Max Verstappen ancora campione Formula 1 nel suo anno più difficile
MAX CAMPIONEUna stagione mai così complicata per l'olandese. Dal caso Horner all'addio di Newey e fino ai dubbi per il futuro in Red Bull. Poi un'estate mai così 'glaciale' e una McLaren che non Norris ha provato a strappargli lo scettro. Ma nulla da fare, Max ancora una volta è stato più forte di tutto e di tutti
LO SPECIALE VERSTAPPEN CAMPIONE
Sono da poco passate le otto del mattino in Brasile, in una domenica mattina uggiosa che segue la tempesta del sabato. Impossibile fare le qualifiche del Gran Premio e per la prima volta da cinque anni, pole e vittoria si assegnano lo stesso giorno. Verstappen ha già cinque posizioni di penalità sul groppone per il cambio di una componente della sua power unit, il caos generato dal meteo e da chi la mette a muro lo inguaiano ancor di più sbattendolo fuori in Q2 e condannandolo a partire 17° qualche ora dopo. Tra il briefing e il pranzo Norris sta pregustando il colpaccio, quello che riapre il mondiale, perché a leggere la griglia di partenza, fosse confermata all’arrivo, Lando sarebbe a meno 19 da Max. Una fucilata alla classifica nel momento perfetto, tre gare per azzannare il rivale ferito e diventare per la prima volta campione del mondo. Non abbiamo raccontato nulla di tutto questo e stiamo raccontando, invece, la meraviglia di un quattro volte campione del mondo – eguagliati Prost e Vettel – che ha dominato il campionato pur senza dominarlo. La gemma del Brasile è solo la più lucente nella corona di un capolavoro. Una vera propria Maxterclass nell’anno più difficile.
I quattro titoli di Max a confronto
Mettere a confronto i quattro titoli di Verstappen può apparire semplice: uno vinto all’ultimo giro, in un finale da film ad Abu Dhabi contro Lewis Hamilton rivale di una stagione intera con botte e botti da orbi, gli altri due più agevoli in una lotta con Leclerc finita troppo presto nel 2022 e una supremazia quasi imbarazzante nel 2023. Quest’anno è quello che più si avvicina al primo. Max ha vinto con quella che è diventata la terza macchina in griglia – non accadeva dl 1983 con Nelson Piquet, suocero proprio di Max, campione del mondo e la sua Brabham terza in classifica costruttori - che dopo sette round si è come spenta e lui è riuscito a tenerla accesa come solo i campioni veri sanno fare. Un 2024 costellato insidie, Max campione nelle e oltre le difficoltà. Ripercorriamole.
L'Horner-Gate e il dissesto invernale
La stagione in casa Red Bull si è aperta con il terremoto dell'Horner-Gate, le chat prima misteriose e poi rese pubbliche per comportamenti inappropriati verso una dipendente. La possibilità che il team principal fosse silurato dal suo ruolo ha accompagnato i test e la prima gara in Bahrain, con papà Jos che spingeva per l’allontanamento e il rischio che anche Helmut Marko lasciasse la casa austriaca. Quello sarebbe stata probabilmente la follia che Max paventava per poter lasciare la Red Bull. E Toto Wolff rimasto orfano del suo campione del mondo appena annunciato in Ferrari per il 2025 ha cercato di azzannare la possibilità. Alla fine nulla di fatto nonostante il tutti contro tutti e Verstappen ha ricominciato da dove aveva lasciato. Pole e vittoria. Una litania ripetuta cinque volte nelle prime sette gare del 2024. Un altro anno che appariva scontato perché le due lasciate per strada sono state colpa di un guasto, ritiro in Australia e vittoria di Sainz, e della sfortuna, Safety Car che ha aperto le porte della prima vittoria a Norris a Miami.
L'addio di Newey
Il weekend americano si era aperto con l’addio di Adrian Newey alla Red Bull. Una separazione che era nell’aria ma che ha inevitabilmente messo dei punti di domanda sul futuro. Sia quello più lontano che quello più recente e, Imola è stato il campanello d’allarme poi diventato reale nel resto della stagione. Sebbene in Emilia Romagna Max ha centrato la settima pole position consecutiva da inizio stagione, eguagliando un record che solo Prost era riuscito a stabilire, la domenica ha tagliato il traguardo solo sette decimi davanti a Norris. L'alba di una nuova Formula 1. Perché Max ha poi sonnecchiato a Montecarlo in sesta posizione prima di vincerne due tra Canada e Spagna, ricominciando a far ammirare a tutti il perché è (era) un tre volte campione del mondo. Abilità quasi dimenticate di fronte a una Red Bull talmente dominante che avevano spostato l’attenzione più su un’astronave che girava per il mondo che sul pilota.
Un'estate glaciale
L'estate non solo ha alzato le temperature, ha riscaldato nuovamente anche la testa di Max che sembrava ormai raffreddata. Abbiamo rivisto il Verstappen cattivo dei primi anni in F1 e quello cinico del 2021. Lo scontro con Norris in Austria quasi premeditato, antipasto delle lotte di Austin e Città del Messico, la rabbia dell’Ungheria quando ha centrato Hamilton nel tentativo di recuperare le posizioni perse e team radio in cui mandava a quel paese più o meno tutti, dal team per la strategia ai commissari Fia per la penalità. Forse la peggior gara dell’anno del campione del mondo, non solo per le prestazioni della sua vettura anche per la poca lucidità con cui ha affrontato le fasi decisive del Gran Premio. Dopo Budapest la Red Bull gli ha vietato – poi Max ha usato il termine “consigliato” – di continuare con il gaming online nella notte prima della corsa. L’aveva fatto anche a Gedda e Imola quando corse la 24 ore del Nurgburing con la consolle, ma in quelle occasioni arrivarono due vittorie, in Ungheria fu un mezzo disastro. Forse anche Max, in quel momento, aveva bisogno di una piccola strigliata, di essere richiamato alla concentrazione totale vista la piega che stava prendendo l’estate. La pausa non gli ha restituito una macchina più forte, anzi ha dovuto abdicare per la prima volta a casa sua in Olanda dove Norris gli ha fregato sia pole che vittoria. Lì Lando ha cominciato davvero a ingolosirsi e fare calcoli su Max, rosicchiando qualcosa anche a Monza, Baku e Singapore. Ma la classifica? Dopo Miami Norris era a -53 e dopo Marina Bay a -52. Ecco, forse sta qui la Maxterclass. Non debordante come quella che è esplosa nella rimonta in Brasile ma nel saper gestire con intelligenza e la giusta dose di cattiveria le difficoltà e sapendo tenersi dietro il rivale principale mentre non era più in grado di vincere – dieci consecutive lontano dal primo gradino del podio, non accadeva dal 2020 – e capitalizzare le scarse risorse che la sua macchina gli forniva, alle quali non era più abituato e con cui il suo compagno di squadra, Perez affondava a centro gruppo. Tutto ciò mentre si faceva alleato delle vittorie randomiche che la domenica offriva: Russell nel caos austriaco, il ritorno di Re Lewis a casa sua, poi la prima di Piastri e Leclerc che accoppia le sue due gare di casa a Monaco e Monza. Risultati in ordine sparso, come i piazzamenti di Verstappen ma mai in reale difficoltà in classifica. Perché c’è stata l'impressione crescente di una McLaren che sarebbe arrivata lì davanti. Nei costruttori l'ha fatto, Norris no. Svariati motivi per cui non bastano poche righe per spiegare perché non stiamo raccontando il primo mondiale di Lando ma il quarto di Max.
L'orlo del baratro e la corona
La tripletta americana si è aperta con il Verstappen coriaceo, fin troppo, oltre le regole forse con cui ha mandato in penalità Norris ed è uscito guadagnando punti da Austin. Il contrario di quello che poi si è visto in Città del Messico, lasciando passare Sainz e cercando palesemente lo scontro con il britannico. Prima di annientarlo psicologicamente – e definitivamente – in Brasile e spalancarsi le porte del quarto titolo. Una danza sotto la pioggia che l’ha messo nell’olimpo della Formula 1 definitivamente, qualora ce ne fosse stato bisogno. Perché tra tutte le vittorie, a Max forse mancava la rimonta epocale sotto la pioggia. Per intenderci cose che avevano fatto piloti come Senna a Donington e Schumacher a Spa. La perfezione totale, dai sorpassi a un ritmo gara perfetto e la colonnina dei tempi che si illuminava di fucsia a ogni passaggio sul traguardo tanto da portare il suo ingegnere di pista Gianpiero Lambiase a chiedergli di calmarsi. Ayrton dichiarò di essere stato colto quasi da una trance sportiva, Verstappen a Interlagos forse era nella stessa condizione di perfezione. Insomma, a San Paolo ha fatto jackpot e a Las Vegas ha riscosso la vincita. Ha sbancato, ancora, con il premio più grande: quello di campione del mondo. Maxterpiece.