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Giro d'Italia 2018, c'è Chris Froome. IL PROFILO

Ciclismo

Francesco Pierantozzi

Dopo Tour e Vuelta, Chris Froome insegue in Italia il terzo grande giro. In 6 ci sono riusciti nella storia del ciclismo, ma solo 2 l’anno fatto consecutivamente: Eddie Merckx e Bernard Hinault. Ecco un profilo del campionissimo del Team Sky

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E’ meno inglese del suo passaporto e di Wiggins e non solo perché sia nato a Nairobi e cresciuto poi in Sudafrica. E’ meno elegante di Sir Bradley in sella e non è nemmeno Sir. Non piace ai francesi e parla persino italiano perché da noi ha imparato il mestiere da pro. Detto così sembrerebbe un corridore qualunque, non uno capace di vincere quattro tour de France, una Vuelta, due medaglie olimpiche. Un dominatore assoluto, un perfezionista che ogni anno aggiunge qualcosa, e non solo nei risultati.

Fortissimo in salita, fortissimo a cronometro ha saputo migliorarsi nella guidabilità della bicicletta, in discesa, nella personalità che un leader deve avere, senza perdere la sua semplicità, il suo sorriso. In montagna frulla con pedalate che sembrano centrifugare la bicicletta, sembra pensare più ai watt e ai dati del computer che alla tattica di gara, a tavola non sgarra nemmeno quando c’è la deviazione obbligatoria delle feste di Natale, concentrato e determinato, sempre, ogni dettaglio può fare la differenza.

Marginal gain, i piccoli guadagni marginali, sono una religione. Talento, sì, ma che volontà, che impegno, che voglia. La classe non è solo stile e Froome se l’è conquistata giorno dopo giorno, una specie di rincorsa infinita, di moto perpetuo che sa più di frullata che di filosofia estetica.