Milan, Emerson Royal e gli altri 34 giocatori brasiliani della storia rossonera
le storieIntroduzione
Quello tra il Milan e il Brasile è stato più di un legame statistico (nessuna nazionalità è stata così presente nella storia rossonera), è stata una filosofia di gioco basata anche sulla spettacolarità, oltre il risultato. Le ballerine di samba per accogliere Ronaldinho, quegli arrivi in aeroporto di Kakà ("sembrava uno studente in Erasmus" disse Ancelotti) e Pato; ma anche le meteore. Emerson Royal sarà il numero 35 della storia del Milan e l'unico brasiliano in rosa.
Quello che devi sapere
A che punto siamo per Emerson Royal
Emerson Royal sarà un nuovo giocatore del Milan: è fatta per il passaggio del terzino brasiliano ai rossoneri. Sono stati infatti firmati i documenti tra il Milan e il club inglese che hanno trovato l’accordo sulla base di 15 milioni di euro più bonus. Ora, non resta che organizzare il viaggio del brasiliano verso l'Italia e programmare le visite mediche. L'ultimo brasiliano del Milan è stato Junior Messias.
Come lui nessuno mai, Kaká
Il brasiliano con più partite e con più gol, l'uomo dello scudetto del 2004, ancor di più, della Champions del 2007, che lo porterà al Pallone d'Oro, l'ultimo prima dell'era Ronaldo-Messi. Arriva in aeroporto, in punta di piedi, con la camicia ordinata e gli occhiali da studente Erasmus ("gli mancavano solo la cartella con i libri e la merendina" disse Ancelotti). Entra nei cuori dei tifosi per la classe e l'eleganza, dentro e fuori dal campo. Berlusconi diceva fosse "il figlio che tutte le madri vorrebbero avere e il marito che tutte le mogli sognano".
Pato, il grande rimpianto
Perché sì, vince uno scudetto e lo fa tra i protagonisti (doppietta nel derby decisivo del 2011), ma resta uno dei grande what if della storia. Cosa sarebbe successo se… Senza tutti gli infortuni a minarne l'esplosione. Quell'esordio a gennaio 2007 contro il Napoli con le mercurial vapor arancioni, le pistole e il cuore mimato nell'esultanza. 150 partite, 63 gol. Anche lui è ancora amatissimo dai tifosi.
Samba Ronaldinho
Un ufo atterrato a Milano, per poterci credere davvero - giustamente - ben quarantamila si ritrovarono a San Siro, Milano, in pieno luglio. Era il giorno della sua presentazione: ad attendere quel campione brasiliano - il cui motto era giocare a calcio con allegria - c'erano anche le ballerine di samba: lo stadio colorato di verdeoro, di luce, di divertimento; anche se non brillerà mai come fatto col Barcellona.
Il Fenomeno Ronaldo cambia squadra
Succede nel gennaio del 2007, quando chi era stato idolo della sponda nerazzurra della città firma col Milan. Nei suoi primi sei mesi si rivede - molto a sprazzi - il campione che fu. Quel Milan vince la Champions, ma lui non può prenderne parte perché (da vecchio regolamento) aveva già giocato la fase dei gironi col Real. In compenso, gioca sempre in campionato e aiuta nella rimonta quarto posto. Segna in un derby (perso) ed esulta con le mani alle orecchie. Poi altri guai fisici e l'addio.
Serginho, uomo derby
In quel 6-0 del maggio 2001 fa ammattire tutti quanti: tre assist, un gol, l'ultimo, quello del game, set e match. Una vita al Milan, giocava a sinistra nei quattro di difesa, ma era praticamente un attaccante aggiunto. "Serginho non si diverte giocando da terzino? - chiesero una volta a Carlo Ancelotti -. Vorrà dire che dopo la partita lo porterò al cinema". Sipario.
Thiago Silva, muro da scudetto
Per tanti brasiliani che giocavano in attacco, uno il cui compito era proteggere la porta. E come lo faceva… Sullo scudetto di Allegri del 2011 c'è la sua firma a caratteri cubitali (un po' come per Robinho). In carriera ha vinto quasi tutto: campionati su campionati, coppe varie, una Champions.
Rivaldo l'extraterrestre
Così lo chiamavano ai tempi del Barcellona: Galliani piazza il colpaccio nell'estate del 2002 e regala ad Ancelotti una rosa di stelle. Gioca e segna - 40 partite e 8 gol - ma non è tra gli assoluti protagonisti della Champions del 2003, con finale di Manchester guardata tutto il tempo dalla panchina. Nella memoria collettiva ci resta un suo gol di tacco a Modena (tra l'altro annullato) che fece impazzire lo stesso Adriano Galliani.
Dida e la porta di Manchester
La sua storia rossonera inizia con una papera (gol sotto le gambe) a Leeds, svolta e si consacra definitivamente sempre in terra inglese a Manchester, dove para tre rigori su cinque alla Juventus consegnando letteralmente la Champions League al diavolo. Si supera finendo di diritto tra i migliori al mondo, poi cala, sbaglia ancora ma resta idolo della tifoseria.
Roque Junior e la finale di Champions da infortunato
È stato uno dei primi brasiliani del corso recente rossonero, dal 2000 al 2003. Nel giro di un anno vince il Mondiale del 2002 in verdeoro e la Champions del 2003 col Milan, entrando nel mito per averla giocata (da subentrato e a cambi esauriti) da infortunato, praticamente su una gamba sola.
Cafu, eterno come il suo chwing gum
Uno dei simboli del calcio, campione di tutto, dalla Champions (vinta col Milan nel 2007 anche se non da titolare) ai Mondiali di calcio, due. Arriva nell'estate del 2003 dopo i grandi anni con la Roma: non è certo a fine carriera. Corre veloce avanti e indietro (già "pendolino" non a caso), instancabile come il suo chewing gum.
Leonardo: giocatore (il primo), dirigente, allenatore
Non il primo cronologicamente, ma il primo dell'era brasiliana moderna del Milan. Ce n'erano stati altri sei tra anni Trenta e Sessanta, lui riaccende la miccia firmando nel 1997. Fosforo in mezzo al campo: vince uno scudetto, poi diventa dirigente e - tanto per dire - contribuisce a portare in squadra tali Ricardo Kaká, Alexandre Pato e Thiago Silva. Tante vite in rossonero: allena, poi allena anche l'Inter e ritorna nuovamente da dirigente.
Paquetá e le altre meteore (recenti)
Ma la storia del Milan brasiliano non è solo coppe e samba. Nella sua avventura bis da dirigente Leonardo porta in rossonero anche Paquetá, che però delude. Negli anni più recenti si sono alternati - con pochissime fortune - anche i vari Luiz Adriano, Leo Duarte, Alex, Gabriel tra i pali, Rodrigo Ely, l'ex Roma e Inter Mancini e Claiton. Claiton chi? Appunto… (ex settore giovanile, una sola presenza al Milan e poi 19 in A tra Crotone, Chievo e Bologna).
Ricardo Oliveira, l'erede di Sheva
Che erede non fu, affatto. L'ucraino che ha scritto la storia saluta col magone nell'estate del 2006 e il sostituto arriva dalla prolifica terra verdeoro: prende la storica maglia numero 7, segna al debutto assoluto contro la Lazio (in 7 minuti esatti) ma poi è protagonista di una stagione da dimenticare. Storico flop.
Il fratello Digão e le altre meteore (più vecchie)
Il Milan vuole bene a Kakà e, come regalo, porta in squadra in quegli anni anche il fratello Digão, decisamente molto meno bravo. Tra i flop del passato anche Felipe Mattioni, Marcio Amoroso (che pur bene aveva fatto in Italia con Udinese e Parma) e Julio Cesar, cioè Júlio César Santos Correa, omonimo del portiere (e stella) nerazzurra che al Milan giocò appena cinque partite nel 2000-01.
Il Puma che fu, l'altro Emerson prima di Royal
Con le maglie di Roma e Juve era stato dominante, l'Emerson più famoso del calcio (non ce ne voglia Royal) arriva in rossonero in pieno Sunset boulevard ricordando solo vagamente il puma di un tempo. Lascia nel 2009 dopo una quarantina di presenze.
Giovane Elber (non) ha giocato col Milan
Bomber implacabile con la maglia del Bayern Monaco tra fine anni Novanta e inizio Duemila: in Baviera mette la firma su Bundes a ripetizione e una Champions, tra l'altro vinta in finale a Milano; ma a San Siro in rossonero non ci gioca mai. Il Milan lo compra da giovanissimo nel 1991, ma gli slot stranieri sono occupati (da tali Van Basten, Gullit e Rijkaard): finisce in prestito in Svizzera e poi lascia definitivamente per cercare fortune in Germania. In quegli anni al Milan giocò anche Andre Cruz, preso dal Napoli dopo una telenovela-derby di mercato con l'Inter.
Dino Sani e tutti gli altri
Completano il quadro altri sei brasiliani rossoneri, idealmente capeggiati da Dino Sani, faro del centrocampo del Milan tra il 1961 e il 1964, con una Coppa Campioni (la prima della storia del club) come stella polare della sua storia rossonera. In quella rosa c'era anche Emanuele Del Vecchio, mentre Amarildo (che vinse il Mondiale del 1962) col Milan collezionò solo una Coppa Italia. Sempre negli anni Sessanta ha giocato nel club milanese anche Germano, ma i primissimi rispondono ai nomi di Vicente Arnoni e Elisio Gabardo, rossoneri dal 1935.
- A che punto siamo per Emerson Royal
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- Serginho, uomo derby
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