Prestazione storica della guardia dei Phoenix Suns, il sesto giocatore di sempre (e in assoluto il più giovane) a segnare 70 punti in una partita. È la miglior prestazione di questa stagione, nonché la più alta dagli 81 di Kobe Bryant nel 2006
70 punti. Tondi, non uno di più e non uno di meno. Certo, i Boston Celtics hanno vinto facilmente la partita contro i Phoenix Suns, ma la prestazione di Devin Booker entra di diritto nella storia della NBA al di là del risultato finale. Mai nessuno alla sua età (20 anni e 145 giorni) ne aveva segnati più di 56, quando ci riuscì nientemeno che LeBron James: lui ne ha mandati a referto 51 solo nel secondo tempo dopo i 19 del primo, aggiungendo peraltro 8 rimbalzi, 6 assist, 3 recuperi e una stoppata oltre a 5 palle perse in 45 minuti. Booker è riuscito nell'impresa tirando in maniera estremamente efficiente: 21/40 dal campo e 24/26 ai liberi pur con un "normale" 4/11 dall'arco, nemmeno la migliore delle serate per un tiratore dalla lunga distanza del suo calibro. Con questa prestazione si unisce ad altri cinque giocatori in grado di toccare quota 70: Wilt Chamberlain (che ha sei partite di questo genere in carriera...), Kobe Bryant (è il primo a segnarne così tanti dai tempi dei suoi 81 contro Toronto), David Thompson, Elgin Baylor e David Robinson. Tutti gli altri grandissimi della storia della NBA, da Michael Jordan e LeBron James in giù, non sono mai riusciti a segnarne così tanti, così come mai nessuno li aveva mai fatti al Boston Garden (superati Elgin Baylor a quota 64 e Wilt Chamberlain a 62, mentre i 63 di Michael Jordan sono relativi a una gara di playoff). Non un brutto risultato per uno che legalmente non può ancora bere alcool negli Stati Uniti, visto che compirà 21 anni solamente il prossimo 30 ottobre...
La gara oltre Booker — La partita, prima dell’esplosione di Booker, è andata esattamente come ci si poteva aspettare: i Celtics hanno messo subito le cose in chiaro aprendo il primo quarto con un parziale di 25-5 e poi arrivando anche sul +26 in un secondo quarto da 37 punti con 8 triple mandate a segno. Una vittoria comoda ad osservare l’andamento della partita, visto che il vantaggio non è mai sceso sotto la doppia cifra e Isaiah Thomas è andato ancora una volta sopra quota 30, segnandone 34 contro la sua ex squadra con 10/20 dal campo e 7 assist ad azionare altri quattro giocatori in doppia cifra (Al Horford e Gerald Green 15, Kelly Olynyk e Jae Crowder 13). Ciò nonostante, coach Stevens non è rimasto particolarmente entusiasta della prestazione dei suoi: “Non riusciamo a mantenere un livello di gioco continuo, ed è una cosa che succede da un po’ a questa squadra. Sono sorpreso del nostro record, perché dobbiamo giocare a un livello più alto per 48 minuti. E invece non lo facciamo”. Una frecciata neanche troppo velata allo scarso impegno visto nel secondo tempo, in cui i suoi sono stati battuti 77 a 64 per colpa dell’esplosione di Booker, che ha realizzato tanto il suo massimo in carriera (il precedente career-high era di 39...) quanto quello nella storia dei Suns (battendo Tom Chambers che ne segnò 60 nel 1990).
Le parole del protagonista — “Una cosa del genere non succede molto spesso, specialmente contro una buonissima squadra difensiva come i Boston Celtics. Ero ‘in the zone’. È quasi difficile da spiegare. Ho provato in passato sensazioni del genere, ma mai di questa portata. Nel primo tempo mi hanno reso la vita difficile, ma sono rimasto ultra aggressivo e i miei compagni hanno iniziato a trovarmi e a portarmi eccellenti blocchi. Il resto è storia”. Così la giovane stella dei Suns ha commentato la sua incredibile prestazione, aiutata peraltro anche dalla gestione del suo allenatore Earl Watson, che ha chiamato un paio di timeout e ha fatto dei falli intenzionali per dargli la possibilità di aggiungere punti al tabellino nonostante la rimonta fosse fuori portata. “È pallacanestro” la sua giustificazione dopo la gara. “Non vengo in nessun palazzetto cercando di essere apprezzato dagli avversari. Non mi interessa, davvero. Stiamo cercando di costruire qualcosa con questo gruppo, lasciando che i nostri ragazzi [i Suns hanno schierato solo otto giocatori e hanno il quintetto più giovane della storia NBA, ndr] cerchino di diventare grandi. E se alla gente non piacciamo o non gli stanno bene le nostre motivazioni, cosa dovrei dire loro? Fate qualcosa [per impedircelo]. Semplice”.
Qualcosa da festeggiare — Anche Booker, pur comprendendo la frustrazione dei Celtics per come è stato gestito il finale di gara cercando di fargli fare più punti possibile, ha commentato così la prestazione incredibile pur con la sconfitta finale: “È strano perché siamo stati dei vincenti per la maggior parte delle nostre vite, ma allo stesso tempo, visto come è andata la stagione, siamo alla ricerca di qualcosa da festeggiare. E per me vuol dire tanto vedere i miei veterani col sorriso sulle labbra: Tyson Chandler mi ha festeggiato; Jared Dudley ha finito con 10 assist stasera e mi cercava ogni volta che superava la metà campo. È strano a volte, ma bisogna apprezzare la bellezza in queste cose. Alla fine, abbiamo fatto la storia e non avrei potuto farlo senza i miei compagni, ed è per questo che festeggiamo”. Un ragionamento comprensibile per una squadra che oramai non ha più niente da chiedere alla stagione: se non si può apprezzare la pallacanestro nemmeno quando un giocatore di 20 anni entra nella storia, quando ci è permesso farlo?