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NBA, Boston vince grazie a Isaiah Thomas e riprende il fattore campo

NBA

I Celtics vincono ancora allo United Center per 104-95 e riportano in parità la serie, trascinati dai 33 punti e 7 assist del miglior Isaiah Thomas di questi playoff

Al pubblico dello United Center a fine gara non resta che battere le mani a una vecchia gloria come Derrick Rose. “È un onore”, commenta l’ex numero 1 dei Bulls al microfono dell’intervistatore, rivolgendosi alla folla che continua a tributargli il suo affetto. Per i giocatori scesi sul parquet invece, soltanto fischi, vista l’incapacità di terminare il lavoro così ben avviato al TD Garden e ritrovatisi adesso paradossalmente in posizione nuovamente di svantaggio nella serie, adesso sul 2-2. Boston infatti vince 104-95 e si riprende il fattore campo, ritornando definitivamente a galla dopo essere stata a lungo in apnea in questi giorni. Chicago incassa così l’undicesima sconfitta casalinga ai playoff nelle ultime 14 giocate, sintomo che quel pubblico alle volte può mettere pressione più a chi veste in rosso che non agli avversari. In casa o in trasferta, poco importa in questa serie; la prima negli ultimi 12 anni (Dallas Mavericks-Houston Rockets nel 2005 l’ultima volta che è successo) in cui ha sempre vinto la squadra ospite nelle prime quattro partite. L’applauso a Rose ha inoltre sottolineato come spesso e volentieri il basket sia una questione di playmaking, di cuore e di infortuni. Tutto quello che ha stravolto l’andamento di questo scontro.

La decide Isaiah Thomas

“Sapete perché abbiamo vinto? Perché ci siete voi qui questa sera assieme a me”, commenta un emozionato Isaiah Thomas rivolto verso i figli James e Jaiden, arrivati a Chicago per salutarlo e saliti assieme a lui sul palco delle interviste a fine gara. “Erano in pressione su di me a tuttocampo – racconta il numero 4, analizzando il match -, per questo è bastato semplicemente allargare il campo e continuare ad attaccarli per avere la meglio”. Piano partita che ha subito funzionato per i ragazzi di coach Stevens, volati sul +20 già nel primo quarto, ma poi lentamente rimontati dai Bulls, passati in vantaggio sul 65-63 a quattro minuti dal termine della terza frazione. Un ritorno in partita durato un battito di ciglia, giusto il tempo di incendiare il palazzetto sopito nella prima mezz’ora e di far balenare la paura di un’ulteriore sconfitta negli occhio dei Celtics. Poi però, è arrivato un parziale da  12-0 quasi tutto a firma Thomas, che ha rimesso la doppia cifra di distanza tra le squadre. Alla sirena sono 33 punti e 7 assist per il playmaker di Tacoma in una gara chiusa con +17 di plus/minus, tornato ad essere protagonista nonostante il tragico momento vissuto non più di otto giorni fa: “Mentalmente e a livello di emozioni, ho la testa da un’altra parte. Il parquet è l’unico posto in cui posso sentirmi in qualche modo ‘normale’”. Insomma, la medicina migliore per il suo animo e per le sorti dei Celtics.

Jimmy Butler e poco altro

Se in gara-3 infatti la vittoria per Boston era arrivata grazie a una maiuscola prestazione nel tiro dalla lunga distanza, in questa seconda sfida allo United Center la squadra del Massachusetts ha ricordato la squadra che è riuscita a conquistare la vetta della Eastern Conference, capace di dividere le responsabilità tra un Al Horford da 15 punti e 12 rimbalzi, a cui si aggiungono i 18 di Gerald Green, confermato tra i titolari e sempre più decisivo in una partita in cui coach Hoiberg non è riuscito a trovare le giuste contromisure difensive. Neanche i rimbalzi sono arrivati questa volta in soccorso dei padroni di casa, vincitori di misura della battaglia sotto le plance (44 vs. 41) e non in grado quindi di garantirsi la solita mole di extra-possessi che così tanto avevano pesato sul risultato nelle sfide precedenti. Anche Jimmy Butler le ha provate tutte, diventando il terzo giocatore della storia dei Bulls a conquistare 20 o più tiri liberi in una gara di playoff (MJ e il già citato Rose gli altri due) e fissando a quota 9 assist il suo nuovo massimo in carriera in post-season. Un contributo offensivo a cui in pochi sono riusciti a stare dietro, limitati anche dai ricorrenti problemi nel tiro da tre punti (5/24) e convincenti soltanto nei minuti in cui Isaiah Canaan ha calcato il parquet. Una possibile opzione, sintomo di come alla fine sia sempre questione di playmaking, di cuore e di infortuni.