Il francese si prende la sua rivincita dopo un Mondiale deludente e si impone sui monumenti del ciclismo dimostrandosi il più forte sul Poggio, dove la Sanremo si decide, e il più forte in volata, dove la si vince
Il più favorito dei favoriti, con gli occhi di tutti addosso, con l'obbligo di vincere, di portare a casa un "monumento", di diventare grande da buono, buonissimo corridore... il più forte sul Poggio, dove la Sanremo si decide, e il più forte in volata, dove la si vince. Alaphilippe batte tutto: la pressione prima di tutto col ricordo di un Mondiale bruttino da protagonista annunciato, i secondi posti di qualche anno fa a Liegi (2015) e nel Lombardia (2017), i compagni di squadra ingombranti, tipo Viviani e Gilbert, e poi Sagan, un monumento del ciclismo contemporaneo, tanto per stare in tema, e Kwiatkowski, già primo a Sanremo, due anni fa, e con una gamba super uscita dalla Parigi-Nizza.
Alaphilippe sembra sicuro di sé, imperturbabile, imbattibile, come se avesse già vinto corse di questo tipo... forte in salita, attento in discesa, sveglio a seguire le ruote giuste, bravo a scegliere i tempi perfetti per lo sprint ristretto. Non si fa prendere dal panico quando Trentin si lancia in un attacco a un paio di chilometri dal traguardo di Via Roma, non subisce la personalità di Sagan, e ha nella testa con ogni probabilità il successo in una volata sostanzialmente di gruppo alla Tirreno-Adriatico, come se avesse fatto le prove generali per provare lo sprint. Eppure è la prima volta in una corsa che pesa, monumento come detto e ripetuto, come il Fiandre, la Roubaix, la Liegi o il Lombardia. Grande forma, certo, ma un corridore alla Alaphilippe, perfetto tatticamente e così veloce, anche dopo 250 km, è destinato a essere il favorito sempre d'ora in poi quando si mette il numero sulla schiena. E se ha gli occhi di tutti addosso forse va pure più forte!