Formula 1, GP Gran Bretagna. Ayrton Senna e il "giro degli dei"

Formula 1

Simone De Luca

Senna 1993 (foto: Sutton Images)
senna_1993_european

Storia di una vittoria incredibile, con una macchina inferiore alla concorrenza guidata da un campione in grado di fare la differenza. Il GP è in diretta esclusiva su SkySportF1 al canale 206

LA CRONACA DEL GP DI SILVERSTONE
LA GRIGLIA DI PARTENZA

Il Gran Premio d’Europa del 1993 viene ricordato per l’incredibile vittoria di Ayrton Senna e per quel primo giro sotto il diluvio in cui il brasiliano comincia a crearsi i presupposti per un dominio assoluto. In condizioni di inferiorità per una monoposto inferiore ma baciato dalla sorte per l’arrivo della pioggia, da sempre sua amica e alleata.

Il più grande primo giro della storia della Formula 1, il giro degli dei. Semplicemente quello che è successo dopo lo spegnimento del semaforo del Gran Premio d’Europa dell’11 aprile del 1993. Va bene è Gran Premio d’Europa e non di Gran Bretagna ma potevamo perderci l’occasione per raccontarlo e ricordarlo?
In fondo sempre in Inghilterra siamo, per la precisione a Donington a nord est di Birmingham, vicino a Derby e Nottingham, quella di Robin Hood e dello sceriffo omonimo. Il posto in sé non sarebbe nemmeno poi tanto particolare. Campagna inglese, circuito storico attivo fino dall’inizio del secolo, e vicino, come anche Silverstone, ad un aeroporto. Il che ne fece poi il perfetto deposito per i mezzi militari durante la seconda guerra mondiale con tanto di ordine di requisizione da parte del ministro della difesa di sua maestà. Addio gare, addio, piloti con nomi bizzarri come Richard “mad jack” Shuttelworth vincitore, su Alfa Romeo, della prima 300 miglia al Donington Park del 1935 o leggendari come Nuvolari vincitore nel 1938 su Auto Union quella che poi sarebbe diventata Audi. 

Ma a Donington, passata la guerra, riprendono anche le gare e, nel 1993 il circuito viene designato per ospitare il Gran Premio d’Europa. Perché non quello di Gran Bretagna? Perché il regolamento del mondiale di Formula 1 vuole che ci sia una sola gara per ogni nazione ed allora per permettere la disputa di due GP in uno stesso paese il viene usata proprio questa denominazione sul singolo evento. Il primo GP d’Europa della storia risale a 10 anni prima, sempre in Gran Bretagna a Brands Hatch.

Il luogo lo abbiamo stabilito; Per raccontare una storia però il solo luogo non basta. Aiuta ma non basta. Procediamo con ordine tornando indietro di qualche mese. Siamo nel 1992 la scuderia McLaren, dominatrice degli anni ’80 e dell’inizio del nuovo decennio con Lauda, Prost e Senna ha però perso un partner storico come il motorista Honda a causa principalmente della crisi economica. Ron Dennis, grande capo del team inglese, non riesce a chiudere un accordo con la Renault che fornisce i motori alla Williams campione del mondo 1992 con Nigel Mansell e grande favorita della stagione che sta per cominciare. Così si rivolge a Ford che con i suoi motori progettati e costruiti dalla famosissima Cosworth ha fatto correre decine di team inglesi nella storia della Formula 1. Ma la Ford Cosworth ha già un impegno per fornire il suo propulsore ufficiale, un 8 cilindri a V di 75° accreditato di circa 700 cavalli, alla Benetton per cui corre l’astro nascente Michael Schumacher.

E allora che si fa? Un team storico come la McLaren non può rimanere senza un motore che sia almeno affidabile, leggero e parco nei consumi se non proprio il più potente della griglia. In Ford propongono una “fornitura clienti”. Praticamente i motori che qualsiasi team, anche da fondo schieramento, potrebbe acquistare per fare una stagione onesta, con pochi soldi da spendere ma con tante garanzie.
Arrivano così i motori chiamati HBA7 che hanno circa venti cavalli in meno rispetto agli ufficiali e ben 80, un’enormità, di deficit dai Renault. La stagione si preannuncia durissima per un team pluridecorato come la McLaren e per il tre volte campione del mondo Ayrton Senna. Che infatti, non convinto della competitività della MP4-8 firma con la scuderia un contratto a gettone: correrà decidendo di gara in gara se proseguire.

In più, a peggiorare la situazione per Ayrton che mira ad essere il primo dei piloti moderni a vincere 4 mondiali, c’è il ritorno di Alain Prost dopo un anno sabbatico. Il francese, dopo la rottura con la Ferrari nel 1991 si è riposato un anno per poi firmare un sedile nella macchina più competitiva del mondiale, una monoposto innovativa progettata dal genio Adrian Newey con un sistema di sospensioni attive che le permette sempre di viaggiare ad altezza costante da terra.

La FW15C è la degna erede della monoposto che l’anno prima ha dominato il mondiale, si diceva, con Mansell. Per Prost il quarto titolo sembra quasi una formalità, una passerella prima del definitivo ritiro.
Si arriva in Sudafrica per la prima della stagione con la Williams che sigla la pole position con Prost davanti a Senna. A 1700 metri di altitudine i cavalli in più del motore Renault fanno meno la differenza e la McLaren tiene botta. 

Al via il brasiliano va in testa infilando Prost che perde la posizione passato anche da Schumacher. Ma dal quarto giro un problema alla sospensione attiva della McLaren rallenta Senna che deve correre in difesa. Prost intanto recupera e passa Schumacher e poi, dopo una serie di ruota a ruota supera anche Ayrton e va in testa. Con Schumi che si ritira dopo aver danneggiato la sua Benetton nel tentativo di attaccare il secondo posto, il podio vede Prost primo, Senna secondo Mark Blundell sulla Ligier terzo.

Il brasiliano non ha vinto ma si è convinto almeno a firmare per la seconda gara in stagione anche perché si corre a San Paolo a casa sua dove ha vinto una sola volta nell’anno dell’ultimo titolo: il 1991.
Ed in Brasile gli dei dell’automobilismo possono non ascoltare il loro figlio prediletto? In gara, con la Williams destinata a dominare sul saliscendi di Interlagos, circuito costruito appunto tra due laghi ma anche in mezzo alle favelas, arriva la pioggia. Improvvisa, torrenziale, inopportuna come spesso capita a San Paolo. Inopportuna sicuramente per Alain Prost che, fino a quel momento, stava dominando la gara. Il francese ritarda il cambio gomme per un’incomprensione con il box ed è ancora in pista con le slick, le gomme da asciutto. Davanti a lui si gira Christian Fittipaldi e Prost, per evitarlo, va in testacoda centrandolo finendo così la gara nella sabbia. Entra la Safety car che compatta il gruppo. Senna ne approfitta e alla ripartenza supera Damon Hill con la Williams superstite andando a vincere. 

Una secondo posto e una vittoria in due gare, bastano per convincerlo almeno a continuare per un’altra gara. Nonostante una macchina nettamente inferiore alla concorrenza per sospensioni attive, controllo di trazione e motore. 

E quella gara in più è il Gran Premio d’Europa del 1993.
Torniamo quindi a Donington nella campagna inglese. La qualifica dice che la Williams avrà vita facile con una prima fila conquistata con un distacco di oltre un secondo e mezzo dal terzo, Michael Schumacher su Benetton Ford, col il motore Ford Cosworth ufficiale.
Quarto, pagando un deficit importante in termini di cavalli, a oltre un secondo e sei dalla pole position è Ayrton Senna. Sperare di fare la differenza con il fattore umano in un’epoca di auto computerizzate in grado di fare le flessioni da sole e controllate dai computer sembra quasi impossibile. 

Quelli davanti poi non sono dei pivelli: Prost ha già tre titoli, Hill, figlio d’arte è un ottimo gregario su una macchina incredibile, Schumacher è il giovane leone che sgomita per arrivare al trono. E che ha i numeri per farlo.
Ma si parte sotto la pioggia, quella stessa pioggia che ha visto Senna mettersi in mostra, anche lì con una macchina inferiore la disastrata Toleman, a Monaco nove anni prima.

È la stessa pioggia che lo ha aiutato in Brasile. In partenza però Senna perde subito una posizione ed è quinto. Passato anche da Karl Wendlinger sulla Sauber che ha fatto pattinare meno le gomme al via. Ayrton passa però subito Schumacher all’interno e affianca Wendlinger per passarlo all’esterno. All’esterno su una pista allagata in una manovra folle per tutti ma non per lui. Ma non è finita: davanti ci sono le odiate Williams. Alla curva Coppice Senna tiene l’interno, vicino ai cordoli e supera anche Damon Hill e la sua computerizzatissima Fw15C. Ora tra lui e la testa della corsa 15 metri più avanti c’è solo Prost che però, sul bagnato, non è mai stato un fulmine. Ayrton vola letteralmente mentre Michael Andretti, suo compagno in McLaren finisce nella ghiaia dando la conferma che non è la MP4-8 ad essere imprendibile sul bagnato, è proprio Senna ad essere di un’altra categoria. 

Al tornantino Melbourne il brasiliano tiene l’interno: teoricamente è la traiettoria migliore ma non sul bagnato dove avere un po’ margine è sempre consigliabile. Ma lui il margine ce l’ha nel piede e nella testa. Passa Prost e va al comando. E da quel punto non molla un centesimo, non smette mai di spingere: vuole vincere, stravincere, dimostrare che il pilota in un mondo di ingegneri e computer, in un mondiale in cui una macchina può muoversi da sola, è ancora in grado di fare la differenza. E la fa: chiude primo con un vantaggio sul secondo che poi sarà Damon Hill di 1 minuto, 23 secondi e 199 millesimi. Quasi un giro. Il suo acerrimo rivale Alain Prost è terzo doppiato. Tutti gli altri sono doppiati e stradoppiati: Patrese, quinto, è a due giri. 

La pioggia ha fatto la differenza, qualcuno dirà. Ayrton Senna ha fatto la differenza, punto. Senza altre storie: Ayrton a Donington nel 1993 ha semplicemente, incredibilmente, misticamente fatto “il giro degli dei”.