Bagnaia, dritto al punto

Sei sincero perché sei fatto così, perché te lo hanno insegnato, fa parte di te, ti manda a nanna sereno. A vita. A patto di non aprire i social prima di spegnere la luce, per risparmiarsi – in mezzo a tanta solidarietà, sostegno, fiducia e ammirazione – anche disturbi da insulto gratuiti, omissioni di verità, giudizi superficiali, illazioni infondate, ignorantate varie. Che oltre a riguardare Bagnaia riguardano pure la Ducati e qualunque altro pilota o casa senza che nessuno meriti quegli eccessi lì. Il weekend di Sepang è un altro di quelli che sul cammino di Bagnaia rendono incomprensibile il suo viaggio 2025 tra guizzi di imbattibilità e flopponi clamorosi, con quella Ducati che con i due Marquez nelle versioni 2024 e 2025 ha vinto tutto. Il sabato si prende la pole, vince a mani basse la Sprint, poi forse sbaglia una gomma per la domenica della gara da cui però si ritira - mentre prova a resistere per il podio - per una foratura. Una MotoGP che fora è un fatto più che raro, così raro da sfuggire persino alla classificazione della sfiga. La foratura, è la conseguenza di un pezzo di carbonio o di una vite persa da qualcuno che si è conficcata dritta nel gommone dietro. È come quando capita per strada in macchina. Finchè il detrito resta nel buco la pressione cala lentamente, ma quando salta via, ecco, crolla tutto. Il fatto concreto è che da 1,8 bar, dove dovrebbe stare la pressione della gomma, Pecco torna al box con un valore di 0,6. Sgonfia. Finito. Stop. Stavolta l’incavolatura schietta, che sarebbe anche legittima, non è una priorità. La gioia, gli abbracci, la sensazione di aver fatto un passo avanti e di aver rilanciato la relazione tra Ducati e Bagnaia, sono già stati capitalizzati il sabato dopo la pole e la Sprint dominata. L’idea di aver cominciato a capirci qualcosa, che non sappiamo, sembra consolidarsi, anche se, a partire da Bagnaia, nessuno in Ducati si lancia più in previsioni ottimistiche, perché ustioni e illusioni sono precedenti ancora troppo freschi. Bagnaia ha dedicato la vittoria della Sprint agli sforzi e al lavoro del suo team, lui e Dall’Igna si sono stretti l’uno tra le braccia dell’altro, Mauro Grassilli ha detto a SkySport che non ci sono dubbi sul fatto che la relazione continui bene almeno finchè lo dice il contratto. Che magari era un fatto inutile da precisare, ma intanto l’ha fatto. Ecco, stavolta però a Bagnaia nel dopo GP interessano altre cose. Gli interessa dire prima di tutto che secondo lui la gara della Moto3 non doveva partire. Era troppo fresca l’immagine del tamponamento devastante tra Rueda e Dettwiler per mettere dei ragazzini in pista dopo aver visto due di loro andarsene in elicottero verso la terapia intensiva. E’ la sua opinione e si potrebbe pure aprire un dibattito sostenendo da una parte il fatto che avendo scelto il motociclismo queste cose sai che succedono e ti tocca andare avanti, perché è così, è così che si è sempre fatto, è così che cresci come hanno fatto intere generazioni di piloti giovani e giovanissimi prima di te; oppure sostenendo dall’altra che ci sono momenti in cui è semplicemente giusto offrire rispetto alle emozioni dell’uomo. Che è poi la strada scelta da Bagnaia. E’ una strada moderna la sua, più legata alla prudenza, adatta a questo tempo in cui gli incidenti gravi sono diventati una rarità perché è migliorata la tecnologia, ma è proprio per la loro rarità che quando accadono possono generare traumi emotivi più grandi. Fortunatamente non è più l’era in cui i piloti all’incidente grave e alla morte facevano semplicemente il callo. Non deve essere stato bello per niente trovarsi nei panni di chi domenica mattina ha dovuto decidere cosa fare della gara della Moto3, ma che alla fine ha optato probabilmente per la scelta giusta, perché dall’ospedale cominciavano a filtrare notizie più rassicuranti . La gara della Moto3 è stata in effetti tirata e regolare e i suoi pilotini hanno corso dando il meglio. Va bene, ma Pecco ha sollevato un importante tema di sensibilità umana, rappresentando una generazione, la sua, che è un cardine, a mezza via tra quella che sta finendo e quella che ha appena cominciato. E’ un passo in più sulla strada che ha portato a migliorare le protezioni, le tute, i caschi, le vie di fuga, le regole; è la strada che ha portato i piloti a dare il proprio contributo – che è il più sensato – con la creazione e le attività della loro Safety Commission. Negli anni i piloti, le aziende e la Dorna sulla sicurezza oggettiva hanno lavorato onestamente da Dio. Ma del punto di vista di Bagnaia sul fronte umano bisogna assolutamente tenere conto. L’incidente ha peraltro risollevato la discussione sull’importanza del warmup della domenica mattina che Moto3 e Moto2 non hanno più. Il warmup è l’ultima verifica, serve per quello. Se Dettwiler avesse fatto un warmup forse non avrebbe rallentato nel giro di ricognizione per un problema tecnico, esponendosi al tamponamento di Rueda. Perché nel giro di ricognizione bisogna andare a bomba. E’ un giro. E’ l’unica e l’ultima occasione per parlare con la moto prima del via, dal sabato sera quando è stata smontata e rimontata nel box e poi più toccata. Parlando ancora di sensibilità, con i giornalisti Bagnaia ha chiuso il suo cerchio dedicando una riflessione al documentario The Clash, sul conflitto tra Rossi e Marquez nella gara della Malesia del 2015, pubblicato dalla MotoGP sul suo canale YouTube. “Non è stata una grandissima cosa – ha detto Bagnaia – anche perché son stati dipinti dei ruoli in una maniera un po’ distorta. Non voglio entrare nel merito, ma non era il caso, poi in una giornata come giovedì che era anche l’anniversario della morte di Simoncelli”. Dritto come un righello. In effetti è davvero difficile pensare che quel video, lanciato come uno spot per la MotoGP di oggi, possa in realtà esserlo per davvero. Gira sulla sensazione e sui residui rimasti di una polemica che ha dato fastidio e ha fatto male a tutti, con ruoli di carnefici e vittime che nel documentario emergono pure a rovescio, in un contesto di parolacce qua e là che sono molto fisiologiche nei momenti ipercaldi. Ecco, sono passati dieci anni da quella che sportivamente non fu una gara né bella né epocale. Tra due piloti che sono leggenda e simbolo. Oggi forse Rossi non attaccherebbe più con tanta durezza Marquez in conferenza stampa e Marquez non si caccerebbe più con tanta ferocia in pista in un fatto non suo. Oggi resta l’astio personale tra loro due sul quale è impossibile fare valutazioni e previsioni, ma si stava stemperando quello dei tifosi che, al di là degli incalliti, stanno pure vivendo un ricambio generazionale. Oggi Rossi è ritirato e si gode la famiglia, le corse in auto, cresce i piloti della sua Academy, mentre Marquez – che recentemente ha detto più di una volta “a vent’anni si fanno cose che a trenta non faresti più” - è tornato a vincere, corre da campione e agisce da uomo maturo e di buonsenso. Bagnaia, come tutti quelli che frequentano il paddock e ci corrono, sa e vede. Sanno tutto di tutti e in più sanno vedere le cose sotto il filtro del buonsenso e della sensibilità umana. Bisogna tenerne conto.

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Guido Meda