Barcellona e la F1: una lunga storia d'amore

Formula 1
La leggendaria Lotus-Cosworth 49B guidata da Graham Hill (Foto Getty)

Riviviamo una pagina della storia dei “cavalieri del rischio”, tra Lotus 49, grandi campioni e la pista sulla collina olimpica del Montjuic. Impensabile poter correre lì, ma una volta…

GP di Spagna, quarantacinquesima edizione, si corre al "Circuit de Catalunya" a Montmelò, paesino di otto mila anime diventato famoso grazie al motorsport a partire dal 1992, quando viene inaugurata una bella pista, veloce e tecnica. Qui gli investimenti portati dai Giochi Olimpici di Barcellona si vedono, sono tangibili e la ventina di chilometri che separano Montmelò dal centro delle capitale catalana ti permettono di passare agilmente da movida, cultura, turismo, mare al sound dei V6 turbo, ancora un po' debolino a dire il vero, ma comunque in grado di smuovere la tranquillità della provincia richiamando il grande pubblico sulle tribune.

 

Una volta era il Montjuic - Il Barrio Gorico e la Cattedrale, le visioni di Miró e Picasso, Gaudí e le sue favolose allucinazioni architetturali, il mare e i grandi parchi cittadini, le Ramblas ed il Tibidabo… Barcellona offre tanto, tantissimo da vedere e da vivere. Ma c'è stata un'epoca in cui, oltre a tutto ciò, la città garantiva anche la possibilità di vedere la Formula 1 da vicino, addirittura da dentro il suo cuore verde, da un prospettiva panoramica come quella offerta dalla collina del Montjuic, già testimone delle gesta eroiche di Tazio Nuvolari e della sua Alfa 12C negli anni '30.

 

Sulle ali della follia - Dopo la breve parentesi di Pedralbes, dal nome del quartiere della capitale catalana dove si corre sulla lunghissima avenida Diagonal e dove Juan Manuel Fangio regala all'Alfa Romeo il secondo alloro mondiale, il ritorno della massima serie a Barcellona è datato '69, in piena epopea dei "cavalieri del rischio". Si corre ancora (dopo gli anni '30) sulla collina del Montjuic a oltre 150 di media, su e giù per un toboga di quasi 4 km, rischiando oltre ogni ragionevole limite. Il tracciato è un cittadino-collinare fasciato da lame di Armco per tenere in pista le macchine, separandole da alberi e pubblico. Le monoposto del '69, come se non bastasse, stanno vivendo in pieno il primo delirio aerodinamico della storia della Formula 1. Sono dotate infatti di grandi alettoni monoplano che, posizionati fino ad un metro e mezzo di altezza dal suolo, vengono sostenuti semplicemente da esili supporti tubolari fissati alle sospensioni (che per loro natura non sono fisse!). E' palese a tutti, anche ai meno esperti, che si sia andati oltre, troppo oltre!

 

E' andata bene! Questa volta… - La Lotus 49 spinta dal V8 Ford Cosworth DFV è splendida nei colori Gold Leaf, un "omaggio" al primo sponsor tabaccaio della storia della Formula 1. E' una vettura al top dell'esasperazione tecnica,  lo vuole e lo impone da sempre il team principal Chapman e le prestazioni ci sono (l'affidabilità meno), tanto che al Montjuic la pole è una questione privata tra Rint e il velenoso tracciato. Considerando le terribili sollecitazioni a cui le vetture sono sottoposte sui saliscendo della collina, unite all'imponente carico aerodinamico generato dalle ali, è chiaro che per il disastro è solo questione di tempo. Sul fatto che prima o poi debba succedere qualcosa di serio non ci sono dubbi, perché i supporti delle ali non possono reggere. Sulla 49 di Hill, infatti, si rompono come stuzzicadenti facendo schiantare il campione del mondo contro il rail al passaggio numero otto. Il giro successivo è la volta del leader Rint. La sua vettura perde l'alettone posteriore nello stesso punto del compagno di team e la monoposto si disintegra tra le lame degli Armco e il rottamente dell'altra Lotus ufficiale, ribaltandosi. Solo per miracolo Rint esce vivo dall'impatto, con varie fratture al volto e una gran botta in testa. E' andata bene, moto bene! Dal GP successivo di Montecarlo gli assurdi alettoni verranno vietati, ma la Lotus 49 manterrà inviolato il suo fascino.