Corinthians dopo i suoi anni al Milan. Per giorni, Lotito e Bielsa se le cantano al telefono, con il presidente che si chiede perché non sia ancora salito su un aereo per Roma e Bielsa che non vuole venga rivelato l’accordo finché non vede i nuovi acquisti. Tuttavia, il 6 luglio Lotito non sta più nella pelle e annuncia urbi et orbi che Bielsa allenerà la Lazio. Arrivo previsto per il giorno 8, con volo già prenotato da Buenos Aires a Roma Fiumicino, ma quel giorno l’aereo atterra senza Bielsa. Al suo posto arriva una mail, con le dimissioni. Il motivo? Degli acquisti richiesti e posti come “condizione necessaria” non se ne è visto ancora uno e nonostante ciò, il club ha reso pubblico il contratto. Lotito incassa il colpo e tra le proteste dei tifosi richiama dalle sue vacanze a Milano Marittima Simone Inzaghi, tecnico della Primavera destinato alla Salernitana. “Bielsa cercava solo un pretesto”, dice Lotito, “La sua scelta era un atto d’amore: volevamo far sognare i tifosi. Quella di Inzaghi non è un ripiego”. Più diretto il ds Tare: “Lo chiamano ‘Loco’, ora abbiamo capito perché…”.

8 luglio 2016: Bielsa si dimette prima ancora di arrivare alla Lazio
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7 luglio: “Gazza” Gascoigne fa impazzire la Lazio

Paul Gascoigne finì sui tabloid inglesi fino al giorno prima del suo trasferimento alla Lazio. L’ultima trovata fu un party di addio offerto dal giocatore agli amici più cari, circa 200 ospiti oltre alla presenza di fanciulle in abiti più che succinti, tra cui una “vestita” solo di un paio di calze e reggicalze: lì teneva infilato il bigliettino di auguri per la sua nuova avventura“nascosto” dalla combriccola e che “Gazza” è stato invitato a recuperare mentre attorno a lui (ma anche dentro di lui) scorrevano fiumi di birra. Probabile che la regia fosse del celebre Jimmy “Cinquepance”, amico fraterno e inseparabile della stella del Tottenham che ha ringraziato tutti assicurando: “Ci rivediamo a Natale, quando avrò fatto sputare sangue agli italiani”. Il 7 luglio 1992 sbarca a Fiumicino generando il caos, questa volta involontariamente, solo con la sua presenza: mille tifosi deliranti ad accoglierlo, polizia che cerca di mantenere l’ordine e non risparmia le manganellate, gente che si sente male, ammiratori che premono mandando le vetrate in frantumi tra malcapitati passeggeri stranieri che non capiscono cosa stia accadendo. “Non mi sorprende tanto entusiasmo, era già accaduto altre volte”, commenta Gazza come una star. “Difficile l’inserimento nel campionato italiano? No, sarà più difficile uscire da questa bolgia”. Al primo allenamento arriva in Mercedes scortato da quattro poliziotti in moto con le sirene spiegate. “Non so perché i miei predecessori inglesi abbiano fallito qui in Italia, personalmente trovo l’ambiente meraviglioso”, spiega. Gli scherzi, a compagni e allenatore, contraddistingueranno le sue tre stagioni alla Lazio, fuori dal campo. Ma Gazza sapeva anche rispettare le regole. Una volta, con la squadra in silenzio stampa, un giornalista provò a mettergli il microfono davanti alla bocca. Lui non parlò. Rispose con un rutto.

7 luglio: “Gazza” Gascoigne fa impazzire la Lazio

6 luglio 2023: Bulter si presenta chiedendo scusa

Il primo giocatore della storia che si presenta chiedendo “scusa” al suo nuovo club. Nell’era social in cui anche le presentazioni dei giocatori devono essere fatte per stupire e vengono studiate per diventare “virali”, la trovata dell’Hoffenheim che annuncia Marcus Bulter riesce a strappare un sorriso. Ma occorre fare un passo indietro per contestualizzare, esattamente alla stagione precedente, quando l’attaccante tedesco classe 1993 giocava nello Schalke. Nel corso di una partita sul campo dell’Hoffenheim, Bulter si trova nei pressi del corner quando, in seguito a un contrasto con Ozan Kabak, finisce col distruggere involontariamente la bandierina. Ne resta solo un “mozzicone” piantato a terra: m sono cose che succedono, e la vicenda finisce lì. Se non fosse che, al momento della riunione dei “social media”, a caccia di un’idea, immaginiamo il lampo di genio di quello a cui torna in mente l’episodio. E subito giù a scrivere la sceneggiatura di quello che sarà il video con cui Marcus Bulter viene annunciato sui social dell’Hoffenheim. Ciak, azione: il ragazzo suona alla porta della sede del suo nuovo club, gli aprono e lui si presenta con la bandierina del corner in mano, riparata con del nastro adesivo. Un sorriso e poi… “sorry”.

6 luglio 2023: Bulter si presenta chiedendo scusa
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5 luglio 1984: "Buonasera napolitani". E apparve Diego

Diego sbuca dal tunnel del San Paolo con la sua zazzera inconfondibile. Sale la scalinata e si prende l’abbraccio di quello che sarà il suo pubblico, e molto di più. “Buonasera napolitani! Sono molto felice di essere con voi, forza Napoli!”, le sue prime parole prima di scagliare un pallone verso il cielo con il suo magico sinistro. È il 5 luglio 1984 e Napoli ama già alla follia Maradona, che ricambia. Si sono presentati in 70mila allo stadio che molti anni dopo porterà il suo nome, solo per vederlo apparire. Prezzo del biglietto simbolico (mille lire), incasso in beneficenza, ma esserci quel giorno non ha prezzo. La trattativa per portare a Napoli il miglior giocatore del mondo è stata estenuante, con il Barcellona che nelle settimane precedenti ha fatto di tutto per ostacolare l’operazione, alzando il prezzo fino all’ultimo giorno certo che Ferlaino non avesse la disponibilità economica per chiudere: gli 11 miliardi pattuiti diventano 13, ma Napoli fa “gioco di squadra” coinvolgendo il sindaco Scotti, che mette in contatto Ferlaino con Ventriglia, presidente del Banco di Napoli, fondamentale per garantire presso il Banco di Bilbao le fidejussioni richieste dal club catalano. Per quaranta giorni i tifosi del Napoli sfogliano avidamente i giornali che quotidianamente li aggiornano sulla trattativa, un giorno illudendoli e il giorno dopo gettandoli nello sconforto. Finché non avviene il miracolo, e il 5 luglio Diego può apparire.

5 luglio 1984: "Buonasera napolitani". E apparve Diego

4 luglio 2001: la “trappola” di Moggi per portare Nedved alla Juve

“Oh, questo ci fa sempre gol. Lo prendiamo noi, così risolviamo il problema”. È l’estate in cui la Juventus si appresta a vendere Zidane al Real Madrid per la cifra record di 150 miliardi di lire e Luciano Moggi, parlando con Bettega e Giraudo, pensa di avere già la soluzione per ridisegnare la squadra con tutti quei soldi. “Quello che gli fa sempre gol” e che diventa uno dei principali obiettivi dei bianconeri è Pavel Nedved, che però alla Lazio sta benissimo e rifiuta ogni approccio. Moggi lo corteggia al telefono fin da maggio, quando trova un accordo con Cragnotti, ma il ceco risponde sempre “no, grazie”: “Direttore, grazie, ma mi trovo bene alla Lazio e sto splendidamente a Roma: abito all’Olgiata, vicino ai campi da golf, il massimo per me…”. Quando il 15 giugno, addirittura, Nedved firma il rinnovo di contratto con la Lazio, la vicenda sembra chiusa. Ma Moggi non è certo uno che si arrende, e inizia tessere la sua tela, sfruttando la passione di Pavel… per il golf. Lo richiama e gli fa: “Guarda, Pavel, dammi almeno la soddisfazione di venire a vedere La Mandria, dove giocano a golf gli Agnelli. E se non ti piace me lo dici tranquillamente. Ti mando un aereo privato e non dico niente a nessuno, tranquillo”. Nedved accetta, ignaro di essere appena finito in trappola, e il 4 luglio un aereo lo preleva a Praga, dove era in vacanza. “Appena lui ha riattaccato la cornetta”, racconterà Moggi, “io avevo già avvisato tutte le televisioni e tutte le radio, tanto che quando atterrò si ritrovò 50 giornalisti ai piedi della scaletta dell'aereo”. Ovviamente la notizia giunge a Roma, dove i tifosi vivono la partita di golf di Nedved a Torino come un tradimento: anche perché, vagli a spiegare che lui pensava di essere lì per giocare a golf… “Dovette andare via”, il commento finale di un compiaciuto Moggi. Pagherà Nedved 75 miliardi, risolvendo anche il problema di quello che gli faceva sempre gol.

4 luglio 2001: la “trappola” di Moggi per portare Nedved alla Juve
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3 luglio 2023: il Milan vende Tonali al Newcastle “per opportunismo”

I cuori rossoneri si spezzano all’improvviso, quel pomeriggio. Con una trattativa impostata una decina di giorni prima e un blitz in Romania, dove Tonali era impegnato con la nazionale Under 21, il Newcastle si porta via dal Milan e dalla Serie A un pezzetto di futuro. “Sandrino” – cuore rossonero come non se ne vedevano da parecchio, che batte nel cuore della mediana lottando e smistando – ha solo 23 anni, ma i tifosi milanisti l’hanno già eletto loro idolo e gli pronosticano un avvenire da bandiera. Il Newcastle invece lo elegge obiettivo numero uno del suo mercato e con un paio di rilanci (si parla di una cifra vicina agli 80 milioni di euro) lo fa suo, praticamente senza incontrare resistenza da parte dei rossoneri. Gerry Cardinale spiegherà le ragioni del Milan con una lucida analisi da manager (forse fin troppo lucida, per i cuori dei tifosi): “Lo abbiamo venduto perché abbiamo ricevuto un’ottima offerta e abbiamo fatto una valutazione rischio-rendimento. Abbiamo incassato 70 milioni di euro più un earn-out di 10 milioni. E grazie a quella vendita abbiamo acquistato sei nuovi giocatori e rinnovato completamente la squadra. Non vendiamo per necessità, vendiamo per opportunismo”. Con la pubblicazione del bilancio del Milan, un anno dopo, si scoprì che i 70 milioni erano comprensivi di bonus: la vera cifra pagata al Milan fu inferiore ai 60 milioni, per la precisione 58,9 di cui 4,2 girati al Brescia per una clausola sulla rivendita inserita al momento del suo approdo in rossonero.

3 luglio 2023: il Milan vende Tonali al Newcastle “per opportunismo”

2 luglio 1997: Vieri all’Atletico Madrid (e il ritorno senza Ferrari)

"Un giorno Moggi mi chiama a rapporto. Entro nel suo ufficio e trovo già lì mio procuratore e Bettega. Il direttore, con i suoi modi tranquilli e gli occhi semichiusi, dice che è pronto ad aumentarmi l’ingaggio, ma che non può andare oltre i 2 miliardi di lire a stagione. L’Atletico Madrid offre 3 miliardi e mezzo. 'Si va in Spagna', dico. E la riunione finisce all’istante”. Parole di Bobo Vieri, che raccontò così la sua decisione di accettare l’Atletico Madrid nell’estate del 1997. Decisione presa su due piedi, “guardando solo il portafogli” come ammetterà lui stesso, aspettandosi forse che la Juventus facesse qualcosa di più per provare a trattenerlo dopo la sua ottima stagione in bianconero. E invece, dinanzi ai 34 miliardi di lire messi sul piatto da Jesus Gil, Moggi cede il suo gioiello, che va in Spagna e diventa pichichi della Liga: 24 gol in 24 partite di campionato, altri 5 in 7 gare di Coppa Uefa. Alcuni bellissimi, come quello “impossibile” – a rientrare, dalla linea di fondo, quasi dalla bandierina del corner – contro il Paok Salonicco, che gli valse una Ferrari 550 Maranello: due giorni prima di quella partita aveva fatto tripletta al Real Saragozza e, scherzando, aveva scommesso con il presidente che ne avrebbe fatta un’altra in coppa. E così fu. “Le immagini di quel gol fecero il giro del mondo, ma nessuno sapeva che valeva anche una Ferrari”, racconterà Vieri. Tornerà in Italia, alla Lazio, dopo una sola stagione, ma senza aver mai ritirato la Ferrari premio quasi a volersi “scusare” con Gil per quel “tradimento”.

2 luglio 1997: Vieri all’Atletico Madrid (e il ritorno senza Ferrari)
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1° luglio 1996: il Parma prende Amaral "per sbaglio"

Di meteore è piena la storia del calcio. Prendete Amaral: chi se lo ricorda? Solo quattro spezzoni in Serie A con la maglia del Parma nella stagione 1996/97, ma non perché non fosse all’altezza. Semplicemente, l’avevano preso “per sbaglio”. Sono gli anni del Parma della Parmalat: ricco, ambizioso e con una corsia preferenziale quando si tratta di fare affari con i brasiliani del Palmeiras, club nell’orbita della società di Tanzi. Il presidente del Parma sta allestendo una squadra da scudetto, sceglie il giovane Carlo Ancelotti per la panchina e manda qualcuno a fare acquisti in Brasile. Ad Ancelotti, all’epoca integralista del 4-4-2, serve un esterno destro: e qui nasce l’incomprensione. È un Palmeiras fortissimo, quello da cui il Parma può pescare: ci sono il ventenne Roberto Carlos a sinistra (effettivamente “preso” ma poi lasciato all’Inter in uno scambio di favori, come già raccontato l’8 giugno), Rivaldo (21 anni) che all'epoca giocava ancora come ala, Cafù (23) a destra. Ecco, a destra. Il Parma opziona Rivaldo e Cafu, li segue, poi abbandona quelle piste. Un osservatore torna dal Brasile con una recensione entusiastica su Amaral, 20 anni, e il 1° luglio l’affare diventa ufficiale per 6 miliardi. Ancelotti pensa di aver sistemato la corsia destra, ma Amaral chiarisce: “Io gioco davanti alla difesa”. E in effetti quello è: un mediano, un recuperapalloni. Mistero svelato quando, a fine stagione, il Parma non si farà problemi a lasciarlo andare per liberare la casella da extracomunitario e prendere Mario Stanic (lui sì, da mettere a destra), e lo stesso Amaral racconterà: “Un osservatore del Parma mi aveva visionato durante una delle poche partite in cui ero stato schierato da esterno destro, Ancelotti aveva bisogno di un rinforzo lì e mi hanno preso”. Parte della colpa però è anche sua: evidentemente quella volta aveva giocato davvero bene.

1° luglio 1996: il Parma prende Amaral "per sbaglio"

30 giugno 2001: l’Inter “regala” Pirlo al Milan

Il talento non si discute, è chiaro che ne abbia e anche più della media. Il problema è che all’Inter non riescono a inquadrarlo, a trovargli una collocazione fissa in campo. Ma soprattutto ad assicurargli continuità, quella che poi è necessaria per crescere a un ragazzo di 22 anni con una classe da campione. Non è un caso che dove l’ha trovata, nei prestiti a Reggina e Brescia, abbia fatto benissimo. Così, con una storica cessione di cui Massimo Moratti si pentirà per sempre, l’Inter consegna al Milan la chiave per un decennio di successi, sotto forma di Andrea Pirlo. Un trequartista geniale che Ancelotti arretrerà davanti alla difesa (intuizione che aveva già avuto Mazzone al Brescia), facendone il miglior play al mondo. Se la sventatezza nerazzurra non si discute, va anche detto che la leggenda ha alterato la storia, e oggi si tramanda di uno scambio tra Pirlo e Guglielminpietro che in realtà non è mai avvenuto. Il Milan pagò Pirlo 35 miliardi (dunque una bella cifra, considerando che era ancora solo un progetto di campione), e nell’operazione venne inserito Brncic, passato in nerazzurro e del quale si persero presto le tracce.

30 giugno 2001: l’Inter “regala” Pirlo al Milan
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29 giugno 2003: Gaucci porta il figlio di Gheddafi al Perugia

Ci aveva talmente abituato alle sue idee folli e alle sparate clamorose che la notizia rischiò di non fare notizia: Luciano Gaucci ha ingaggiato Saadi Gheddafi. Sì, proprio lui, il figlio del leader libico diventa un calciatore di Serie A. Il sogno di ogni bambino che gioca a pallone con gli amichetti, per Saadi – un po’ più cresciuto e potente degli altri bambini – diventa realtà. Sulle doti tecniche c’è poco da discutere: non ne ha. Però gli piace l’idea di giocare a calcio, e allora – dopo essersi convocato in nazionale ed essersi consegnato la fascia di capitano – ha trovato anche una squadra di A – meglio: un presidente – disposta almeno a inserirlo nella rosa. La presentazione, nel castello del 1200 di Torre Alfina, è un evento con invitati selezionati e pranzo di lusso. Saadi rivela: “Mi piace giocare dietro le punte”. Serse Cosmi lo vede più largo, molto più largo. Fuori dal rettangolo verde, in pratica. Sempre circondato dalle guardie del corpo e dai suoi fedeli dobermann, vivrà una stagione ovviamente ai margini della rosa, una rosa così folta che Cosmi sarà costretto a far allenare su un secondo campo le riserve delle riserve e su un terzo campo, da soli, i giocatori che di fatto non considera proprio. Tra questi ci sarebbe anche Saadi, ma è impossibile dirglielo, e allora gli verrà concesso persino l’onore dell’esordio in A, il 2 maggio 2004, 13 minuti in campo curiosamente contro la Juventus di cui era socio detenendo il 7 percento delle quote. L’unico ad avere il coraggio di dirgli in faccia quanto vale realmente come calciatore sarà il professore Franco Scoglio, chiamato nel 2002 alla guida della nazionale libica e dimessosi denunciando il fatto che Gheddafi fosse solito arrivare alle minacce di morte se non veniva schierato titolare.

29 giugno 2003: Gaucci porta il figlio di Gheddafi al Perugia

28 giugno 2010: il flop Martinez strega la Juve

Gli era bastata una partita per finire sul taccuino della Juve. Quella in cui, con la maglia del Catania, aveva fatto impazzire l’Inter di Mourinho: 3-1 finale dei siciliani, con sigillo al 90’ del “Malaka” Martinez da urlo: scappato sulla fascia sinistra, si era diretto verso la bandierina come avrebbe fatto chiunque per difendere un risultato così prezioso, ma quando Lucio era andato a chiuderlo l’aveva saltato secco con un dribbling per poi andare a segnare dopo aver evitato anche Julio Cesar in uscita. Uno così non te lo fai sfuggire, almeno sul mercato. E così tre mesi dopo quella partita, l’allora dirigente bianconero Beppe Marotta mette a segno uno dei rari flop della sua carriera, sborsando 12 milioni di euro al Catania e facendo firmare un quadriennale a Martinez. Venti presenze e zero gol nella Juve di Delneri, di giornate come quella di Catania-Inter nemmeno l’ombra. Ma ancor più pazzesco è ciò che accadrà dopo, quando per tre anni di fila verrà mandato in prestito (Cesena, Cluj, Novara) nella speranza che il ragazzo si rilanci, mentre lui colleziona solo infortuni e prestazioni negative. Alla fine, per la disperazione, la Juventus gli rinnova il contratto. Pare follia, ma è la mossa razionalmente più logica: ormai è così svalutato che conviene investire ancora su di lui, sperare che imbrocchi la stagione giusta e rivenderlo contenendo la perdita. Non accadrà.

28 giugno 2010: il flop Martinez strega la Juve
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27 giugno 1984: Stromberg all’Atalanta, Inter beffata

Intrigo vero sull’asse Milano-Bergamo-Lisbona. Estate 1984, la neopromossa Atalanta fa la corte allo svedese del Benfica Glenn Stromberg. Parallelamente, l’Inter le ha offerto Hansi Muller e l’affare è ormai concluso. Sono anni in cui ogni squadra può avere un massimo di due giocatori stranieri e l’Inter, con Rummenigge e Brady già in pugno da mesi, deve “liberarsi” di Muller. Perfetto per la Dea, che sta costruendo una squadra da A. Così, quando il 27 giugno – a tre giorni dalla chiusura del mercato degli stranieri – il presidente dell’Atalanta, Cesare Bortolotti, vola a Lisbona, il suo “collega” Ernesto Pellegrini non si insospettisce: “Starà definendo l’accordo con i dirigenti del Benfica per Stromberg”, pensa. E in effetti così è. E non si scompone nemmeno quando, direttamente da Lisbona, Bortolotti vola in Svezia. “Sarà andato per far firmare Stromberg”, pensa. Ma non tutto è come sembra, nel mondo del calciomercato. Perché dopo aver effettivamente preso Stromberg, Bortolotti a sorpresa torna dalla Svezia con la firma di un altro attaccante, il 22enne Lars Larsson del Malmoe, svedese come Stromberg, riempiendo anche la seconda casella per gli stranieri e mettendo in crisi l’Inter, che si ritrova con un Muller da dover piazzare in fretta. “Caso” che verrà risolto con l’aiuto del Como, che accetterà di buon grado un prestito gratuito dell’attaccante tedesco, che risulterà decisivo per la salvezza. E vissero tutti felici e contenti.

27 giugno 1984: Stromberg all’Atalanta, Inter beffata

26 giugno 2007: Suazo all’Inter, fine di una telenovela

Gli ingredienti per la perfetta riuscita di una telenovela di calciomercato di successo non sono poi tanti: un giocatore improvvisamente ambitissimo, un presidente che realizza che il suo giocatore improvvisamente è ambitissimo, un paio di contendenti che si sfidano a suon di rilanci, giorni e giorni a riempire pagine di giornali con sviluppi, dietrofront, ultimatum, retroscena. Se ci sono anche delle lacrime, meglio ancora. Nell’estate 2007 va in scena la mercatonovela di David Suazo, velocissimo attaccante honduregno del Cagliari, che Roberto Mancini vuole per completare il parco attaccanti della sua Inter fresca di scudetto. Prima puntata il primo giugno: Moratti non perde tempo e presenta l’offerta a Cellino: un giovane tra Acquafresca, Andreolli e Bonucci più cash. Cellino si dice interessato ad Acquafresca e valuta. Passano tre giorni e l’Inter deve riformulare l’offerta: Acquafresca vuole restare al Treviso dove è in prestito. “E se vi diamo Obinna?”. Cellino inizia a spazientirsi: “O la chiudiamo entro 24 ore o non se ne fa niente”. Dopo giorni di tira e molla, il 12 giugno Moratti chiama personalmente Cellino e gli dà la sua parola: Acquafresca è convinto, sarà del Cagliari. Cellino, finalmente dissetato, annuncia: “Mi fido della parola di Moratti, Suazo è dell’Inter”. E Suazo fa le visite mediche con i nerazzurri. Finita qua? Manco per sogno. Ora arriva il bello. Il 19 giugno Moratti apre il giornale e legge: “Il Milan annuncia di aver trovato l’accordo con il Cagliari per la cessione dell’attaccante honduregno David Suazo. Al club sardo vanno 14 milioni di euro”. Adriano Galliani si è mosso nella notte, e con un blitz ha pagato a Cellino la clausola, tutta cash. L’annuncio ufficiale viene dato anche dal sito del Milan, con Cellino che conferma tutto: manca solo la firma di Suazo. 23 giugno, Cellino spiega: “Suazo mi ha chiamato in lacrime e mi ha detto che vuole andare all’Inter”. Galliani ne prende atto, il Milan fa marcia indietro con un nuovo comunicato e il 26 giugno Suazo fa la sua foto con la sciarpa nerazzurra in mano. In quel campionato segnerà 8 gol con l’Inter; Acquafresca 10 con il Cagliari.

26 giugno 2007: Suazo all’Inter, fine di una telenovela
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25 giugno 1985: l’Udinese “tenta” Dirceu mentre è in volo

Un intero viaggio in aereo, e pure lungo, dal Brasile all’Italia, con un tarlo nella testa e la tentazione di cambiare meta all’ultimo. Protagonista il brasiliano Dirceu, che in Italia ha già vestito le maglie di Verona, Napoli e Ascoli. Nell’estate 1985 si appresta a cambiare la quarta in quattro anni, per trasferirsi al Como. Tutto fatto, deve “solo” prendere un aereo e andare a firmare. Un aereo dal Brasile, dove era in vacanza e dove al Maracanà ha assistito alla partita tra la Seleçao e il Paraguay. Proprio lì ha incontrato il suo connazionale Luis Vinicio, allenatore dell’Udinese, che vestiti i panni del diavolo tentatore gli fa: “Non andare al Como. Vieni con me all’Udinese e la maglia di Zico sarà tua”. Quella vocina lo tormenterà per tutto il viaggio, finché all’atterraggio a Malpensa non ci pensa il suo procuratore, Antonio Caliendo, a zittirla. Prima che gli vengano strane idee lo carica in macchina direzione Como e poche ore dopo ecco la firma sul contratto. Anche Como lo accoglierà come un re, ma quella vocazione da giramondo è difficile da frenare: l’estate successiva nuovo aereo, nuova tappa, nuova maglia, Avellino.

25 giugno 1985: l’Udinese “tenta” Dirceu mentre è in volo

24 giugno 1988: Altobelli saluta Inter e Nazionale

Due addi in un colpo solo. Nella stessa giornata Alessandro Altobelli lascia le due maglie più importanti della sua vita: senza rimpianti, ma con un pizzico di amarezza, soprattutto per quanto riguarda quella nerazzurra. Con quella della Nazionale è stato uno dei protagonisti della vittoria del Mundial 82, e adesso lascia per “far posto ai giovani”, come afferma lui stesso indicando in “Vialli, Mancini e Rizzitelli gli uomini giusti”. Diverso il discorso con l’Inter: complici le troppe incomprensioni con l’allenatore Trapattoni, per “Spillo” non c’è più posto nella squadra che il presidente Pellegrini sta allestendo per vincere quello che sarà lo “scudetto dei record”. Arriveranno Matthaus, Brehme, Berti, Bianchi, Ramon Diaz. “È dura pensare di aver chiuso con l’Inter: undici anni non si cancellano in un’ora. È un distacco molto più amaro dell’addio alla Nazionale. Ad Appiano il mio armadietto è già mezzo vuoto, ho poche cose da raccogliere e portare a casa”, confessa Altobelli. “A fare il giocatore part-time, tipo l'ultimo Altafini, non ci sto. Non sento la parte. Non ho acciacchi, ma a quasi 33 anni mi ritrovo improvvisamente vecchio. Però io non guardo la carta d’identità quando voglio sapere gli anni che ho”.

24 giugno 1988: Altobelli saluta Inter e Nazionale
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23 giugno 2007: il Milan vuole Eto’o! (e l’Inter Pato)

Chissà come sarebbe andata a finire se i loro percorsi si fossero veramente scambiati. C’è stata un’estate, infatti, in cui il Milan aveva puntato Samuel Eto’o del Barcellona. E l’Inter, parallelamente, si interessava a un giovanissimo brasiliano ancora sconosciuto: Alexandre Rodrigues da Silva, meglio noto come Pato. Le strade dei due club milanesi in realtà si sono già incrociate: l’Inter ha vinto il “derby” di mercato per Suazo e allora il Milan, ferito nell’orgoglio, punta al grande colpo. Ancelotti ha indicato il primo della lista: sono mesi che ripete che, a suo giudizio, Eto’o è il migliore al mondo nel suo ruolo. Il Barcellona chiede 40 milioni di euro, Galliani spera di cavarsela con 30. Ma il 23 giugno 2007 le pagine dei giornali riportano anche un’altra notiziola: Massimo Moratti si è innamorato di un brasiliano non ancora diciottenne, visto in tv assieme al figlio, come usa fare per unire l’utile dello scovare talenti al dilettevole di godersi le partite dei campionati sudamericani. È Pato, appunto, e l’Inter è in prima fila per portarlo in Italia dall’Internacional, non appena avrà raggiunto la maggiore età. Come andrà a finire lo sappiamo: il Milan, sorpassando l’Inter, lo farà suo proprio in quella estate (portandolo poi in Italia a gennaio). Nel frattempo aveva dovuto rinunciare al sogno Eto’o. Che, due estati dopo, farà sognare invece Moratti.

23 giugno 2007: il Milan vuole Eto’o! (e l’Inter Pato)

22 giugno 1999: Nanami sbarca a Venezia. "È forte come Recoba"

Quando è ormai chiaro che l’operazione Nakata sia stata un successo (per Gaucci e per il suo Perugia), Maurizio Zamparini si mette in testa di provare a replicarla al Venezia. In Giappone si parla benissimo del suo connazionale Hiroshi Nanami, per molti addirittura più forte di Nakata, e visto che Recoba è tornato all’Inter dopo il prestito, bisogna trovare un nuovo fantasista per continuare a incantare il pubblico. Il 22 giugno 1999 Nanami sbarca in laguna, gli mettono in mano una maglia arancioneroverde numero 7, gli fanno fare un giro sul Canal Grande e lo presentano come il nuovo campione che arriva dal Paese del Sol Levante. “Ha la stessa classe di Recoba”, assicura Zamparini affidandolo alle cure di Luciano Spalletti, che fin da subito denuncia qualche problema nel farsi comprendere, tanto da dover ingaggiare un interprete che durante gli allenamenti segue Nanami anche in campo per tradurgli le indicazioni tattiche. Sarà un grande flop: un solo gol (peraltro inutile, nella sconfitta per 5-2 con l’Udinese) in 24 presenze, la retrocessione e poi il triste ritorno al suo Jubilo Iwata. Ma portandosi dietro un grande carico di insegnamenti. Con la saggezza che contraddistingue il popolo giapponese commenterà: “Un’esperienza in Italia è più importante del denaro”.

22 giugno 1999: Nanami sbarca a Venezia. "È forte come Recoba"
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21 giugno 1987: Rijkaard e il "provino" al Milan nel Mundialito

Quando ancora non esisteva il Mondiale per Club… c’era il Mundialito. Nel 1987 la competizione a invito ideata da Silvio Berlusconi era giunta alla sua terza edizione, con i giornali dell’epoca che la descrivevano come “un’orgia di calcio, cinque serate, dieci partite concentrate nell’arco di otto giorni, 15 ore di pedate”. Milan, Inter, Porto, Barcellona e Psg le squadre che – invitate dalla Fininvest di "Sua Emittenza" – si affrontavano sul palcoscenico di San Siro, con la possibilità per i tifosi di comprare una tessera da 30mila lire per assistere a tutte le dieci partite del girone unico. Vincerà il Milan, che quell’anno “usa” il Mundialito anche per testare i suoi futuri acquisti: con i rossoneri giocano infatti l’argentino Claudio Borghi (destinato a essere “parcheggiato” al Como) e l’olandese dell’Ajax Frank Rijkaard, opzionato per andare ad affiancare dopo un anno i connazionali Gullit e Van Basten. Il 21 giugno, in tarda mattinata, Rijkaard sbarca a Linate in compagnia della moglie Carmen, dopo aver interrotto le proprie vacanze e nonostante il parere contrario del suo allenatore Cruijff. Tre ore dopo è già in campo ad allenarsi. Milanista “in prova” per 9 giorni, a settembre passerà al Real Saragozza, per poi – a distanza di un anno, come previsto – diventare finalmente e ufficialmente un giocatore del Milan. Per la cronaca: in quel Mundialito Borghi venne eletto miglior giocatore del torneo, ma quello che il Milan si tenne stretto fu Rijkaard.

21 giugno 1987: Rijkaard e il "provino" al Milan nel Mundialito

20 giugno 2024: la Uefa blocca l’affare Todibo

Di solito, per una trattativa, ci si siede al tavolo in due: c’è chi vende e c’è chi compra. Ma cosa succede quando chi vende e chi compra sono la stessa persona? Incredibilmente, persino in quel caso il trasferimento può saltare. È la storia di Jean-Clair Todibo, difensore francese del Nizza su cui ha messo gli occhi il Manchester United pronto a offrire 40 milioni di euro, e non solo per il curioso record che detiene: espulso dopo 8 secondi in una partita di Ligue1 contro l’Angers, rosso più veloce della storia del campionato francese. Il problema si pone nel momento in cui si realizza che United e Nizza hanno la stessa proprietà, dato che Jim Ratcliffe, azionista del Manchester United, è anche il presidente di Ineos, società proprietaria del Nizza; ma, soprattutto, sia United che Nizza si sono qualificate per l’Europa League, e la Uefa vieta che club impegnati nella stessa competizione si scambino giocatori. L’operazione, praticamente conclusa, viene bloccata sul più bello, con vivaci proteste di Ratcliffe che ritiene troppo severa la Uefa. E Todibo? Alla fine passa al West Ham: il Manchester United lo vedrà solo da avversario (ma non in Europa League).

20 giugno 2024: la Uefa blocca l’affare Todibo
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19 giugno 2002: Ahn elimina l’Italia, Gaucci lo caccia

Tra le varie “Coree” conosciute dalla Nazionale italiana (e ultimamente ce ne sono state diverse…) c’è quella del Sud al Mondiale 2002. I fattacci sono noti, è la partita in cui l’arbitro Byron Moreno in mondovisione di fatto elimina l’Italia, il 18 giugno. Dopo l’1-1 dei tempi regolamentari contro i padroni di casa, Moreno inanella una serie di decisioni giustificabili solo con la malafede: tra le più clamorose, il rigore negato a Totti, poi espulso, e il gol di Tommasi annullato per un inesistente fuorigioco. Con gli Azzurri divisi tra il sentimento di incredulità e quello di impotenza, al minuto 117 Lee Young fa spiovere un pallone nell’area di Buffon: Ahn Jung-Hwan ci va di testa, anticipando Maldini e segnando il golden-gol che rispedisce a casa l’Italia. A condannarci è un attaccante sudcoreano che caso vuole giochi in Serie A, nel Perugia, dove l’allenatore Serse Cosmi non lo vede (34 presenze in due stagioni, quasi mai da titolare, e 5 gol) e il presidente Luciano Gaucci non lo vuole più vedere. Il giorno dopo l’eliminazione dell’Italia dal Mondiale, esplode la rabbia di Gaucci che sa bene di rinunciare a soldi facili, ma lo fa con spirito patriottico. Sì, perché Ahn è in prestito dal Busan I-Cons, e il Perugia potrebbe facilmente riscattarlo (basta un milione di dollari) e rivenderlo a una cifra maggiore, ora che il giocatore si è valorizzato grazie al Mondiale. E invece… “Sono indignato!”, tuona Gaucci. “Quello non rimetterà mai più piede a Perugia! Quel signore non deve più accostarsi alla nostra squadra”, ripete senza nemmeno nominarlo. “Ho già dato disposizione che venga azzerata ogni possibilità di riscatto. Lui si è messo a fare il fenomeno soltanto quando si è trattato di giocare contro l'Italia e questa è un'offesa a un Paese che due anni fa gli aveva spalancato le porte". Chiuse quelle del Perugia, gliele aprirà lo Shimizu, un club giapponese in cerca di rilancio, dopo che un sondaggio in Giappone ha eletto Ahn il secondo giocatore straniero più apprezzato, dopo David Beckham.

19 giugno 2002: Ahn elimina l’Italia, Gaucci lo caccia

18 giugno 1991: “Volete il Trap? Dateci Di Canio”

Mai, prima di allora, si era visto un club “acquistare” un allenatore offrendo in cambio un giocatore. Succede nell’estate 1991, quando la Juventus vuole riportare sulla panchina bianconera Trapattoni, iniziando un lungo corteggiamento. Il Trap “rompe” con l’Inter (con cui è ancora sotto contratto), nel frattempo il presidente nerazzurro Pellegrini si è cautelato trovando l’accordo con Corrado Orrico, ma la questione non è semplice da dirimere. Ecco allora che Boniperti offre all’Inter un “indennizzo”, in cambio della “libertà” concessa a Trapattoni: presenta all’Inter una lista di giocatori da cui poter attingere, e Pellegrini la valuta con il suo nuovo allenatore. Orrico non ha dubbi: “Presidente, prenda Di Canio!”. “No, meglio di no: mi dicono sia una testa calda”, rispose Pellegrini. “Presidente i bravi ragazzi li scegliamo per le figlie, ma quando si tratta di giocare a calcio bisogna vederli in campo, e questo è il più forte di tutti”, insistette Orrico. Pare fatta, l’Inter indica Paolo Di Canio come contropartita, ma nel frattempo Trapattoni, passato dall’altra parte della “barricata” stoppa l’affare. “Di Canio non si tocca, sceglietene un altro”. La scelta ricadde così su Dino Baggio, che curiosamente quell’anno si trovò a presenziare a due presentazioni nel giro di pochi giorni: e dopo aver partecipato a quella della Juve, prese parte anche a quella dell’Inter.

18 giugno 1991: “Volete il Trap? Dateci Di Canio”
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17 giugno 2009: Cissokho al Milan “bocciato” per i denti

Di affari saltati perché un giocatore non ha superato le visite mediche ne abbiamo visti: non tanti, ma capita. Quello di Aly Cissokho, però, resta veramente un caso unico nella storia del mercato. Ma soprattutto: quando si parla di “visite mediche” avreste mai detto che ai giocatori controllano anche i denti? Evidentemente è così. Perché il 17 giugno 2009 l’esterno francese del Porto Cissokho si appresta a sostenere le visite di rito con il Milan dopo che l’accordo tra i club è stato trovato sulla base di 15 milioni: entra nella clinica dove lo attende lo staff sanitario con un sorriso così e nessun sospetto sul fatto che proprio quello potrebbe tradirlo. Lo scoprirà solo il giorno dopo, quando il Milan annuncerà di rinunciare all’acquisto del giocatore a causa di problemi odontoiatrici, riscontrati proprio nel corso delle visite mediche, che potrebbero avere ripercussioni sulla postura e portare a possibili problemi muscolari. Cissokho, incredulo, si difenderà dicendo che il Milan si è sfilato per una questione economica e pochi giorni dopo si accaserà al Lione (che lo paga 16,2 milioni). Il giorno della presentazione, in barba a tutti quanti, esibisce il suo sorrisone a 32 denti.

17 giugno 2009: Cissokho al Milan “bocciato” per i denti

16 giugno 2021: Buffon rifirma con il Parma, 20 anni dopo

Quarantatre anni e un tavolo pieno zeppo di proposte. Privilegi da campioni. “Ci sono squadre che fanno la Champions League e mi hanno offerto un ruolo da primo, altre che ambiscono a vincerla ma mi vogliono come secondo, e io quel ruolo l’ho fatto solo per la Juve. Poi ci sarebbe il ritorno alle origini, che fa leva sui sentimenti e mi dà le motivazioni di cui ho bisogno per fare bene. Devo capire quale è la cosa migliore per essere protagonista”. Gigi Buffon lo capisce il 16 giugno 2021 quando firma con il Parma, che non fa la Champions e non ambisce a vincerla. Sono passati 20 anni da quando lo aveva lasciato per iniziare a fare la storia con la maglia della Juventus. È la scelta del cuore di un mito che non se la sente di smettere (anche se ci è andato vicinissimo, come confessa) e che torna in B (ci era già stato scegliendo di non abbandonare la Juventus dopo Calciopoli) per amore del club che lo aveva lanciato poco più che bambino: 1991 l’inizio del suo cammino nelle giovanili, 2001 l’addio (pagato 75 miliardi di lire dalla Juve), 2021 il ritorno.

16 giugno 2021: Buffon rifirma con il Parma, 20 anni dopo
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15 giugno 1995: (la moglie di) Paul Ince non trova casa

“Di Paul Ince mi innamorai al punto da andare a prendermelo di persona con un viaggio in Inghilterra”. Quando Massimo Moratti si fissava su un colpo di mercato c’era poco da fare: aveva appena rilevato l’Inter quando decise che avrebbe fatto indossare il nerazzurro a due colonne del Manchester United, che apprezzava per la personalità e il temperamento: Eric Cantona e Paul Ince. Andò ad ammirarli di persona, quel giorno lo United giocava in casa del Crystal Palace. Sotto i suoi occhi, Cantona si esibì nel celebre calcio kung-fu style al tifoso che lo aveva insultato, diventando un suo grande rimpianto, e così si dovette “accontentare” di Ince. Tutto fatto, è proprio il caso di dire che “manca solo la firma”. Se non fosse che, prevista per il 15 giugno, la firma non arriva. Il problema è semplice: Ince non trova casa. O almeno non la trova come vorrebbe. O meglio: non la trova come la vorrebbe la moglie, Claire, zero voglia di trasferirsi a Milano e almeno dieci (si disse) ville sul lago di Como bocciate. “Mi spiace, sotto un certo livello non scendo”, rispondeva la signora. Ora, nonostante i rivedibili modi di Claire, questa storia ci ricorda che dietro ai calciatori (che durante il mercato descriviamo spesso come pacchi postali) ci sono famiglie, sogni e bisogni, paure e aspettative, che viaggiano con loro. Valigie da riempire, scuole dei figli da cambiare, amici da lasciare. E case nuove da trovare. Ci sta che Ince si prenda il suo tempo.

15 giugno 1995: (la moglie di) Paul Ince non trova casa

14 giugno 1992: Ranieri non vuole suo cognato al Napoli

Se ci sono storie strane di mercato, questa rischia di batterle tutte. Con Claudio Ranieri che già da giovane allenatore (all’epoca dei fatti aveva 40 anni) si dimostra uomo integerrimo e di sani principi (non solo di gioco). È alla sua seconda stagione alla guida del Napoli quando il presidente Ferlaino gli comunica di aver già trovato l’accordo con l’Ascoli di Costantino Rozzi per prendere Paolo Benetti, difensore di 27 anni reduce da un’ottima stagione nonostante la retrocessione. Ranieri si oppone: nessuna questione tecnica o tattica alla base. Piuttosto, familiare. “Devo dire no – spiegò Ranieri – perché io e Paolo siamo passati tutti e due per Catanzaro, e lì abbiamo sposato due sorelle. Siamo cognati, insomma, e non mi piacerebbe che qualcuno dei miei giocatori pensasse che mi sono voluto mettere un parente nello spogliatoio”. Non da tutti, nell’Italia scossa da Tangentopoli. E il povero Benetti? Resta all’Ascoli, appenderà gli scarpini nel 1999, poi Coverciano e una carriera da allenatore iniziata con le giovanili della Lazio. Fino a quando, 15 anni dopo quell’episodio, non si “ricongiunge” a Ranieri entrando a far parte del suo staff.

14 giugno 1992: Ranieri non vuole suo cognato al Napoli
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13 giugno 1997: il “bidone” Andersson sbarca al Milan

C’è una legge non scritta al Milan, negli Anni Novanta: se esiste un attaccante capace di segnare alla difesa che vanta Maldini, Baresi, Costacurta, Tassotti e Galli, quell’attaccante merita di vestire la maglia rossonera. D’altra parte, meglio averlo come alleato che nemico. Papin (Olympique Marsiglia), Weah (Psg), Kluivert (Ajax), Dugarry (Bordeaux): prima segnano al Milan, poi lo abbracciano. Nell’ottobre del 1996 entra nel club anche Andreas Andersson, che con il suo Goteborg spaventa il Milan a San Siro, in Champions. I rossoneri vincono 4-2, gli autori di quei due gol – Blomqvist e Anderson – finiscono dritti sul taccuino di Galliani. Il secondo arriva un’estate dopo, sbarcando a Milano il 13 giugno 1997 per le visite mediche. Caschetto biondo, occhi azzurri, sembra uscito da una boy-band. Di sicuro, però, Fabio Capello non è tra i suoi più grandi estimatori. In campionato gli fa vedere dalla panchina le prime tre, regalandogli l’esordio nei sedicesimi di Coppa Italia contro la Reggiana. Andreas Andersson è un disastro, finisce 0-0. Al ritorno sta in panca (giocano Weah-Kluivert) e il Milan vince 2-0. Ancora peggio agli ottavi, contro la Sampdoria: di nuovo titolare, con lui in campo il Milan è sotto 0-2 a San Siro. All’intervallo, fuori AA e dentro Weah: finisce 3-2 per il Milan. A gennaio, inutile dirlo, è già tempo di fare le valigie.

13 giugno 1997: il “bidone” Andersson sbarca al Milan

12 giugno 2018: Lopetegui va al Real piangendo

Dopo tre Champions in tre anni, Zinedine Zidane si è dimesso: non è più l'allenatore del Real Madrid. Alla Casa Blanca non sono abituati a certi rifiuti, ma non c’è tempo da perdere e va trovato subito il successore. Florentino Perez spara altissimo e chiede ai suoi collaboratori: "Chi è il Ct della nazionale?". "Lopetegui, signore". "Bene, prendiamolo". L'annuncio a sorpresa sorprende persino lui, che però non può dire di no al grande Real, e firma. Ora: l'estate 2018 è anche quella dei Mondiali, che stanno per prendere il via, e Lopetegui non dubita minimamente del fatto di andarci da Ct della Spagna e iniziare a fare l'allenatore del Real Madrid al ritorno. Non la pensa così, però, la Federazione spagnola, che – rispondendo a un colpo di scena con un altro colpo di scena – lo esonera a due giorni dall’inizio dei Mondiali. "Non possiamo venire a sapere che Lopetegui è il nuovo allenatore del Real Madrid 5 minuti prima del comunicato ufficiale", dirà il numero uno della Federazione, Luis Rubiales, che non ha apprezzato le tempistiche del "ratto" di Lopetegui. Nella conferenza stampa di presentazione alla Casa Blanca, Lopetegui scoppia in lacrime: di commozione, per aver raggiunto la panchina del club più ambito, ma anche di rabbia per aver perso l’occasione di un Mondiale da Ct. Il destino poi si accanisce ulteriormente: al Real fa flop, e dopo 4 mesi Florentino l'ha già esonerato.

12 giugno 2018: Lopetegui va al Real piangendo
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11 giugno 1995: la rivolta blocca Signori al Parma

“Ho venduto Signori al Parma per 25 miliardi”. Sono le 15.30 di un tranquillo venerdì di calciomercato quando il presidente della Lazio, Sergio Cragnotti, se ne esce con questa comunicazione. Nessun giro di parole, secco: come se avesse annunciato di aver ceduto il terzo portiere delle giovanili, con tutto il rispetto per i terzi portieri e per le giovanili. Peccato che Beppe Signori, Beppe-gol, non sia un signore qualunque, a Roma. Per il popolo biancoceleste è il bomber della squadra, l’attaccante da 76 reti in 105 partite disputate nelle tre stagioni alla Lazio (due chiuse da capocannoniere della Serie A), uomo-simbolo e speranza di migliorare il terzo posto appena ottenuto dietro alla Juve e proprio al Parma. Social e smartphone devono ancora arrivare, ma a Roma le voci corrono, e i tifosi pure. Quelli biancocelesti corrono sotto la sede della Cragnotti & Partners e danno vita a una rivolta popolare contro un affare di calciomercato. Lanciano monetine e pomodori (Cragnotti era a capo della Cirio), si fanno inquadrare dalle telecamere mentre distruggono confezioni di latte Parmalat (l’azienda di Tanzi). Un finimondo. Tanto che Cragnotti deve fare marcia indietro e alle 18.20 manda Zoff ad annunciare: “Signori resta alla Lazio”. Tanzi conferma poco dopo: “Non lo voglio più. È insorta la piazza e io devo vendere i miei prodotti”. Addirittura Cragnotti, deluso, mette in vendita la Lazio. Per il ricchissimo e ambizioso Parma sarà uno dei tre grandi “no” incassati in un’estate: Roberto Baggio, Batistuta, Beppe Signori. Prenderà Stoichkov, con magistrale uscita del dg Pastorello dopo la firma: “Era il nostro primo obiettivo”. A saperlo prima, ci si evitava tanto rumore per nulla.

11 giugno 1995: la rivolta blocca Signori al Parma

10 giugno 2004: Totti spaventa la Roma: “Mai dire mai”

“Mai dire mai”. Bastano tre piccole parole per far tremare Roma, in un caldo pomeriggio di giugno. Sono sufficienti se a pronunciarle è Francesco Totti, anche se si trova a Lisbona. L’Italia del Trap sta preparando l’Europeo, quello del biscotto svedese, di Totti con le treccine squalificato per lo sputo al danese Poulsen “dopo revisione al video” (fornito dalla tv danese) quando ancora il Var non sapevamo cosa fosse. Che il capitano della Roma arrivi all’appuntamento poco sereno lo si intuisce anche da certe dichiarazioni che gli “scappano”, come quella del 10 giugno: sono giorni in cui il Milan lo corteggia, e lui non chiude del tutto la porta come i tifosi giallorossi si aspetterebbero. Anzi. “Io al Milan? Mai dire mai”. Apriti cielo. E poi aggiunge: “Sensi mi ha promesso tante cose: se non comprerà quei 5 o 6 giocatori che ho chiesto, mi sentirò libero”. La “lista” comprenderebbe Gilardino del Parma (che resterà a Parma un altro anno; poi Milan), Matteo Ferrari del Parma (preso), Simone Perrotta del Chievo (preso) e Philippe Mexes dell’Auxerre (preso). Alla fine Totti resta, anche perché Sensi sul gong ci aggiunge pure l’egiziano Mido, come “ripiego” dopo essere stato a un passo da Zlatan Ibrahimovic. Da “mai dire mai” a “mai dire Mido”.

10 giugno 2004: Totti spaventa la Roma: “Mai dire mai”
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9 giugno 2022: una spalla blocca Carnesecchi alla Lazio

Aveva risposto alla convocazione della Nazionale Under 21 con l’agente che lo teneva aggiornato sul suo futuro. Un futuro quasi scritto. La prospettiva concreta era quella di andare in Nazionale da portiere della Cremonese e di fare ritorno da nuovo portiere della Lazio. Sarri lo apprezza, Igli Tare lo sta trattando con l’Atalanta, proprietaria del cartellino che però l’ha girato in B ai grigiorossi, con i quali ha da poco conquistato la promozione in A. La Lazio offre 10, l’Atalanta vuole 15, l’impressione è che a metà strada ci si incontrerà. È una bella estate per Marco Carnesecchi. Poi, in Nazionale, un infortunio alla spalla rovina tutto. Occorre operare, si parla di 3-4 mesi di stop. E con lui si stoppa anche la trattativa. Le chiamano sliding doors. La Lazio vira su Provedel, Carnesecchi resta in prestito alla Cremonese, con cui esordisce in A ma retrocede a fine stagione (penultimo posto e 47 gol incassati in 27 partite). Un’estate dopo, però, l’Atalanta si accorge di lui e se lo tiene stretto; oggi è nel giro della Nazionale maggiore. A proposito di sliding doors (e di portieri): com’è quella della porta e del portone?

9 giugno 2022: una spalla blocca Carnesecchi alla Lazio

8 giugno 1995: Roberto Carlos è del Parma (ma poi Stoichkov…)

Quel giorno la notizia meritava giusto un trafiletto sui quotidiani, nella sezione dedicata al mercato. Anche perché la maggior parte dei tifosi avrebbe risposto: “Ma Roberto Carlos chi? Il cantante?”. Sarebbe servito un Michael “Marty” J Fox su Delorean per convincerli che quel terzino brasiliano che non riusciva a contenere le cosce nei pantaloncini sarebbe diventato di lì a poco il migliore del mondo nel suo ruolo, contribuendo a cambiarlo. Poi però Marty avrebbe tirato fuori anche una strana tavoletta chiamata smartphone mostrando il video di una punizione che gira come fosse telecomandata, e allora avrebbero pensato a uno scherzo. Va bene tutto, ma la fisica ha ancora le sue leggi. Ad ogni modo, l’8 giugno del 1995 l’allenatore del Parma, Nevio Scala, ammette che il brasiliano del Palmeiras è in arrivo: “È fortissimo e ce lo terremo stretto”. Essere del Palmeiras, in quegli anni, significa essere della Parmalat, e quindi di Tanzi, come conferma il dg Pastorello. Poi però succede che Massimo Moratti se ne innamora e incontrando Pastorello in un ristorante gli ricorda come l’Inter si sia fatta da parte, evitando un braccio di ferro, quando il Parma voleva arrivare a Stoichkov, bulgaro Pallone d’oro del Barcellona. Come si fa nelle aste del fantacalcio tra amici: “Dai, io prima ti ho lasciato quello che volevi…”.

8 giugno 1995: Roberto Carlos è del Parma (ma poi Stoichkov…)
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7 giugno 1992: l’Inter su Allegri!

Clamoroso! L’Inter su Massimiliano Allegri! La notizia rimbalza quando si viene a sapere che il presidente nerazzurro in persona si è scomodato per andarlo a visionare. Non mentre si agita a bordocampo togliendosi la giacca, bensì mentre a centrocampo, con eleganza, dirige, smista, crea. Max Allegri, 25 anni da compiere, è il gioiello del Pescara di Galeone e nel campionato 1991/92 ha incantato in Serie B, raggiungendo la promozione. L’Inter gli ha messo gli occhi addosso, il presidente Pellegrini va a vederlo di persona in un Taranto-Pescara (2-1). Nel frattempo, il Pescara si interessa a tale Wim Jonk, olandese dell’Ajax: nella finale di Coppa Uefa giocata a maggio contro il Torino ha anche segnato. E invece, guarda un po’ gli scherzi del mercato, Allegri resterà al Pescara (dove giocherà la sua miglior stagione in A) mentre Jonk finirà all’Inter, un anno dopo. Rivincendo la Uefa, con un altro gol segnato in finale.

7 giugno 1992: l’Inter su Allegri!

6 giugno 1996: Cerezo all’Atletico Mineiro per un pugno di dollari

Tornare a giocare nel club in cui sei cresciuto, e farlo praticamente gratis. Protagonista il mitico Toninho Cerezo che, al termine di una carriera super con Roma, Sampdoria e San Paolo, e con una bacheca personale traboccante di trofei, a 41 anni decide di dare una mano al suo caro Atletico Mineiro. Ingaggio di 112 dollari al mese, all’epoca circa 170mila lire, stipendio “pro forma” giusto per risultare in regola con lo statuto dei lavoratori. Perché lui l’avrebbe fatto anche gratis. Firma e dice: “I soldi che ho guadagnato in passato mi bastano per vivere bene”.

6 giugno 1996: Cerezo all’Atletico Mineiro per un pugno di dollari
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5 giugno 2024: Antonio Conte al Napoli, primo passo verso lo scudetto

Ecco il giorno esatto in cui il Napoli inizia a vincere il suo ultimo scudetto: è il giorno in cui Antonio Conte appone la firma su un contratto triennale da 6,5 milioni all’anno. “Antonio è un top coach, un leader”, le parole con cui lo accoglie un entusiasta De Laurentiis, che avrà pure mille difetti, ma quando si tratta di scegliere gli allenatori raramente sbaglia, puntando sempre al massimo. ADL parla di “rifondazione” (dopo una stagione post-scudetto da incubo) e aggiunge: “Oggi si apre un nuovo importante capitolo della storia del Napoli”. Rileggendola a posteriori, aveva ragione lui: è il "capitolo scudetto". Conte invece nella sua prima frase da allenatore del Napoli inserisce già la parola “impegno”. Poi inizia a lavorare. Per portare Lukaku (rinunciando tranquillamente a Osimhen), per avere Buongiorno, per trattenere Di Lorenzo che sogna la Juve. Come fa un leader.

5 giugno 2024: Antonio Conte al Napoli, primo passo verso lo scudetto

4 giugno 2024: Sergio Conceiçao lascia il Porto (ma dirà tutto)

Tutta colpa delle elezioni. Il 25 aprile 2024 Sergio Conceiçao, al settimo anno sulla panchina del Porto, firma il prolungamento del contratto per altri 4 anni. Lo firma con il presidente Pinto da Costa e Conceiçao non ha motivo di credere che in realtà i suoi giorni al Porto stiano per terminare. E invece… Il 28 aprile 2024, tre giorni dopo, Pinto da Costa perde le elezioni, sconfitto da André Villas-Boas, e per Conceiçao inizia il countdown. Sì, perché Villas-Boas vorrebbe come allenatore Vitor Bruno, che altri non è che uno degli assistenti di Conceiçao, e la cosa non può certo far piacere al povero Sergio. Sfiduciato dal nuovo presidente e “tradito” dall’amico, il 4 giugno Conceiçao decide di togliere il disturbo risolvendo il contratto quadriennale firmato poco più di un mese prima. “Presto dirò tutta la verità dei fatti”, annuncia sbattendo la porta. La stessa frase (“A fine stagione dirò tutto”) pronunciata praticamente un anno dopo (è il 27 aprile 2025), da allenatore del Milan, mentre il countdown è già partito.

4 giugno 2024: Sergio Conceiçao lascia il Porto (ma dirà tutto)
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3 giugno 2008: Mourinho si presenta in dialetto

I giornalisti presenti quel giorno ad Appiano sapevano che si trattava di un giorno importante, ma non avrebbero mai immaginato di vivere un momento “storico”. Quello in cui José Mourinho riscrive le regole della comunicazione, dando un assaggino (e che assaggino!) di ciò che sarà ogni volta che si troverà davanti a un microfono. Già il fatto che lo Special One (in Italia da poche settimane) risponda e parli in un perfetto italiano stupisce la maggior parte dei presenti. Ma non si è Special mica per caso. "L'ho imparato presto perché sono molto intelligente…”, spiega lui. Poi il momento magico. Gli chiedono se porterà Lampard all’Inter, lui svicola. Ci riprova poco dopo un altro giornalista dall’accento inglese: "Pensa che Lampard potrebbe trovarsi in difficoltà in Serie A?". Mou: "Perché mi chiedi di un giocatore del Chelsea?". "È un modo furbo di rifare la domanda del mio collega", replica l’altro. José fa una pausa scenica, trattiene il sorriso quasi non capacitandosi della bellezza di quell’assist, e poi la mette in gol: “Sì.. Sì, sì, sì... Ma io non sono pirla...". Applausi. Sipario.

3 giugno 2008: Mourinho si presenta in dialetto

2 giugno 2011: Pioli allenatore del Palermo per un’estate

Una delle “follie” del presidente Zamparini. Che se ne è inventate di curiose e ne ha esonerati di allenatori, ma così… Stefano Pioli diventa l’allenatore del Palermo il 2 giugno e viene cacciato il 31 agosto, a campionato non ancora iniziato. In pratica resta alla guida (non si può nemmeno parlare di “panchina”) per la preparazione estiva, incappa in un preliminare di Europa League perso senza mai perdere (2-2 a Palermo col Thun e 1-1 al ritorno) e lo paga carissimo. Ma Zamparini sa anche riconoscere i propri errori, e mesi dopo – con il suo Palermo che affonda e Pioli che nel frattempo ha preso il Bologna e lo sta facendo volare – ammetterà: “Mi sto mangiando un testicolo. Il secondo; il primo me lo sono già mangiato”.

2 giugno 2011: Pioli allenatore del Palermo per un’estate
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1° giugno 1998: Bierhoff al Milan seguendo Zac

Storie di allenatori che si portano dietro i propri pupilli. E poi magari vincono anche lo scudetto. Nell’estate del 1998 Silvio Berlusconi affida la panchina del suo Milan ad Alberto Zaccheroni, capace di portare l’Udinese al terzo posto nella stagione precedente. Anche grazie ai gol di quel tedesco dal volto gentile: fronte alta e stacco imperioso ne fanno una sentenza, in area di rigore, sui palloni alti. E da capocannoniere della Serie A (27 gol in 32 partite), “Oliviero bomber vero” Bierhoff si presenta al Milan, seguendo Zac che sa come mandarlo in gol. Ne farà 19 (14 di testa) alla sua prima stagione in rossonero, festeggiando uno scudetto inaspettato. Curiosamente, quasi 10 anni prima l’aveva portato in Italia l’Inter: preso e girato subito all’Ascoli, dei nerazzurri non vestirà mai la maglia. Nemmeno in una presentazione.

1° giugno 1998: Bierhoff al Milan seguendo Zac
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