In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

Simon Yates può davvero vincere il Giro d'Italia?

Ciclismo

Umberto Preite Martinez

Il ciclista britannico è la grande sorpresa di questo Giro: riuscirà a tenere dietro i favoriti e a prendersi la vittoria finale?

SIMON YATES VINCE ANCHE A OSIMO - GIRO, RISULTATI E CLASSIFICHE

Condividi:

Bury è una piccola città nel cuore dell’Inghilterra, pochi chilometri a nord di Manchester. È famosa, dicono, per il black pudding e poco altro. All’ultimo censimento contava poco più di settantamila abitanti di cui due ex calciatori in Premier League e due ciclisti di squadre World Tour. La vera curiosità è che in entrambi i casi si tratta di due fratelli: i primi sono i fratelli Neville, Gary e Phil; i secondi, meno conosciuti al di fuori del mondo calcistico, i gemelli Yates.

Nati entrambi lo stesso giorno, il 7 agosto 1992, Adam e Simon Yates sono cresciuti insieme, hanno sempre fatto le stesse cose, hanno sempre corso nella stessa squadra e, cosa non da poco nemmeno per due gemelli, sono perfettamente identici.

Passano professionisti insieme, nel 2014 con la Orica-GreenEdge, una squadra australiana attenta a far crescere giovani talenti. Adam inizia subito a raggranellare dei buoni risultati, coglie due vittorie in corse di seconda fascia e l’anno dopo si consacra trionfando da assoluto dominatore alla Classica di San Sebastian. Il 2016 è l’anno in cui emerge definitivamente, cogliendo un bellissimo 4° posto al Tour de France e proiettandosi nel mondo dei grandi.

Simon, invece, nei primi tre anni da professionista osserva silenzioso le vittorie del suo gemello. La Orica lo manda a fare esperienza in giro ma senza ottenere grandi risultati. Nel 2016 si mette in mostra alla Parigi-Nizza a inizio stagione e poi vince una tappa alla Vuelta a fine agosto prima di chiudere al 6° posto in classifica. Il talento sembra esserci ma l’impressione generale è che, tra i due, quello davvero forte sia Adam.

A due anni di distanza, Simon Yates si ritrova in maglia Rosa dopo 11 tappe. Ha 47” di vantaggio sul vincitore uscente, Tom Dumoulin e 1'04" su Thibaut Pinot. Silenziosamente ma costantemente, Simon Yates sta imponendo il suo potere sul Giro d’Italia.

I fratelli Yates in posa: Simon a destra, Adam a sinistra.

Da dove viene Simon Yates

Simon Yates ha iniziato a correre su pista, come tanti altri giovani britannici, dove ha ottenuto risultati brillanti, coronati dalla medaglia d’oro nella Corsa a Punti ai Mondiali di Minsk del febbraio 2013, quando aveva appena vent’anni. Nel frattempo ha iniziato a correre su strada fra i Dilettanti, vincendo tre tappe (una nel 2011 e due nel 2013) al Tour de L’Avenir, la più prestigiosa corsa a tappe per giovani. Sempre nel 2013, stavolta contro i professionisti, vince una tappa al Tour of Britain conquistando anche il 3° posto in classifica dietro a Bradley Wiggins e Martin Elmiger.

Un ciclista completo, dunque, forte in salita e bravo a cronometro. L’emblema della New generation britannica costruita da Brian Cookson, che ha guidato la British Cycling Federation dal 1997 al 2013, trasformando una baracca in rovina in un castello splendente.

Il lavoro fatto su Simon Yates dalla Orica (oggi diventata Mitchelton-Scott) ha chiuso il cerchio. Gli australiani l’hanno cullato, aspettandolo nel suo percorso di crescita e proteggendolo nei suoi passaggi a vuoto. E anche quest’anno sembra che abbiano gestito il suo avvicinamento al Giro d’Italia alla perfezione.

Yates a marzo volava, quasi letteralmente: ha vinto la tappa regina della Parigi-Nizza (2° nella classifica generale a una manciata di secondi da Marc Soler) e ha bissato alla Volta Ciclista a Catalunya. Poi si è tolto dai riflettori ed è andato in ritiro, presentandosi al via da Gerusalemme Ovest con un grande punto interrogativo sulla testa, all’ombra di Esteban Chaves, capitano designato dalla Mitchelton-Scott.

Strada facendo Yates ha piano piano scavalcato Chaves. Prima a cronometro e poi prendendosi la maglia Rosa sull’Etna, dopo una tappa gestita magistralmente da parte della Mitchelton-Scott che ha mandato Chaves in fuga da lontano consentendo prima alla squadra di riposare e poi, quando è partita la bagarre fra i favoriti, a Simon Yates di rimanere passivo sulle ruote dei suoi avversari. Poi, a 1500 metri dal traguardo, Yates ha salutato tutti ed è andato a riprendere Chaves in fuga. Tappa al colombiano e maglia al britannico: un grande lavoro di squadra.

L’uso delle due punte è stato perfetto anche nella 9ª tappa, quando Chaves ha chiuso sugli attacchi di Pinot e Pozzovivo permettendo a Yates di risparmiarsi la fatica di rispondere immediatamente agli scatti, prima di piazzare lo scatto vincente sul finale. Una vittoria che ricorda, con le dovute proporzioni, quella di Tom Dumoulin al Santuario di Oropa dell’anno scorso. Anche lì in maglia Rosa, rispondendo con calma agli attacchi avversari prima di abbatterli con uno scatto secco negli ultimi metri.

Il successo al Giro d’Italia

Il passato su pista ha lasciato a Simon Yates un ottimo spunto, come d’altra parte siamo stati costretti ad accorgerci in questi giorni. Quando parte secco, sembra far cadere tutti in una voragine dietro di sé, ed è stato impressionante vedere come si è tolto di ruota Pinot sull’Etna. Il francese aveva provato ad attaccare in precedenza, senza successo, ma quando parte Yates non riesce a tenerlo neanche per qualche metro. Il britannico si sposta sulla destra e va via senza che nessuno possa farci nulla.

A Campo Imperatore è stato lo stesso. Pinot e Pozzovivo hanno provato ad andar via, inutilmente. E quando Yates ha lanciato la sua volata non ce n’è stato per nessuno. Essere così freschi dopo una tappa di 225 chilometri, dopo quasi due ore di salita, significa avere una gamba fuori dal normale.

A vederlo salire su in gruppo, scortato dai suoi compagni, sembra una sfinge. Certo, ognuno reagisce alla fatica in maniera diversa, ma l’espressione tranquilla del suo volto in queste prime due tappe di montagna è sintomatica di quanto la sua testa sia in perfetta armonia con le sue gambe e con la bicicletta.

Yates si è presentato in sordina a questo Giro d’Italia ma uno dopo l’altro tutti i suoi avversari stanno lasciando qualcosa per strada mentre lui tira dritto come se non esistesse nient’altro all’infuori della sua bicicletta. È un tutt’uno col mezzo meccanico e sarà piuttosto difficile strappargli la maglia Rosa dalle spalle. Certo, c’è da affrontare lo Zoncolan fra una settimana e poi le tre tappe finali, le più difficili, ma Yates sembra sufficientemente in forma per arrivare fino in fondo. O almeno così dovrebbero pensare i suoi principali avversari.

Yates può davvero vincere il Giro?

La domanda sorge naturale in questi casi, ed è sempre la stessa quando un outsider si mette al centro del palcoscenico: fino a dove può arrivare Yates? Può davvero vincere il Giro d’Italia?

Come abbiamo detto, a Yates non manca il talento e sembra essere nella condizione fisica ottimale per arrivare fino in fondo. Ma per vincere il Giro d’Italia non basta. A Yates servirà innanzitutto un po’ di coraggio in più. Il ciclista inglese ha ancora tutti i grandi favoriti lì a poca distanza ed è impensabile pensare di vincere l’intera posta limitandosi a risparmiare le forze in gara per agguantare la tappa nell’ultimo chilometro. Yates dovrà essere bravo ad approfittare delle debolezze altrui rischiando di più, attaccando prima e con maggiore decisione per mettere più distacco possibile fra sé e gli avversari finché i rapporti di forza rimarranno questi.

Ad oggi, d’altra parte, sembra non esserci nessuno che stia meglio di lui. Froome, il grande favorito della vigilia, è caduto due volte in questi primi dieci giorni e a Campo Imperatore è arrivato con 1’07” da Yates sprofondando a 2’30” in classifica (11°). Non bisogna darlo per morto, però, perché Froome è un vero e proprio fenomeno delle corse a tappe, e se riuscirà a superare i postumi delle cadute sarà un avversario ostico.

Aru, invece, sembra essere già fuori dalla corsa per i primi posti: è naufragato a 2’39” senza nemmeno la scusante delle cadute. Anche Pozzovivo non sembra al momento un avversario credibile per la vittoria finale sia per caratteristiche (è uno scalatore puro, certo, ma senza il cambio di ritmo necessario per staccare gli avversari e il passo giusto per mantenere un eventuale vantaggio) sia per pedigree (a oltre 35 anni il suo miglior risultato in carriera è un 5° posto al Giro 2014), così come il giovanissimo Carapaz e i vari Bennett, O’Connor e Dennis.

Miguel Angel Lopez, altro possibile favorito alla vigilia, è ancora relegato in 12ª posizione a 2’37” dalla maglia Rosa. Anche l’Astana sembra fidarsi fino a un certo punto del suo giovane capitano, tanto da tenere Pello Bilbao ancora in classifica, risparmiandolo da gravosi compiti di gregariato.

I veri avversari di Yates sembrano più che altro Thibaut Pinot e Tom Dumoulin. Il francese ha mostrato una buona gamba (e c’era da aspettarselo) ma non è mai riuscito a mettere davvero in difficoltà i suoi avversari. Sicuramente non Simon Yates, dal quale adesso accusa un ritardo in classifica generale di 46”.

Il momento esatto in cui Yates annichilisce Pinot in cima a Campo Imperatore.

Discorso simile, ma ancor più complesso, per Dumoulin. Non essendo uno scalatore è normale per lui perdere qualcosa su salite così lunghe. Ma se già in tappe del genere fa fatica, è difficile immaginarselo all’attacco nelle grandi tappe di montagna che ci aspettano nelle prossime due settimane. Potrebbe provare ad attaccarlo a cronometro ma non c’è molto spazio per farlo. Considerando che nei 9,7 chilometri della prima tappa Yates ha perso da Dumoulin solo 20” (2,06 secondi circa al chilometro), possiamo prevedere che nei 34,2 chilometri a cronometro della Trento-Rovereto l’olandese recuperi ancora circa 1’10”. Troppo poco per pensare di difendere il vantaggio in salita.

Per Yates, quindi, il grande punto interrogativo rimane la tenuta fisica nelle tre settimane. Un punto che è sempre un’incognita per chiunque, ma lo è ancor di più per un ragazzo di 25 anni che in carriera non è mai neanche arrivato sul podio in una grande corsa a tappe. A guardare i pochissimi precedenti, però, i risultati del Tour de France 2017 e di inizio stagione in questo senso sono molto incoraggianti e dimostrano una continuità di rendimento invidiabile per un ciclista della sua età.

Al Tour dell’anno scorso è rimasto sempre costantemente nelle prime posizioni di classifica, senza mai avere grandi momenti di cedimento fisico. Certo, il Giro non è il Tour, e soprattutto il Giro di quest’anno non è il Tour dell’anno scorso, con la Sky a fare il passo regolare e tutti dietro in fila indiana, ma resta comunque un bel segnale in vista delle prossime tappe. A inizio stagione, inoltre, Yates ha corso quattro corse a tappe di una settimana fra febbraio e marzo. In pratica 25 giorni di gara in 54 giorni effettivi, sempre ottenendo discreti risultati e anche qui mostrando una buona continuità di rendimento.

La storia del ciclismo ci ha insegnato che la crisi è sempre dietro l’angolo, ma a vederlo così oggi sembra difficile che Simon Yates salti per aria improvvisamente. Non è detto che questo gli basterà per vincere, ma adesso tocca agli avversari dimostrare di essere più forti di lui quando il gioco si farà davvero duro.

Le insidie

La principale insidia, paradossalmente, sarebbe potuta essere il suo compagno di squadra Esteban Chaves. La Mitchelton-Scott si è presentata al Giro d’Italia con una formazione molto forte in salita e con due ciliegine a condividere la cima della torta. Nieve e Kreuziger sono due solidi gregari, mentre Jack Haig è rivelato una pedina fondamentale per preparare il terreno in salita ai suoi due capitani.

Etna, 6ª tappa: Chaves vince e si batte il petto, Yates, al secondo posto, alza le braccia al cielo in segno di vittoria e si prende la maglia Rosa.

Invece, anche Chaves è crollato. Piegato da un malore durante la 10ª tappa accentuato sia dal maltempo che dal giorno di riposo, il ciclista colombiano è stato messo in difficoltà dal forcing del Team Sky sulla prima salita proprio a inizio tappa e non è mai riuscito a rientrare in gruppo. Dopo essere scollinato con circa 4 minuti di ritardo, ha provato un disperato recupero prima di mollare definitivamente la presa sprofondando a oltre 25 minuti, fuori da qualsiasi discorso di classifica.

Con Chaves fuori dai giochi, per la Mitchelton-Scott si è sicuramente sistemata la questione dei due capitani, scacciando così lo spettro del Giro 1987 e del “tradimento” di Stephen Roche ai danni della maglia Rosa, nonché suo capitano e compagno di squadra, Roberto Visentini. Una situazione che sarebbe potuta esplodere sulle Alpi ma che invece Chaves ha involontariamente risolto molto più a Sud.

D’altro canto il poter giocare con due punte poteva far comodo alla squadra. Sia per avere una maggiore sicurezza di agguantare un buon risultato finale, sia per cercare di mettere in difficoltà gli avversari, come hanno fatto benissimo sull’Etna e a Campo Imperatore.

Yates quindi si ritrova con una freccia spuntata al suo arco ma con un gregario di lusso in più in vista delle Alpi. Ma ha anche, soprattutto, eliminato un potenziale problema nella sua corsa verso la maglia Rosa. Perché se è vero che il ciclismo è uno sport a squadre, è anche vero che la maglia Rosa è solo una e non si può dividere. A volte l’avversario più pericoloso è dove meno te l’aspetti.