F1, alla fiera dell'Est: storia del GP di Ungheria

Formula 1

Simone De Luca

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31 edizioni disputate sempre sulla stessa pista a pochi chilometri da Budapest. un dominatore assoluto, Lewis Hamilton vincitore per 5 volte, tanto caldo, tanta polvere e quasi zero pioggia. Questo il Gran Premio d’Ungheria un classico estivo nel mondiale di Formula 1

La Formula 1 stava al comunismo come McDonald’s alla piazza Rossa. Dopo la caduta del Muro in effetti un ristorante della più famosa catena di fast food del mondo è arrivato anche lì, ma prima sarebbe stato impensabile. Come sarebbe stato impensabile vedere la F1 correre in un Paese formalmente comunista. Eppure è accaduto e, da quel 1986 a pochi chilometri da Budapest su un tracciato tortuoso e sui cui passare è ritenuto molto complicato, si sono disputati 31 Gran Premi. Il pilota più vincente in Ungheria è Lewis Hamilton con 5 successi davanti a Schumacher con 4 e Senna vincitore per tre volte. La McLaren, anche grazie alle vittorie di Hamilton nel 2007, 2009 e 2012, è il team che comanda la classifica con 11 successi davanti a Williams a quota 7 e Ferrari arrivata a 6 con la vittoria di Vettel nel 2015. 

Ma la storia del Gp comincia in anni in cui il comunismo, con i suoi spettri e i suoi segreti comincia a scricchiolare, comincia in tempi di Gorbaciov, di Glasnost e Perestroika.

1986

Comincia insomma, nel 1986. L’Ungheria non è certo la madre patria Russia, ma è pur sempre una paese al di là della cortina di ferro. Ci vogliono il genio e la capacità imprenditoriale di Bernie Ecclestone per pensare e realizzare il primo GP della storia in un paese comunista e nel 1986, anno in cui a Budapest si esibiscono anche i Queen segno che qualcosa sta cambiando, la F1 arriva a pochi chilometri dalla capitale a Mogyorod dove è appena stato terminato un circuito corto, tortuoso, con variazioni altimetriche importanti e un carattere tutto suo. È il 10 agosto del 1986 quando parte il primo GP della storia dell’Ungheria. In pole scatta Ayrton Senna con la Lotus davanti a Nelson Piquet con la Williams e Prost, che lotta per il titolo mondiale, con la McLaren. La gara vive sul duello tra i due brasiliani e rimane impressa nella memoria per il sorpasso all’esterno, di traverso, con il posteriore che cerca disperatamente di acchiappare l’anteriore di Piquet su Senna. Un sorpasso studiato nei giri precedenti dal pilota Williams che però non avrebbe mai pensato di dover gestire una monoposto imbizzarrita sull’ultima curva. Ma il circuito è stato ultimato pochi giorni prima della corsa, l’erba all’esterno della pista non è ancora cresciuta, complice la non certo piovosa estate ungherese, e sull’asfalto la polvere portata dal vento lascia un velo scivolosissimo. E su quel velo danza Nelson Piquet per la gioia di tutti tranne uno, il sorpassato e scornato Ayrton Senna.

1989

È il Gran Premio delle sorprese a cominciare dalla qualifica: Riccardo Patrese centra la pole con la sua Williams e sarà l’unica non firmata da una McLaren in tutta la stagione. Nigel Mansell con la Ferrari si qualifica 12esimo a due secondi da Patrese. Su una pista in cui superare è quasi impossibile. Ed ecco l’altra sorpresa: al via l’inglese recupera subito quattro posizioni mentre Patrese in testa prende un po’ di margine. Mentre gli inseguitori della Williams si scambiano le posizioni Mansell da dietro non demorde e passa Boutsen e Caffi dimezzando in 10 giri il distacco dalla testa della corsa. Berger, compagno di Mansell, si ferma per una sosta ai box e monta gomme fresche. Esce alle spalle di Caffi ma con un ritmo impressionante. Mansell però non ha bisogno di gomme nuove, la sua rimonta procede inesorabile e al 41esimo giro passa Prost e si mette alle spalle di Senna. Intanto là davanti Patrese è il più lento del gruppo e viene superato prima da Senna e poi da Mansell. Il brasiliano pare poter controllare ma al 57esimo giro all’uscita di una curva si trova davanti un lentissimo Johansson con problemi al cambio. Senna scarta ma deve rallentare, il ferrarista no e passa entrambi andando in testa. Il suo ritmo è insostenibile per tutti: è una delle giornate di grazia del leone quelle in cui nessuno può stargli davanti. Senna ci prova fino al 66esimo giro poi rinuncia. Chiuderà staccato di 25 secondi. Per Mansell e la Ferrari è la seconda vittoria stagionale dopo quella all’esordio in Brasile.

1992

Ancora Mansell e Senna protagonisti all’Hungaroring: il brasiliano vince il gran premio ma l’inglese, che si accontenta del secondo posto, conquista il suo unico titolo mondiale con 5 Gran Premi ancora da disputare. Il comodo margine in classifica mondiale però non cambia l’approccio alla gara dell’inglese: in partenza Patrese tiene la testa della corsa ma Mansell, che partiva secondo, viene passato da Senna e Berger. L’inglese si mette all’inseguimento del duo McLaren e passa Berger. Nel tentativo di superare l’altra McLaren va largo e viene ripassato dall’austriaco. Così, con in testa tutto tranne i calcoli dei punti che servono per il titolo, l’inglese ripassa Berger e insidia nuovamente Senna. Fino al giro 39 quando Patrese si ritira con il motore rotto. Allora e solo allora Mansell, uno che in carriera troppe volte ha visto sfuggire il mondiale per imprevisti e sfortune, si placa: il secondo posto gli basta per essere campione. Per una volta il leone può rilassarsi e godersi, dal secondo gradino del podio, il suo titolo.

1997

Il campione in carica Damon Hill è passato dalla Williams, squadra che lotta per il mondiale, alla Arrows squadra che lotta al massimo per i punti. Le speranze di bissare il titolo o anche solo di vincere una gara, sono inesistenti. O quasi: in Ungheria Hill va vicinissimo alla vittoria. Partito terzo alle spalle dei due litiganti Schumacher e Villeneuve, si sbarazza in partenza del suo ex compagno di squadra e va all’inseguimento di Michael Schumacher che raggiunge al sesto giro e passa all’undicesimo. Hill, con la sua Arrows-Yamaha, ha un ritmo che gli altri non riescono a tenere e si crea un margine corposo che arriva fino a 35 secondi su Villeneuve alle sue spalle. Ma a tre giri dalla fine la sua Arrows lo tradisce e il cambio bloccato in terza lo rallenta drammaticamente. Villeneuve ringrazia e va a vincere. Hill riesce comunque a chiudere secondo. Per la Arrows è un podio insperato seppur con il sapore della beffa. Per il campione del mondo in carica è un secondo posto amaro con una rivincita, nei confronti della Williams e del suo ex compagno Villeneuve, sfumata a pochi chilometri dal traguardo.

1998

In una pista in cui, ormai lo sanno anche i muri, si supera poco o niente, come si può fare la differenza su avversari fortissimi? Con la strategia. Ecco che, allora, avere Ross Brawn al muretto box può essere un aiuto non da poco. E così è per la dodicesima gara della stagione ’98, una stagione in cui Schumacher insegue Mika Hakkinen ed arriva in Ungheria con 16 punti di ritardo. Deve vincere per tenere aperto il campionato. Ma la gara, a partire dalle qualifiche, sembra un monologo delle McLaren Mercedes di Hakkinen e Coulthard: uno-due in qualifica, uno-due dopo il via. Ma Ross Brawn, con la sua aria sorniona, decide di provare il colpo del campione: in gara modifica la strategia passando da quella a due a quella a tre soste. Perchè il colpo riesca però serve anche un campione che metta in atto la strategia in maniera perfetta ma Ross quel campione, dal nome di Michael Schumacher, ce l’ha. E così Schumi vince davanti a Coulthard e Villeneuve con Hakkinen sesto rallentato da un problema alla sospensione. A Budapest i vincitori sono due: Michael e Ross.

2001

Sfatato il tabù mondiale in Ferrari l’anno prima, Michael Schumacher è pronto a fare il bis a cinque gare dalla fine. In Ungheria arriva con 37 punti di vantaggio su Coulthard quando il vincitore ne incassa “appena” 10. In qualifica centra la pole ma alle sue spalle c’è proprio lo scozzese della McLaren davanti a Rubens Barrichello con l’altra Ferrari. In partenza il brasiliano passa Coulthard e la gara scivola via nel miglior modo possibile per Schumacher che in testa può controllare. Condurrà per 71 giri lasciando la testa a Coulthard e Barrichello solo per le soste ai box. Con la vittoria numero 51 per Schumi e il terzo posto dello scozzese, arriva aritmeticamente il quarto titolo. Alain Prost è eguagliato: 4 titoli e 51 successi. L’emozione di Schumacher è palpabile. La strada per essere il più titolato di sempre è segnata.

2003

Michael Schumacher è in testa al mondiale con appena 6 punti di vantaggio su Juan Pablo Montoya. L’Ungheria è la quartultima gara e la Williams del colombiano è in netta rimonta con una vittoria e tre secondi posti nelle ultime 4 gare. In più, a scombinare i piani di chi lotta per il titolo, c’è un ragazzino esuberante con una Renault capace di andare già tre volte a podio dall’inizio della stagione. E quel ragazzino, di nome Fernando Alonso, fa segnare la pole position al sabato e domina la gara la domenica cedendo la testa della corsa per uno solo dei 70 giri previsti.  È il più giovane vincitore di un Gran Premio nella storia della F1, il record di Bruce McLaren, che resisteva dal 1959, è battuto. Come battuta è la Ferrari, doppiata e dispersa nel caldo di Budapest. Il mondiale è riaperto: Montoya, terzo dietro Raikkonen, è ora ad un solo punto.

2006

È il primo Gran Premio d’Ungheria in cui fa la sua comparsa la pioggia. Un evento improbabile che scombina le carte di un weekend già complicato: Alonso e Schumacher vengono penalizzati di due secondi in qualifica per aver superato quando non era consentito e sono virtualmente tagliati fuori dalla lotta per la vittoria. La pole la fa segnare Raikkonen davanti a Massa e Barrichello. In gara, appunto, ecco la pioggia. E con pista bagnata e scivolosa emerge il talento di Jenson Button che si dimostra maestro a gestire le condizioni mutevoli e ad approfittare della debacle delle gomme Bridgestone che trascina a fondo anche le Ferrari. Alonso, al comando, va a sbattere e Button eredita la testa della corsa che non mollerà più centrando la prima vittoria in carriera. Un’annotazione va fatta per Robert Kubica: il polacco, all’esordio in F1, va subito a punti.

2007

Il caldo ungherese fa ribollire l’asfalto ed esplodere la rivalità tra il campione del mondo Fernando Alonso, passato dalla Renault alla McLaren, e il suo compagno di squadra l’esordiente di belle speranze Lewis Hamilton. Alonso ha già dichiarato apertamente ai media spagnoli che la squadra inglese è tutta per l’inglesissimo Lewis pupillo di Ron Dennis, padre e padrone della McLaren. La tensione è altissima. Durante le qualifiche il due volte campione del mondo, dopo aver fatto segnare il miglior tempo, rientra per cambiare le gomme e fare il tentativo decisivo. Si ferma sulla sua piazzola e lì, a pit stop avvenuto, rimane immobile con il suo compagno alle spalle in attesa di effettuare la sosta. Il ritardo non permette ad Hamilton di fare l’ultimo tentativo. Ron Dennis lancia le sue cuffie in un gesto di frustrazione estrema. Alonso è in pole. Hamilton, secondo, è furioso: corre da Dennis e poi va a protestare urlando dai commissari. La McLaren nega che la colpa del ritardato pit stop di Hamilton sia di Alonso. In serata però la decisione degli steward: lo spagnolo viene retrocesso di cinque posizioni e partirà sesto. Lewis Hamilton scatterà dalla prima posizione. E da lì costruirà la sua vittoria conducendo per tutti i 70 giri. Dietro di lui, però, minacciosissima, la Ferrari di Kimi Raikkonen che chiude a meno di un secondo. Primo presagio di come si concluderà quel tiratissimo incredibile mondiale 2007.

2008

L’Ungheria è l’undicesima delle 18 gare della stagione 2008. In testa al mondiale, dopo il titolo sfuggito all’ultima gara l’anno prima, c’è Lewis Hamilton con 4 punti di vantaggio su Felipe Massa. E Luigino, che con la pista ungherese ha un buon feeling, segna la pole davanti al compagno di squadra Kovalainen e al ferrarista. Alla partenza però lo scatto di Massa è perfetto: la sua Ferrari passa Kovalainen e affianca Hamilton all’esterno prima della prima curva. Lì, però, il vantaggio è tutto per l’inglese che deve solo controllare la staccata e passare primo. Apparentemente un compito semplice se non che Massa, nella sua miglior stagione di sempre, decide di fare l’attacco della vita: arriva in fondo al rettilineo a ruote bloccate, fumatona, ingresso in curva deciso ed Hamilton si ritrova secondo. “Non accadrà più che mi passino all’esterno”, dichiarerà incredulo alla fine della gara. In pista però il danno è fatto: Massa comincia a scavare il solco con gli avversari approfittando anche di una foratura che al 41esimo giro costringe Hamilton a rientrare ai box e a perdere tempo. Il brasiliano conduce su Kovalainen, Glock e Raikkonen. A meno di tre giri dalla fine di quella che è ricordata come una delle sue migliori gare in carriera però, il motore di Massa si rompe costringendolo al ritiro. Kovalainen, che onestamente dirà di aver ereditato un vittoria solo per fortuna, ringrazia e coglie l’unico successo in carriera. In classifica Hamilton conduce con 5 punti su Raikkonen e 8 su Felipe Massa.

2014

Che in Ungheria non si supera l’abbiamo già detto? Si? Ebbene ecco l’eccezione che conferma la regola: la gara del 2014. In pole parte Nico Rosberg che però rimarrà attardato a causa della safety car. Durante la gara la rivalità tra lui è il suo amico d’infanzia, ormai ex, Lewis Hamilton diventa chiara quando per radio la Mercedes chiede all’inglese di far passare il compagno. La risposta, lapidaria, sarà: “Non è abbastanza veloce, si avvicini di più, non rallento per farlo passare”. Rivalità interna a parte, l’Ungheria del 2014 è da ricordare per il duello nei giri finali: Fernando Alonso con gomme usurate ed una Ferrari più lenta degli avversari è in testa alla gara, dietro di lui Hamilton, partito dai box per un problema, e Ricciardo che però ha gomme nuove. L’australiano infila Hamilton prima e Alonso poi e va a centrare una grande vittoria con due sorpassi magistrali. Il ferrarista però, si leva la soddisfazione di arrivare almeno secondo resistendo fino alla fine a Lewis Hamilton e alla sua Mercedes.

2015

Il campionato è una storia a due tra Hamilton e Rosberg ma Sebastian Vettel, alla prima stagione in Ferrari, ha già vinto in Malesia alla seconda gara da ferrarista. A Budapest a fine luglio fa caldo, fatto non stranissimo per la stagione, e col caldo vengono fuori le rare difficoltà della Mercedes che però monopolizza la prima fila in qualifica con Hamilton davanti a Rosberg. In gara l’inglese parte male e viene passato da Roberg. Per tentare un disperato sorpasso sul suo rivale finisce fuori alla chicane e si ritrova decimo. Rimonta ma nel duello con Ricciardo lo sperona e viene penalizzato chiudendo sesto. La gara così è un assolo di Sebastian Vettel che alla partenza salta Hamilton alla prima curva all’esterno e va al comando seguito da Raikkonen. La Ferrari per la seconda volta in stagione vola e domina la gara. Vettel centra la seconda vittoria in rosso. Il campionato resta comunque una lotta a due tra i Mercedes ma per la Ferrari, dopo un 2014 sportivamente drammatico, la vittoria ungherese è una bella boccata d’ossigeno.