Promosso o bocciato? I voti alla svolta di Maranello
Formula 1Stefano Domenicali ha deciso di lasciare la Ferrari. Ecco cosa ne pensano alcuni dei principali esperti di Formula 1. Tra bilancio del recente passato e previsioni del futuro targato Marco Mattiacci
Promosso o bocciato? Chi segue da vicino il mondo della Formula1 prova a trarre un bilancio del percorso alla guida della Ferrari dell'ormai ex team principal Stefano Domenicali, a poche ore dalle sue dimissioni.
"Per me, è una brutta giornata. La Ferrari ha ceduto alla logica calcistica di cacciare l'allenatore perché mancano i risultati, ma va contro la sua storia migliore". E' questo il secco commento di Leo Turrini, giornalista e scrittore, grande esperto di Ferrari e amico personale di Stefano Domenicali. "Mi rendo conto che la Ferrari di quest'anno è qualcosa di simile a una tartaruga rossa, ma la Formula 1 è tecnologia, programmazione, non basta cambiare l'allenatore per invertire la tendenza. Nello stesso ruolo, a Jean Todt furono dati sette anni e mezzo di tempo - da luglio 1993 all'ottobre del 2000 - per vincere un mondiale piloti, e quello fu l'inizio del dream team della Ferrari di Schumacher. Domenicali era parte di quei successi come braccio destro di Todt, entrò a Maranello da neolaureato nel 1991 e resta un pezzo di storia della Ferrari. Era un ragazzo che passava le nottate in sacco a pelo per andare a vedere Gilles Villeneuve, posso immaginare come si senta in queste ore".
Amico di Domenicali è anche Gian Carlo Minardi, fondatore della storica scuderia faentina. "Cambiare team principal alla quarta gara del campionato è destabilizzante - dice - ed è vero che una scuderia di Formula 1 non è come una squadra di calcio, dove se le cose vanno male si sostituisce l’allenatore. Il problema attuale della Ferrari non è uno solo: è chiaro che al momento è sotto accusa soprattutto la power unit, ma non escluderei e porrei attenzione anche al telaio. Di certo, se la macchina non va non è colpa di chi gestisce il team: sono i tecnici che costruiscono una monoposto veloce".
Sull’innocenza di Stefano Domenicali non ha dubbi Jarno Trulli, al volante di una vettura di Formula 1 dal 1997 al 2011. "E’ solo un capro espiatorio, non c'è lui al centro del fallimento della Ferrari. Il vero problema è il motore, questo era e resta tuttora il reparto su cui lavorare, non c'è paragone con le Mercedes". Dimissioni che non cambiano lo scenario, dunque? "Uno scossone ci voleva, ma prima e con altri protagonisti. Domenicali può aver sbagliato alcune scelte, ma non spettava a lui rendere la monoposto all'altezza delle altre concorrenti al titolo".
A promuovere l'ex team principal della Rossa è Arianna Ravelli, giornalista del Corriere della sera: "Quello di Domenicali è un bilancio molto sfortunato, segnato da tre episodi fondamentali: il titolo perso da Massa nel 2008 all'ultima curva, quello andato a Vettel nel 2012 nella gara finale dopo una testacoda che a sorpresa non ha negato al tedesco la vittoria, e il "suicidio"della casa di Maranello nel 2013, ad Abu Dhabi". Domenicali come capro espiatorio, dunque? "Paga anche e soprattutto per colpe non sue, facendosi interprete della nuova strategia di spending review della Ferrari. Senza dimenticare le regole Fia che hanno cambiato il Mondiale".
Cesare Fiorio, che della Ferrari fu direttore sportivo dal 1989 all'inizio del 1991, solleva dubbi sulla svolta della scuderia italiana: "E' una scelta senz'altro coraggiosa e innovativa: non conosco il successore di Domenicali se non per averne visto rapidamente il curriculum, e mi sembra che non abbia un percorso sportivo alle spalle. A mio giudizio invece l'esperienza nelle corse è importante, e le scelte degli altri grandi team vanno in questa direzione". Su quale sia la causa delle difficoltà della Ferrari, Fiorio ha pochi dubbi: "Negli ultimi anni, in fondo, ha subito solo dalla Red Bull, forte del miglior tecnico progettista sulla piazza: Adrian Newey, ma a Maranello non ne hanno trovato uno altrettanto valido. Penso che abbiano anche provato a portare in Ferrari lo stesso Newey senza riuscirci, così si è arrivati alla giornata di oggi".
Questione di uomini anche secondo Umberto Zapelloni, vicedirettore della Gazzetta dello sport: "Ha sfiorato più di una volta il Mondiale, bisogna ammettere che sia stato anche molto sfortunato, ma la sua avventura in Ferrari vale una promozione. Non a pieni voti, con un 6 in pagella, ma pur sempre una promozione. In particolare, dovendogli trovare una colpa, bisogna considerare il fatto di non aver scelto i tecnici migliori, ritrovandosi a lottare per il titolo con una monoposto meno competitiva di quanto si aspettasse".
"Per me, è una brutta giornata. La Ferrari ha ceduto alla logica calcistica di cacciare l'allenatore perché mancano i risultati, ma va contro la sua storia migliore". E' questo il secco commento di Leo Turrini, giornalista e scrittore, grande esperto di Ferrari e amico personale di Stefano Domenicali. "Mi rendo conto che la Ferrari di quest'anno è qualcosa di simile a una tartaruga rossa, ma la Formula 1 è tecnologia, programmazione, non basta cambiare l'allenatore per invertire la tendenza. Nello stesso ruolo, a Jean Todt furono dati sette anni e mezzo di tempo - da luglio 1993 all'ottobre del 2000 - per vincere un mondiale piloti, e quello fu l'inizio del dream team della Ferrari di Schumacher. Domenicali era parte di quei successi come braccio destro di Todt, entrò a Maranello da neolaureato nel 1991 e resta un pezzo di storia della Ferrari. Era un ragazzo che passava le nottate in sacco a pelo per andare a vedere Gilles Villeneuve, posso immaginare come si senta in queste ore".
Amico di Domenicali è anche Gian Carlo Minardi, fondatore della storica scuderia faentina. "Cambiare team principal alla quarta gara del campionato è destabilizzante - dice - ed è vero che una scuderia di Formula 1 non è come una squadra di calcio, dove se le cose vanno male si sostituisce l’allenatore. Il problema attuale della Ferrari non è uno solo: è chiaro che al momento è sotto accusa soprattutto la power unit, ma non escluderei e porrei attenzione anche al telaio. Di certo, se la macchina non va non è colpa di chi gestisce il team: sono i tecnici che costruiscono una monoposto veloce".
Sull’innocenza di Stefano Domenicali non ha dubbi Jarno Trulli, al volante di una vettura di Formula 1 dal 1997 al 2011. "E’ solo un capro espiatorio, non c'è lui al centro del fallimento della Ferrari. Il vero problema è il motore, questo era e resta tuttora il reparto su cui lavorare, non c'è paragone con le Mercedes". Dimissioni che non cambiano lo scenario, dunque? "Uno scossone ci voleva, ma prima e con altri protagonisti. Domenicali può aver sbagliato alcune scelte, ma non spettava a lui rendere la monoposto all'altezza delle altre concorrenti al titolo".
A promuovere l'ex team principal della Rossa è Arianna Ravelli, giornalista del Corriere della sera: "Quello di Domenicali è un bilancio molto sfortunato, segnato da tre episodi fondamentali: il titolo perso da Massa nel 2008 all'ultima curva, quello andato a Vettel nel 2012 nella gara finale dopo una testacoda che a sorpresa non ha negato al tedesco la vittoria, e il "suicidio"della casa di Maranello nel 2013, ad Abu Dhabi". Domenicali come capro espiatorio, dunque? "Paga anche e soprattutto per colpe non sue, facendosi interprete della nuova strategia di spending review della Ferrari. Senza dimenticare le regole Fia che hanno cambiato il Mondiale".
Cesare Fiorio, che della Ferrari fu direttore sportivo dal 1989 all'inizio del 1991, solleva dubbi sulla svolta della scuderia italiana: "E' una scelta senz'altro coraggiosa e innovativa: non conosco il successore di Domenicali se non per averne visto rapidamente il curriculum, e mi sembra che non abbia un percorso sportivo alle spalle. A mio giudizio invece l'esperienza nelle corse è importante, e le scelte degli altri grandi team vanno in questa direzione". Su quale sia la causa delle difficoltà della Ferrari, Fiorio ha pochi dubbi: "Negli ultimi anni, in fondo, ha subito solo dalla Red Bull, forte del miglior tecnico progettista sulla piazza: Adrian Newey, ma a Maranello non ne hanno trovato uno altrettanto valido. Penso che abbiano anche provato a portare in Ferrari lo stesso Newey senza riuscirci, così si è arrivati alla giornata di oggi".
Questione di uomini anche secondo Umberto Zapelloni, vicedirettore della Gazzetta dello sport: "Ha sfiorato più di una volta il Mondiale, bisogna ammettere che sia stato anche molto sfortunato, ma la sua avventura in Ferrari vale una promozione. Non a pieni voti, con un 6 in pagella, ma pur sempre una promozione. In particolare, dovendogli trovare una colpa, bisogna considerare il fatto di non aver scelto i tecnici migliori, ritrovandosi a lottare per il titolo con una monoposto meno competitiva di quanto si aspettasse".
Incredibile notizia, mi dispiace per il nostro Capo #Domenicali
— DavideRigon (@rigondavide) April 14, 2014