Marquez: "Bagnaia è un vero señor, io sono un Marc diverso"

Abbiamo preparato due buste: la A e la B. Puoi scegliere, domande da zona comfort o quelle più irriverenti? “Scelgo sempre rischio, al 100%. Busta B! Se no la vita è noiosa...” Prima ancora di iniziare, proviamo a dare un titolo? ‘Marc is back: tutta la verità’ o ‘Rosso fuoco’? “Mi piace ‘Rosso fuoco’! Abbiamo cominciato a Barcellona con tutto quel rosso . E mi piace come idea” Quando hai capito che il Mondiale poteva cominciare così? “In Malesia, con quei 10 giri finali nei test. Mi sono detto che se fossi andato forte in Malesia, dove ho sempre fatto fatica, allora avrei potuto fare bene ovunque. È una grande soddisfazione” Andiamo indietro nel tempo, cioè a 3-4 anni fa: l’infortunio, il tuo momento più difficile. Se ti avessero detto che saresti tornato così, ci avresti creduto? “C’è la speranza di ritornare in forma, ma non era quello a cui pensavo. Volevo uscire dall’infortunio al braccio, volevo sentirmi bene sulla moto e vedermi ancora competitivo. Non potevo pensare al titolo, avevo altro di cui occuparmi. È stato il momento più difficile della mia carriera. Davvero troppo duro, non lo auguro a nessuno. Arriva un infortunio quando non te l’aspetti, e ho sbagliato perché sono rientrato troppo presto. Il braccio è stato l’infortunio più duro fisicamente, ma la vista il più preoccupante: ho pensato che non avrei mai più avuto una vita normale. Mi è successo due-tre volte. Ma ce l’ho fatta. Alla fine la conclusione è questa: ogni sportivo ha un momento di difficoltà” Nel 2014 c’erano Rossi, Lorenzo, Pedrosa, Dovizioso… Oggi chi è rimasto? “Io solo! Non è una soddisfazione, sono il più vecchio e vuol dire che il tempo va avanti e arrivano i giovani. Ma è normale, arrivano piloti nuovi. Ma esserci per il titolo è meraviglioso: siamo competitivi, continuiamo a lavorare. Arriverà il momento in cui si faranno i conti con il tempo...” Chi è il Marquez del futuro? “Del futuro? No, del presente. Per dire un nome: Pedro Acosta. Ma non c’è un nuovo Marquez, ognuno ha il suo nome, cioè le sue caratteristiche e la sua storia” Si dice che con Bagnaia andiate molto d’accordo? È vero o è fuoco sotto la cenere? “Io l’avevo già detto: avere 32 anni non è la stessa cosa di avere 20 anni, quando hai quella voglia da ‘rookie’. Con Bagnaia il rapporto è buono: ognuno vuole arrivare primo, fare il 100%. Lottiamo in pista, ma c’è tanto rispetto tra noi. Pecco ha vinto due titoli mondiali e non è facile, ha riportato la Ducati alla vittoria...” Ma questo è rispetto sportivo. A livello personale? “Anche. Uso un termine spagnolo: è un señor. Un gentleman. Ma da persona a persona non posso dire di conoscerlo come conosco mio fratello o un mio amico. Da compagno di squadra, da sportivo, lo rispetto davvero molto. Sono arrivato in quella che era casa sua, ma capita a ogni pilota entra in un box dove c’è qualcuno che ha più esperienza, più conoscenza delle dinamiche interne. Ma alla fine io nel box sento che c’è lo stesso supporto verso entrambi, davvero si lavora di squadra. Ed è quello che fa la differenza alla Ducati. Se non vince uno deve vincere l’altro e per questo la factory garantisce sempre il massimo aiuto a ogni pilota” Ma sei il peggiore compagno di box da avere? “Sì . Perché sono scomodo: cerco di andare il più veloce possibile. Ma alla fine questo alza il livello. A me è capitato con Pedrosa: da lui ho imparato di più. Per ora da quando ho cominciato nessuno mi ha veramente battuto, ma arriverà...” Gemma, la tua fidanzata, in un video simpatico prende lezioni di italiano dalla moglie di Pecco. Ma è più facile che lo impari lei o che tu vinca il Mondiale? “Ha cominciato un mese fa: il team è italiano, qui si parla solo così. In Gresini era un po’ un mix, qui invece è tutto italiano. Ha più chance lei di imparare l’italiano che io di vincere il Mondiale: lei si deve mettere a studiarlo, è questione di tempo; il Mondiale non dipende solo da me. Dipende da mio fratello o il mio compagno di squadra che vanno molto forte…” Ti sposi? “Per il momento no, ma in un futuro mi piacerebbe. Qui in Qatar vedevo altri piloti che arrivano coi loro figli. Mi sono girato verso Gemma e le ho detto che per ora non mi sento pronto” Da sempre si dice che vuoi arrivare ai 9 titoli di Rossi o avvicinarti ad Agostini. È ancora così? “Se me lo avessi chiesto 5 anni fa ti avrei risposto che avrei voluto vincere il nono, il decimo.. tutto il possibile. Ma ora penso soprattutto a godermi la vita. Ho già fatto la cosa più difficile della mia carriera, uscire da quell’infortunio. Mi sento competitivo, sono riuscito ad arrivare nel team più forte della MotoGP, con la moto migliore. E ora vediamo cosa succederà in questi due anni…” Ma quindi vuoi ancora essere il più vincente di sempre? “Dopo quello che è successo, ho capito che ogni pilota ha la sua carriera sportiva. Ma se mi fermo fra quattro o dieci anni, o fra uno, sarò comunque tranquillo e contento di tutto quello che ho fatto. Io nella testa avevo una domanda: sarei stato ancora competitivo o no? E per rispondere a questa domanda dovevo guidare la moto più forte del paddock. Per questo ho puntato subito su Gresini che mi poteva dare l’opportunità di arrivare dove sono ora” Ti posso chiedere cosa è successo a cavallo del Mugello l’anno scorso, quando hai detto no alla Pramac. Era una tua precisa strategia per arrivare alla Ducati ufficiale? “No, non era strategia. Ma era quello che pensavo. Con Ducati non era concordata la linea, ma era quello che avrei voluto fare io. Se mi fossi mosso da Gresini, sarebbe stato per arrivare in un team ufficiale. Non sarei andato in un altro satellite” Sempre di te si racconta che dentro ai box tu abbia un certo magnetismo e che tenda a fare innamorare il gruppo con cui lavori. “Nego! ” È più Dall’Igna innamorato di Marc Marquez o viceversa? “Io sono innamorato della sua moto, che è un po’ come una sua figlia. Per lui, come per tutta la Ducati, ho sempre avuto un grandissimo rispetto. Abbiamo lottato contro per tanti anni… In carriera io ho sempre cercato di essere un professionista all’interno del box perché so che un ingegnere, un meccanico, sono fondamentali così come un pilota. Se sbagliano loro si sbaglia tutto. Per questo ho sempre cercato di creare una bella atmosfera che poi serve quando capitano errori come la mia caduta ad Austin. Con Dall’Igna c’è sempre stato un rapporto molto onesto. Da quando sono nel Motomondiale non sono mai stato un pilota che passa da un team all’altro solo per far crescere il proprio stipendio. In questi ultimi due anni ho semplicemente fatto quello che sentivo essere la cosa giusta per me” Parliamo di questo Mondiale: sei partito fortissimo, poi hai fatto un errore, un solo errore, sei caduto e per quello non sei in testa al Mondiale. Fa riflettere: ti sei reso conto di non poter osare al 100%? “Sì, ho fatto un errore. Ma succede a tutti. Succederà a mio fratello, succederà a Bagnaia. Ad Austin ho sbagliato, ma dopo 3 gare sono a 1 punto dal primo del campionato, mio fratello Alex, e a +11 da Bagnaia. E questo è ciò che conta” Il Marc di oggi sa limitarsi di più? “Sì, è facile farlo. Non è difficile limitarsi e andare più piano. Io so perché sono caduto ad Austin ed è nella natura di noi esseri umani: si sbaglia, si impara” Che effetto ti fa vedere in testa al Mondiale tuo fratello Alex? “Sono molto orgoglioso di lui. Abitiamo insieme, ci alleniamo insieme. Lui ha spesso dovuto convivere con l’etichetta di essere al Mondiale perché fratello di Marc Marquez. Ma è un due volte campione del mondo e oggi è in testa alla classifica della MotoGP. Non ha ancora vinto una gara ma la vincerà. Magari qui in Qatar. Siamo molto diversi: abbiamo la stessa mentalità, ma la gestiamo in maniera diversa. Abbiamo due personalità diverse” Come è duellare in pista con un fratello? “Lottare contro tuo fratello non è mai lo stesso, ma questo non vuol dire che io non tenti di superarlo. Quando gareggi e provi un sorpasso non cerchi di farlo per far cadere l’avversario, ma per dare il massimo. Può succedere, come succede tante volte. Io e lui ci sfidiamo e cerchiamo di fare il massimo per il nostro team. A casa ci aiutiamo a vicenda, ma in pista lottiamo” Cosa gli invidi? “Lui è un tipo più tranquillo di me, più razionale” Ma cosa è successo in Texas? “Se gli altri piloti mi avessero seguito, io sapevo che comunque ero il più forte in pista con le gomme slick. Poi ho sbagliato e non sono stato il più forte, ma in tutte le sessioni precedenti, in qualifica, nella Sprint e nel Warm Up, ero sempre stato primo. Mi sono detto ‘Se i migliori, Alex e soprattutto Bagnaia, mi seguono e partiamo tutti con le slick io sono comunque il più forte’. Quando mancavano 8 minuti più o meno ho visto che era asciutto e ho pensato ‘Adesso non c’è tempo di cambiare la moto’ e ho iniziato a chiedere a Davide Tardozzi e a Marco Rigamonti , perché non avevo molto chiaro in testa la regola, anche perché il regolamento è cambiato già tante volte. Ma io avevo provato spesso a immaginare questo scenario e sapevo che, se fosse successo, avrei dovuto attuare quel piano, cioè andare a prendere l’altra moto. E il tutto sarebbe stato comunque più veloce. Mi immaginavo che gli altri mi avrebbero seguito, perché non avevo modo di farlo in tempi più stretti. Se lo avessi fatto quando mancavano 30 secondi, credo che sarei andato al box da solo. Ma il problema era che il mio box era l’ultimo e avrei dovuto fare un minuto di corsa per prendere la moto. In quel momento ogni pilota ha la sua strategia. Il ride through? A prescindere da quella penalità sarei stato più veloce: se parti col bagnato e fai un giro con le gomme rain perdi 4-5-6 secondi e dopo sei costretto a cambiare moto: se fossi partito con pneumatici d’asciutto, avrei fatto il ride through ma avrei comunque guadagnato. Quindi l’avrei fatto ugualmente. Non mi era chiaro il regolamento, ma sapevo che in quella situazione dovevo comportarmi così. Ho seguito il mio istinto. Poi Bagnaia è uscito con me e gli altri sono andati dietro” Essere scaltri fa parte di te? È un aggettivo che ti dispiace e magari vorresti essere vissuto più come un Federer? “Lui o Nadal non hanno mai il contatto. Prendiamo un altro sport come la Formula 1, c’è il contatto, il corpo a corpo, la lotta. E si vede infatti tra Verstappen, Hamilton... Per me essere forte in pista è la cosa più importante. Io ho sempre preso le mie decisioni pensando a me, non a quello che avrebbero fatto gli altri. L’ultima parola in pista deve essere del pilota, al momento mi è venuta bene...” Qualcosa che ti colpisce? La tua cryptonite? “No, non c’è” Chi è la persona a cui non potrai mai dire di no? “Probabilmente mio padre e mia madre” Fai più sogni o incubi? “Io di base sogno, cioè ho pensieri positivi. Vincere con la Ducati, per esempio” Cosa farai quando smetterai di correre? “Non lo so, perché vedo la fine molto lontana” Come vorresti essere ricordato? “Come uno che ha dato sempre il 100%, che ha dato la sua vita per la moto. Quando smetterò, vedrò dove sarò arrivato e cosa farò” Ma lo sai che nell’altra busta, quella della comfort zone, c’erano le stesse domande? “Sì, lo sapevo già”

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