Il gilet refrigerante è davvero così refrigerante?

È possibile soffrire il caldo alla guida di una Formula 1? Sì, certamente è possibile ed era una delle discriminanti negli anni ’80 perché molti piloti arrivavano all’errore per affaticamento da poco allenamento o sofferenza al calore. Di solito il debutto in quegli anni avveniva in Brasile, a Rio de Janeiro, sulla pista del Jacarepagua, dove le temperature mettevano a dura prova meccanici, ingegneri e piloti. Le prove con le vetture nuove che si effettuavano la settimana prima del debutto nella gara del Mondiale, servivano a capire lo stato di preparazione non solo tecnica ma anche fisica. Ayrton Senna, già punto di riferimento tra i piloti emergenti, aveva capito che la preparazione fisica gli permetteva di gestire meglio l’inizio della gara, dove i 220 litri di benzina con cui si partiva, appesantivano le vetture rendendole complicate da pilotare, ma soprattutto di essere in grado di sfruttare la monoposto nei giri finali, con pista gommata e monoposto leggera, mentre gli altri non abbastanza allenati avevano il fiato corto. L’intermittenza di uscita nelle prove e in alcuni casi la poca affidabilità minavano l’opportunità di ‘allenarsi’ al volante ma, soprattutto per chi effettuava pochi giri, annunciava che i 300 km della gara sarebbero stati una vera sofferenza per il caldo. In realtà l’angoscia iniziava nelle prove perché, dopo una sessione in pista al rientro ai box stare fermi era una vera pena. Il calore dei radiatori veniva trasmesso al carbonio e l’abitacolo diventava una piccola sauna ed era frequente vedere piloti chiedere la carta utilizzata dai meccanici per pulire la macchina, per asciugarsi il sudore copioso all’interno del casco. Non c’erano neanche ‘bottiglie’ dedicate per poter bere tra una uscita in pista e l’altra e si facevano acrobazie all’interno degli stretti abitacoli, spostando la mentoniera del casco verso il basso, per cercare di bere a ‘collo di bottiglia’. Le squadre avevano ‘aria’ sufficiente nei ‘bomboloni’ per gli pneumatici e per i lavori sulla vettura, non certo per rimuovere il calore nell’abitacolo, come invece accade ora. Dunque, i piloti dovevano essere piloti a tutto tondo e non si potevano lamentare ma solo essere pronti a ‘soffrire’ se necessario. La realtà di oggi è ben diversa per una evoluzione continua, dove gli abitacoli sono più agevoli. C’è l’assistenza ai box quando sono in vettura con aria forzata esterna o borracce sempre pronte a mitigare la sete. Corpetti da indossare con il ghiaccio per mantenere una temperatura bassa prima di salire in abitacolo o giubbotti come quelli dei due piloti Mercedes dove una ventola tiene l’aria interna fresca, gonfiandoli e trasformandoli in ‘Superman’, con petti villosi e braccia da culturisti. Ma la novità del 2025 è stata l’obbligatorietà imposta dalla FIA, di provare i ‘cooling top’ o “gilet refrigeranti” in macchina mentre si è in pista. Il sistema è a circuito chiuso. Una miscela liquida viene fatta circolare attraverso una rete di tubi integrati nella maglia dedicata, indossata tra la tuta e quella ignifuga. Il liquido, raffreddato da un refrigeratore, abbassa la temperatura corporea del pilota, migliorando il comfort e le performance. In caso di necessità, la sicurezza dell’uscita veloce dall’abitacolo viene garantita dalla presenza di uno sgancio rapido. Per quanto riguarda i lati negativi, c’è da considerare la presenza di elementi in più sulla vettura che si potrebbero rompere. La difficoltà per i tecnici di implementare in spazi già angusti degli ulteriori pezzi. Un possibile mal funzionamento che potrebbe provocare l’effetto contrario con liquido caldo. La FIA lo ha raccomandato per condizioni di rischio di caldo estremo e, dopo averlo provato, ad alcuni, come a Charles Leclerc, è piaciuto. Non a caso, il pilota monegasco ne ha continuato l’utilizzo in diverse prove per affinare i settaggi. Altri piloti invece si sono lamentati del fastidio recepito nella seduta all’interno dell’abitacolo, perché i piccoli tubicini interferiscono mentre si guida ed è concepibile visto gli oltre 4 G di forza laterale in alcune curve dove qualsiasi cosa esterna a cui non si è abituati può dare disturbo. Alcuni piloti sono stati invece inizialmente indifferenti, come Max Verstappen, il quale non si è detto né pro e contro, ma quando ha saputo che c’erano 5 kg in più sulla vettura, lui che è un ‘racer’, ha storto subito il naso e ha preferito girare senza. Io il sistema l’ho provato sulle vetture GT nelle mie gare di durata come la 12 Ore di Bathurst, dove un anno piloti sprovvisti del raffreddamento si fermavamo non per cambiare gomme o fare rifornimento, ma per sostituire la borraccia dell’acqua ormai vuota. Max ha l’obiettivo di vincere la 24 Ore del Nurburgring e pur essendo lui allenato in modo maniacale per resistere a tutte le fatiche, potrebbe cambiare idea, perché, alla fine, avere quel ‘freschino’ che sfiora la pelle mentre si è a 300 km/h in un abitacolo chiuso non è male.

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Il gilet refrigerante è davvero così refrigerante?

Ivan Capelli