Westbrook trascina OKC al successo contro San Antonio per 102-92, chiudendo la gara con 23 punti, 13 rimbalzi e 13 assist: la 31^ tripla doppia in stagione - raggiunto Wilt Chamberlain e secondo ormai soltanto alle 41 di Oscar Robertson
Per entrare definitivamente nella storia, Russell Westbrook ha scelto una vittima illustre come i San Antonio Spurs, arrivati alla sfida contro i Thunder cavalcando una striscia di nove successi consecutivi, l’ultimo dei quali acciuffato ieri al termine della più grande rimonta dell’era Popovich. OKC invece aveva messo in fila quattro sconfitte, nonostante i 45 punti di media del numero 0. Visto che farne 40 (o 58) non sembrava essere sinonimo di successo, Westbrook è ritornato alle origini, al suo porto sicuro, chiudendo con 23 punti, 13 rimbalzi e 13 assist; la 31^ tripla doppia stagionale, eguagliato il record di Wilt Chamberlain e secondo dietro soltanto alle 41 di Oscar Robertson risalenti alla stagione 1961/1962. 25-6 lo score dei Thunder quando Russell chiude con quelle cifre, 11-23 nelle altre. “È una benedizione – commenta la point guard di OKC -. Ogni volta scendo in campo con l’intenzione di competere al più alto livello possibile. Nel momento in cui vieni nominato al pari di giocatori del genere, è comunque una benedizione. Non lo avrei mai immaginato”. Non solo Westbrook, ma anche Steven Adams, Victor Oladipo e Enes Kanter chiudono il match in doppia cifra alla voce punti, in una vittoria che, nonostante l’indiscussa leadership del numero 0, è sembrata molto più di squadra del solito. “Questo significa che siamo sulla strada giusta - prosegue Westbrook -. Ovviamente in alcuni momenti della stagione sei costretto a passare attraverso dei momenti difficili. Le squadra di un certo livello si compattano attraverso le avversità e questa notte siamo stati capaci di fare gruppo”.
La partita – Una gara convincente quella dei Thunder, avanti dall’inizio del secondo quarto e bravi a non far più rientrare nel match gli Spurs. La novità tra i padroni di casa è Domantas Sabonis che parte per la prima volta in stagione dalla panchina, lasciando il suo posto a Taj Gibson, all'esordio da titolare da quando è arrivato in Oklahoma. Alzare il quintetto vuol dire avere più possibilità a rimbalzo (48 vs. 40 in favore di OKC alla sirena) e proteggere meglio l’area. A San Antonio poi, manca la continuità nel trovare il bersaglio dalla lunga distanza (6/19 dall'arco), con l’eccezione di un Pau Gasol da 18 punti e 8/14 al tiro in uscita dalla panchina. Danny Green ci mette quasi 18 minuti invece a tentare la prima conclusione e questo, unito alle assenza forzate dettate dal riposo imposto dal calendario serrato, rende la vita complessa ai texani. Tecnica e tattica a parte, la differenza spesso la fa anche l’atteggiamento. “Sono stati molto più aggressivi di noi – commenta Gregg Popovich -, nove volte su dieci arrivavano per primi sul pallone e cose del genere ti fanno vincere una partita di basket, molto più del realizzare dei tiri o del prenderli nel modo giusto”.
“Infortunio a Leonard? Niente scuse” – Una battuta d’arresto che interrompe quindi la risalita degli Spurs verso la vetta della Western Conference, a due giorni dal match contro Golden State che potrebbe rimettere definitivamente in discussione la leadership a Ovest. A nulla servirebbe poi fermarsi a ragionare sul fatto che Kawhi Leonard causa infortunio è stato costretto a restare fuori nell’ultimo quarto d’ora abbondante di gioco, sfortunato protagonista di uno scontro con Victor Oladipo: il numero 5 dei Thunder, cadendo male dopo essere andato al ferro in penetrazione, ha colpito l’MVP delle Finali 2014 tra viso e collo, costringendolo a restare seduto in panchina fino al termine del match. “È stato colpito sulla bocca, sulla testa o qualcosa del genere – commenta coach Popovich a fine gara -. Fatto sta che il medico ha preferito non rischiarlo in campo”. Non c’era quindi il numero 2, non c’era Parker e non c’era Ginobili, ma poco importa. Le scuse stanno a zero quando parla l’allenatore degli Spurs. “Loro ci avrebbero battuti lo stesso. Se Kawhi avesse giocato nel quarto periodo, ma noi avessimo continuato lungo la nostra strada e loro avessero mantenuto quella intensità, l’avremmo persa comunque. Non accampiamo mai scuse; ci siamo presi un bel calcio nel sedere”.