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NBA, tra Embiid e Okafor, centri al centro

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I Philadelphia 76ers sono alle prese con le situazioni opposte dei due centri: Embiid ha una lesione al menisco (ma ha ballato sul palco a un concerto...), Okafor è stato tenuto fuori dalla partita con gli Heat per le voci di mercato sul suo conto

Tra un ginocchio che non sembra migliorare e sempre più ricorrenti voci di trade, sono sempre i centri al centro dei discorsi dei Philadelphia 76ers. Solo che Joel Embiid e Jahlil Okafor lo sono per motivi opposti: il primo non scende in campo ormai da nove partite e il suo infortunio - che a una prima diagnosi era stato definito come una “contusione” - è stato aggiornato a una piccola lesione del menisco, il quale però non richiede operazione chirurgica. Di tutt’altro genere le preoccupazioni di Okafor, che è stato tenuto fermo dal suo allenatore Brett Brown nella partita con i Miami Heat per le voci di scambio delle ultime ore. I Sixers hanno infatti accelerato le trattative con le varie squadre interessate ai servigi del centro ex Duke, che appare sempre più destinato a lasciare la Pennsylvania prima della deadline del mercato.

Embiid scatenato (e punito?) – I Sixers hanno sempre mantenuto un approccio molto attendista nei confronti del loro centro camerunense, tenendolo seduto nei back-to-back e sotto un rigido limite di minuti per preservarne il fisico. Per questo non è piaciuto particolarmente lo show che il futuro rookie dell’anno ha messo in scena sul palco del concerto del rapper Meek Mill. Pur avendo saltato 11 delle ultime 12 partite, il centro è stato chiamato dal cantante e si è preso le luci della ribalta ballando e spogliandosi sulle note di "Wicked" di Future davanti al pubblico in visibilio del Wells Fargo Center, che non ha mancato di riprenderlo con gli immancabili smartphone e di condividere la sua esilarante performance con il mondo. Esilarante per molti ma non per la dirigenza della sua squadra, in particolar modo il presidente Bryan Colangelo, che prima della partita di sabato si è detto “un po’ deluso” dal comportamento del suo giocatore. “Forse, a livello di percezione, ha superato un certo limite, ma rimane una conversazione privata tra di noi. Non è il massimo svegliarsi e vedere quello che è successo perché so quali possono essere le reazioni e le preoccupazioni che ne derivano. Essere al concerto non è deludente, ma forse salire sul palco e ballare lo è stato, date le circostanze. Ma non ha fatto niente di deplorevole o sbagliato, non si può dire molto a uno come Joel che ha un carattere straordinario ed è un eccellente cittadino per noi”. Colangelo ha però confermato che Embiid rimarrà fermo almeno fino all’All-Star Weekend e che con ogni probabilità non scenderà in campo durante gli eventi del weekend delle stelle. Per precauzione o per punizione? Dal canto suo Embiid si è limitato a dire che non è a posto fisicamente ("Il ginocchio continua a gonfiarsi e sgonfiarsi, bisogna avere pazienza") e si è giustificato per il suo comportamento sul palco: "Meek mi ha invitato e mi sono divertito. Non è stata né una buona né una cattiva decisione: ho solo pensato a divertirmi. Non ho fatto nient'altro per tutto l'anno e continuerò a farlo. Ho 22 anni".

Addio Jahlil? – Okafor invece potrebbe aver disputato la sua ultima partita in maglia Sixers, quantomeno fino a quando non verrà definita la sua situazione. Tra le tante voci sul suo futuro sono emerse diverse squadre interessate, tra cui i New Orleans Pelicans, i Portland Trail Blazers, i Chicago Bulls e – abbastanza incomprensibilmente – i Denver Nuggets. “La situazione è ancora fluida, ma se vedete che non lo faccio giocare, [le voci] sono probabilmente il motivo”, ha dichiarato coach Brett Brown. “Quando si avvicina la pausa per l’All-Star Game, le possibilità di uno scambio diventano sempre più alte, ma la effettiva realizzazione è sempre responsabilità dei livelli più alti [della dirigenza]”. L’allenatore non ha voluto tralasciare un pensiero per il ragazzo, prima ancora del giocatore, che ha avuto sotto la sua guida nell’ultimo anno e mezzo. “Ho sentimenti contrastanti perché ho passato tantissimo tempo con questi ragazzi, che sono molto giovani. Spero di aver dato loro buoni consigli quando sono venuti in cerca di guida, di allenarli ed educarli facendogli capire che questo farà sempre parte della loro vita in NBA, e che molte volte [quello che succede] non dipende dall’individuo. È il normale martellare di una stagione NBA: non si trovano molti giocatori che riescono a rimanere con una squadra per tutta la carriera. Esiste comunque un aspetto umano del nostro lavoro: provo affetto per Jahlil. Ho ancora più rispetto per lui rispetto a quanto ne avessi a inizio stagione, e già era alto. Quello che io vedo è un essere umano che gestisce tutto con grande classe”. Una “lettera di raccomandazione” in piena regola per il prossimo datore di lavoro del centro ex Duke.