Formula 1 GP Singapore. E' anche una questione di freni

Formula 1

Paolo Filisetti

I freni a Singapore: il loro raffreddamento problematico ne aumenta il consumo e incide sulle prestazioni degli pneumatici. Ecco quali sono e come funzionano le contromisure messe in campo dalla Mercedes

SINGAPORE, LA CRONACA DEL GRAN PREMIO

LE CLASSIFICHE

Marina Bay è senza alcun dubbio il tracciato più severo per gli impianti frenanti, non tanto per la presenza di staccate particolarmente violente, bensì per quanto sono ravvicinate tra loro, separate solo da brevi rettilinei. Questa realtà rende problematico il raffreddamento delle componenti dell’impianto, ovvero dischi, pastiglie e pinze. Il progressivo “accumulo” di calore, ovvero l’impossibilità di raffreddarli in modo ottimale tra una frenata e l’altra, implica il rischio, anzi la quasi matematica certezza, che nel corso di un giro, la temperatura di questi elementi possa superare il livello di guardia che per le pinze corrisponde a 200°C mentre per pastiglie e dischi, è pari a 1000°C.

Per rendere tangibile e comprensibile quanto scritto, basta prendere in esame due curve consecutive del tracciato di Marina Bay e descrivere passo passo cosa avviene in ciascuna delle due frenate, a livello di sollecitazioni ma soprattutto di temperature generate. Un esempio ad hoc può essere dato dalla sequenza costituita dalle curve 13 e 14. Abbiamo scelto proprio queste due perchè la prima implica una staccata non particolarmente severa dopo il ponte dell'Hotel Fullerton, mentre la seconda è di fatto la più dura del circuito. Queste caratteristiche ci permettono infatti di considerare, per quanto la prima non sia una frenata violenta, che la temperatura raggiunta da dischi e pastiglie, in questo caso, sfiori comunque i mille gradi, e quella delle pinze resti di poco al di sotto dei 200°C. Il calore prodotto deve essere smaltito il più rapidamente possibile, estraendolo dai cerchi, cercando così di ridurre al massimo la porzione residua che viene trasmessa all’interno del pneumatico. In tal modo si cerca di contenere il conseguente aumento della pressione interna alla gomma, che determina una riduzione della superficie di contatto tra battistrada ed asfalto ed aumento della temperatura lungo la fascia di rotolamento, potenziale innesco del fenomeno del blistering (bolle sul battistrada), ed in ogni caso principale causa del degrado prestazionale dei pneumatici.

Diverse le soluzioni adottate tra i team, ma decisamente interessanti quelle della Mercedes. Sin dal GP del Belgio, la W09 ha adottato cerchi posteriori caratterizzati dalla presenza di gibbosità nella corona interna dotate di un profilo tondeggiante, simili a micro alette. Questi elementi, in realtà, sono dei generatori di vortici che, sfruttando la rotazione delle ruote, producono vortici che deviano all’esterno il flusso del calore prodotto dai freni. Così facendo, il flusso (stream vorticoso) in uscita, riesce a non essere deviato eccessivamente verso la zona del diffusore dal flusso d’aria contro cui impatta frontalmente la vettura. In pratica il flusso caldo viene tenuto lontano dall’uscita del diffusore per mantenerne inalterata l’efficienza. I vorticatori, inoltre, fungono da lamelle dissipatrici del calore. In pratica quello condotto attraverso la struttura metallica del cerchione tende, nella zona dove sono posizionate, a concentrarsi sulla sommità delle lamelle, contenendo in questo modo quello trasmesso dal cerchio all’aria all’interno del pneumatico.

Un altro dettaglio dei cerchi della Mercedes è però altrettanto importante. Si tratta dei raggi cavi, già presenti da qualche stagione, ma resi particolarmente efficaci sulla W09 quest’anno. Hanno la funzione di creare un mescolamento per convezione, tra la porzione di aria calda da essi contenuta, riscaldatasi nella fase di frenata, e il restante volume di aria nel pneumatico. Quest’ultimo subisce la medesima accelerazione dell’insieme cerchio-gomma, cioè ruota in sincrono. L’aria calda in uscita dai raggi cavi, invece, esce radialmente, (perpendicolarmente alla tangente alla circonferenza) curvandosi nella direzione opposta (cioè all’indietro) rispetto al volume d’aria contenuto nel pneumatico. Questo fenomeno crea un mescolamento tra le due porzioni d’aria che rende minimo l’innalzamento della pressione interna come conseguenza e consente una distribuzione della temperatura sulla superficie della gomma più omogenea, cioè non eccessivamente elevata sulla fascia di rotolamento.

Per quanto sia efficace il sistema adottato dalla Mercedes, è importante rilevare, che nella fase di raffreddamento, lungo il rettilineo che separa le due curve prese in esame, la temperatura scenda di poco al di sotto dei 500°C, implicando poi, come conseguenza al momento della staccata della curva 14, il superamento della temperatura massima di dischi e pastiglie, che si attesta intorno ai 1100°C per poco meno di due secondi.