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NBA, è scontro frontale tra Wall e gli arbitri

NBA

Stefano Salerno

John Wall ha avuto molto da ridire dopo le decisioni prese dagli arbitri nella gara persa contro gli Utah Jazz. Non la prima volta che accade in questa stagione, in cui più volte la point guard degli Wizards ha chiesto un trattamento "da superstar"

John Wall, terzo in NBA nella non ambita classifica dei falli tecnici ricevuti in questa regular season, ha preso il 15° della sua stagione nella sfida persa questa notte dagli Wizards contro i Jazz. Gli arbitri non gli hanno perdonato il colpo sotto la cintura rifilato a Rudy Gobert, l’ennesimo episodio in cui il difficile rapporto tra la point guard di Washington e i fischietti è venuto fuori: “Non avremmo dovuto perdere questa partita, le decisioni arbitrali hanno influenzato il match. Abbiamo lottato duro e ci siamo garantiti una chance di vittoria, ma ci siamo ritrovati a tirare 16 liberi contro i 31 degli avversari nonostante il nostro stile di gioco dovrebbe garantircene molti di più. Questo è il mio stato d’animo al momento”. Parole che molto probabilmente porteranno la lega a multare per l’ennesima volta il numero 2 che negli ultimi mesi sta portando avanti una vera e propria crociata sull’argomento, tanto da chiedere che gli venisse tolto il fallo tecnico fischiato contro di lui stanotte. “Già in altre occasioni è successo, ma non in questo. Tutto quello che posso fare è chiudere il becco e far finta di nulla. Avrei potuto comprendere se fosse stato considerato come un fallo flagrant 1, ma non un tecnico. Stavamo semplicemente giocando a basket, senza che ci sia stato alcuno scambio di parole o altro. Ma gli arbitri hanno continuato a esserne convinti: è una decisione oltraggiosa”.

Wall vs. arbitri, parte 1 – Parole dure, ma che sorprendono soltanto in parte, visto che lo scontro tra John Wall e gli arbitri affonda le sue radici in un passato lontano, ma mai come quest’anno le lamentele della point guard di Washington hanno fatto così rumore, richiedendo più volte un trattamento “da All-Star” che puntualmente però, almeno a detta del diretto interessato, viene riservato sempre e soltanto agli avversari di turno. Già multato nel 2014 per le proteste dopo un match perso contro gli allora Charlotte Bobcats, la prima scelta assoluta del draft 2010 fu costretta a sborsare 15.000 dollari, pochi giorni prima di passare agli onori delle cronache per gli insulti volgari e razzisti rivolti a Chris Paul, reo a detta dello stesso Wall di ricevere un trattamento di favore. In questa regular season poi, i nodi sono venuti al pettine già alla sesta gara della stagione, quella persa 114-106 a Houston in cui venne multato “per aver usato termini volgari e inappropriati nei confronti degli arbitri – così si legge sul referto -. Inoltre, dopo aver ricevuto il primo tecnico, il giocatore di ritorno nella propria metà campo, mi avvicina volontariamente da dietro, arrivando al contatto minaccioso con la spalla. Non ero certo delle sue intenzioni, ma dopo averlo interrogato, ho ricevuto in risposta soltanto un’alzata di spalle condita da altre offese volgari”. Dopo la partita persa contro Boston a inizi gennaio, il copione delle polemiche è sempre lo stesso, così come nella sfida di “andata” giocata contro i Jazz. Il motivo? Tredici liberi tentati da Washington, 32 dalla squadra di Salt Lake City. Vi ricorda qualcosa? “È frustrante, ma continuerò ad attaccare il canestro. A giocatori che nessuno conosce vengono fischiati falli per contatti minimi, mentre quando conta nel finale gli stessi colpi non vengono considerati”. Sì, come un disco rotto le parole sono sempre le stesse.

Lo sfogo dopo Charlotte – La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il 14° fallo tecnico comminato al numero 2 dei Wizards, successivo a un’accesa discussione con Frank Kaminsky durante la partita persa dai capitolini contro Charlotte lo scorso 19 marzo. Al termine di quel match, le parole di Wall furono durissime: “Mi sono stancato di questi continui falli tecnici che vengono fischiati contro di me. Era soltanto una discussione animata, ma Danny Crawford si è avvicinato pronunciando soltanto le parole ‘fallo tecnico’. Ho sentito spesso e volentieri parole peggiori e molto più volgari rispetto alle mie, senza però che poi venisse comminata alcuna sanzione. Mi sono stufato di questo atteggiamento”. La point guard è un fiume in piena. “Il mio gioco mi porta spesso e volentieri a penetrare al ferro, alla continua ricerca del contatto con l’avversario e di falli che negli ultimi 2 o 3 minuti di partita non vengono più fischiati. È molto antipatica come cosa”. Ne ha per tutti, soprattutto per le superstar (tra le quali lui non rientra), che ricevono a detta sua un evidente trattamento di favore. “Bisogna smettere di mettere in mostra degli evidenti favoritismi nei confronti di alcuni giocatori. Se l’intenzione è quella di sanzionare alcuni comportamenti con il fallo tecnico, bisogna sempre tenere a mente il metro di giudizio. Il 12° tecnico della mia stagione è arrivato perché ho detto all’arbitro: ‘Non permettere che mi trattenga per la maglia!’. Se questi sono dei falli tecnici, bisogna iniziare a fare qualcosa per modificare le regole”.

Imparare a crescere (e vincere) – Come tutti i giocatori abituati a guardare agli arbitri solo quando le cose vanno male, Wall dimentica spesso però di citare quanto successo lo scorso 12 marzo. Portland-Washington è una sfida molto piacevole, una partita più da playoff che di regular season. I padroni di casa giocano per acciuffare Denver all’ottavo posto, mentre i capitolini inseguono Boston al secondo posto. Il match è tirato nonostante i parziali da una parte e dall'altra e la naturale conseguenza è quella di prolungare le ostilità con cinque minuti di overtime, decisivi nel decidere l'incontro in favore degli Wizards a quattro decimi dalla sirena grazie al canestro di Marcus Morris. Il suo piede però, portato indietro prima della partenza, pesta la linea di bordocampo, senza che gli arbitri se ne accorgano. Inutili le proteste della panchina di Portland, visto che la casistica non rientra tra quelle che possono essere visionate con l’instant replay. In quell’occasione però Damian Lillard non sfruttò la chiamata palesemente sbagliata per giustificare la sconfitta, ma se la prese con se stesso e con la squadra per i 20 punti di vantaggio persi per strada in una sfida a lungo dominata dai Blazers. In fondo essere un All-Star vuol dire anche questo: capire di non dover utilizzare gli arbitri come pretesto per giustificare le proprie sconfitte