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Formula 1, Sky Spy: "Quando c'è di mezzo la Ferrari tutto diventa un caso"

Formula 1

Sky Spy

Maurizio Arrivabene e Mattia Binotto (foto: Sutton)

“A Maranello fa notizia anche la dipartita di un usciere, o una discussione in sala mensa, figuriamoci quando ci sono elementi per montare un caso ai vertici! È sempre stato e sempre sarà così”. Premessa importante, da parte di un addetto ai lavori che ne ha viste parecchie. Non certo un’osservazione inedita, ma che comunque merita di essere sottolineata: quando c’è di mezzo la Ferrari tutto diventa un ‘caso’, e in questa storia gli elementi che riguardano i piani alti ci sono tutti

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Un punto di partenza tragico, ovvero la scomparsa del Presidente Sergio Marchionne, e l’improvvisa voragine di responsabilità, da riassegnare. “Pensate di togliere il pilastro portante ad una struttura – spiega il nostro Mr.X – si corre in soccorso, si tampona, ma non è proprio un lavoretto da poco rimettere tutto a posto. L’estate a Maranello è stata anche questo, ovvero le vetture continuavano ad essere prodotte, la Scuderia era regolarmente al via dei Gran Premi, ma ai piani alti c’era da ripensare ad un futuro diventato presente, e bisognava farlo subito”.

La fretta non sempre è una buona compagna di viaggio, ma l’assetto è stato partorito con il maltese Louis Camilleri nuovo amministratore delegato del Cavallino, e Maurizio Arrivabene che si è fatto carico di maggiori responsabilità alla guida della Scuderia. “Però Marchionne aveva disegnato un futuro un po' diverso – prosegue il nostro amico – con un ruolo di primo piano per Mattia Binotto, non sappiamo proprio quale sarebbe stato, ma indubbiamente avrebbe potuto agire con grande libertà e magari con voce in capitolo su aspetti che oggi gli sono preclusi”.

Quella di Binotto è stata la figura di maggiore ascesa negli ultimi anni ferraristi, un ingegnere del reparto motori emerso dall’interno dell’azienda fino a ottenere il controllo del dipartimento tecnico. “Parliamo di un gran ruolo – ci spiegano – ma Binotto non è proprio un uomo con piccole ambizioni, diciamo così. Non sapremo mai cosa prevedesse per lui il progetto di Marchionne, ma oggi sembra scalpitare, quindi è lecito pensare che ci fosse qualcosa in più rispetto ai compiti e le responsabilità attuali. Mettiamoci anche che tra lui e Arrivabene non c’è proprio un gran feeling, e aggiungiamo le offerte milionarie che Binotto avrebbe ricevuto da due squadre: ecco che gli ingredienti per un possibile mal di pancia ci sono tutti”.

Scusi, ma visto che lei ne ha viste tante, ora che succederà? “Arrivabene e Binotto possono sedersi intorno a un tavolo e decidere di andare avanti insieme, forse lo hanno già fatto, io me lo auguro. Non è necessario andare in vacanza insieme per fare un buon lavoro, però serve fiducia reciproca e soprattutto rispetto, sia del ruolo professionale che della persona. La Formula 1 è stress allo stato puro, se ci sono crepe diventano voragini”.

E se non fossero arrivati a questa soluzione? “Tutto si complicherebbe. Se uno dei due molla, a quel punto dai vertici di Torino dovranno identificare e nominare un sostituto, operazione non semplice, visto che siamo praticamente al via del 2019, ma comunque meno difficile del vedersi sul tavolo un aut-aut da parte di entrambi”.

Che succederebbe in quest’ultimo caso? “Bella domanda. Guardi, un’azienda sceglie sempre ciò che crea meno problemi. Per come la vedo io, oggi Binotto gestisce centinaia di tecnici, Arrivabene decine di altre persone. Ovviamente dipende anche dal mercato di potenziali sostituti, ovvero se hai un profilo perfetto per una sostituzione allora la scelta pende da quella parte. Un’azienda sceglie ciò che è meno traumatico per sè stessa, non guarda in faccia a nessuno”.

Ma lei cosa si augura? “Che Binotto e Arrivabene mettano da parte contrasti e pensino alla chance che hanno. Le chiavi della Ferrari sono nelle loro mani, io la trovo un’opportunità incredibile, possono fare la storia. Ma hanno bisogno uno dell’altro, e poi non sempre si lavora con un collega che si trova simpatico, no?. Pensate che per Christian Horner sia semplice lavorare con Helmut Marko? Diciamo che se la fa andare bene, è il mondo del lavoro. A volte vale davvero la pena mettere da parte ego ed orgoglio personale quando c’è un obiettivo importante da perseguire, e credo che su questo fronte le motivazioni non manchino di certo, sia ad Arrivabene che a Binotto”.