Formula 1, GP d'Italia: dove si fa il tempo a Monza?

Formula 1

Paolo Filisetti

Velocità di punta da record e grandi staccate alle Varianti sono due elementi fondamentali di Monza. Analizziamo con il supporto di una animazione 3D cosa succede ad una monoposto quando si trova ad affrontare la Roggia, uno dei punti chiave della pista del Parco

Il GP d’Italia è in diretta su Sky Sport F1 e Sky Sport Uno e in streaming su Skysport.it. La gara domenica 2 settembre alle 15.10 (pre dalle 13.30)

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Se  l’Eau Rouge rappresenta il punto più iconico del circuito di Spa-Francorchamps, soprattutto per le variazioni altimetriche che la caratterizzano, un’immagine - anzi ci sembra più corretto dire, un elemento - che immediatamente identifica il tracciato di Monza, è rappresentato dai suoi cordoli particolarmente alti in corrispondenza delle sue varianti. Tra queste, poi, quella determinante agli effetti della realizzazione di un valido tempo sul giro, è la seconda, conosciuta anche come variante della Roggia. Le monoposto la raggiungono dopo aver percorso in pieno il curvone Biassono ed il rettilineo che segue, a una velocità di poco inferiore ai 300 Kmh, prima della staccata in ingresso alla variante. Il passaggio sui cordoli, qui è di fatto obbligatorio per fare il tempo, sia lambendo quello di sinistra in entrata, ma soprattutto sovrastando quello di destra in uscita, cercando in questo modo sia di ridurre al minimo la fase di transitorio, sia di allineare il prima possibile la monoposto alla traiettoria in uscita che porta nel breve rettilineo successivo alla prima delle due curve di Lesmo.

Obiettivo: uscire forte dalla variante della Roggia

Le sollecitazioni, scuotimenti e variazioni di assetto che la monoposto riceve alla Roggia sono davvero estreme, e richiedono un assetto - ed una risposta da parte degli elementi delle sospensioni - tale da ridurre il più possibile gli effetti negativi in uscita, legati alla perdita di contatto temporanea tra i pneumatici interni e l’asfalto, e la variazione di camber che riduce l’impronta a terra anche di quelli esterni.

Monoposto al limite estremo alla Roggia

Si possono identificare tre macrofasi nella percorrenza di questa variante, dove il passaggio obbligato prima sul cordolo di sinistra, seguito da quello di destra rappresentano le prime due, mentre la terza -di fatto obiettivo della risposta da parte delle sospensioni - è il ritorno, più rapido possibile all’assetto iniziale e come conseguenza alla massima impronta/aderenza dei pneumatici.

Potendo infatti immaginare in slow motion il passaggio sul primo cordolo, si noterebbe come anche in questa fase le ruote interne perdano per pochi attimi contatto con l’asfalto, ma che soprattutto il fenomeno sia estremizzato osservando i sobbalzi delle ruote di destra sul cordolo in uscita, dove l’impatto è macroscopicamente maggiore, a causa del forte taglio sul cordolo operato dalle monoposto.

Ciò detto lo scuotimento della ruota anteriore destra ha una frequenza che di fatto consente alla ruota di superare, in volo due singoli segmenti di cordolo prima di riprendere il contatto con il suolo (per identificare il segmento consideriamo ciascuna sua cuspide).

È importante rilevare che anche la ruota posteriore subisca uno scuotimento analogo passando sul cordolo, e che a seconda della fase di contatto o sobbalzo di quella anteriore si determini una sorta di risonanza che incrementa, piuttosto che parzialmente smorzi il sollevamento totale della vettura.

Come lavorano gli elementi della sospensione?

Parlando degli elementi interni della sospensione mossi dal puntone di reazione, è corretto porre un particolare accento sugli ammortizzatori.

In pratica la loro funzione di riduzione il rebound cioè il fenomeno di ritorno della barra di torsione (elemento elastico) è fondamentale per recuperare l’assetto inziale.  Mentre le barre di torsione fungono semplicemente da elementi che tendono rapidamente a spingere verso il basso le ruote, gli ammortizzatori impediscono che queste continuino a rimbalzare sino a conclusione dell’effetto dell’inerzia

La barra antirollio, qui in realtà opera come  di norma nella riduzione degli scuotimenti dello chassis trasmessi dall’impatto delle ruote sui cordoli, ma determina anche, a secondo della sua rigidezza, l’ampiezza del sollevamento delle ruote interne a causa della trasmissione della spinta verso l’alto al telaio.

Ultimo ma non per questo meno importante, Il terzo elemento trasversale, tende a smorzare, l’affossamento del muso quando le ruote sono in fase di spinta verticale verso l’alto, e quando di fatto la vettura  atterra, contribuendo  così a velocizzare il ritorno all’assetto  ideale, ripristinando le condizioni di massima trazione e direzionalità in uscita nel tratto che precede le curve di Lesmo.