Bahrain 2011: lo spettacolo (non sempre) deve andare avanti

Formula 1
Il Circuito di Manama desolatamente vuoto nel 2011 dopo l'annullamento del GP del Bahrain (Getty)
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Sono trascorsi tre anni dalla cancellazione del GP di Sakhir a causa delle sommosse popolari a Manama, conseguenze della Primavera araba. Tra polemiche infinite e dichiarazioni al vetriolo, ecco cosa accadde in quei caotici mesi

(C.B). The show must go on, cantavano i Queen in una delle loro canzoni più famose. Ma a volte lo spettacolo si è fermato. Esattamente tre anni fa fu cancellato il GP del Bahrain, che domenica ospita invece la terza prova del Mondiale 2014 (live su Sky). Quello del 2011 fu un tira e molla infinito, in cui prevalse la volontà di non mettere a repentaglio la sicurezza di team, piloti e spettatori. In quei mesi il Regno era sconvolto dalle sommosse popolari, avvenute sulla scia della Primavera araba, dove la Formula 1 e il suo patron, Bernie Ecclestone, erano visti come simboli del capitalismo e dove si rivendicavano i diritti umani fondamentali.



L'ultima parola del principe - Il circuito di Sakhir avrebbe dovuto ospitare i test invernali dal 3 al 6 marzo, poi spostati a Montmelò. Due settimane prima era stata cancellata la tappa della GP2 asiatica, mentre la Formula 1 si arrese all'evidenza, spostando la gara che avrebbe inaugurato la stagione al 30 ottobre. La diplomazia di Todt ed Ecclestone non bastò e a metà giugno il principe Salman bin Hamad al-Jalifa dichiarò ufficialmente annullato il GP.



L'urlo di Mark - In quei mesi di attesa, in cui gli scontri di Manama proseguivano senza soste, i piloti restarono spettatori. Una voce, molto forte, si levò però dal coro. Mark Webber tuonò dal proprio sito internet: "La Formula 1 ha una responsabilità sociale come sport, quindi non deve prestarsi a queste mosse politiche. Ora non è il momento di correre in Bahrain. Dobbiamo mandare un chiaro messaggio legato ai diritti umani, che sono la cosa più importante".
I team, anche per questioni di sponsor, non si sbilanciarono, anche se il presidente della Williams, Adam Parr, subito dopo la cancellazione, ammise che la scuderia britannica avrebbe comunque boicottato il GP. The show must go on? Non sempre.