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NBA, storie tese tra Westbrook e Beverley in campo e fuori

NBA

Prima il faccia a faccia in campo e poi le polemiche in conferenza stampa: "Ha dovuto prendere 34 tiri per segnarne 40" attacca Beverley; "Viene a dirmi di essere un buon difensore dopo che gli ho segnato 47 punti in faccia", risponde il numero 0 di OKC

Alla fine ad avere la meglio sono stati gli Houston Rockets. Prevedibile, visto la completezza e compattezza della squadra di coach D’Antoni, rispetto agli egocentrici Oklahoma City Westbrook. A prendersi cura del numero 0 nelle cinque gare della serie ci ha pensato Patrick Beverley, che il suo scopo, ossia vincere quattro partite nel minor tempo possibile, lo ha portato a casa con relativa facilità. Nella battaglia personale che ha infiammato questi dieci giorni però, i pareri sono discordanti, visto che a leggere le statistiche di Westbrook qualcuno potrebbe obiettare sull’efficacia della “marcatura” del numero 2 dei Rockets. Le medie infatti sono impressionanti: 37.4 punti, 11.6 rimbalzi e 10.8 assist in quasi 39 minuti giocati a partita, come se Westbrook non riuscisse a fare a meno di avere una tripla doppia a referto anche ai playoff. In molti però obietteranno (giustamente) che quelle cifre sono state messe assieme con percentuali modeste, per non dire dannose: un 43.1% di percentuale effettiva che lascia un po’ perplessi e che dà credito alle parole di Beverley e ne legittima l’operato. Su una cosa invece si può davvero essere tutti d’accordo: i Thunder l’hanno persa soprattutto quando Westbrook è rimasto seduto in panchina. Senza di lui infatti, il resto del roster di OKC ha giocato 46 minuti chiusi con un eloquente -51.3 di Net Rating, a differenza del +4.9 archiviato nei 194 trascorsi dal numero 0 in campo. Una gran bella differenza.

 “I numeri non mentono”

Dopo il faccia a faccia di metà quarto quarto in campo, è in conferenza stampa che Beverley regala il meglio di sé, libero finalmente di potersi togliere tutti i vari sassolini che ha trascinato nelle sue scarpe in queste due settimane. “Quella è stata la prima volta che ci siamo rivolti la parola in questa post-season – racconta il numero 2 facendo riferimento all’episodio che è costato un fallo tecnico a entrambi -, lui è davvero un grande giocatore… Ha detto che nessuno sarebbe stato in grado di marcarlo, che lui aveva realizzato 40 punti. È fantastico, gli ho risposto, ma ha dovuto prendere 34 tiri per metterli a referto. Non sono qui per provare a sminuire nessuno. Anche perché gli uomini mentono, le donne mentono, i numeri no”. Un punto di vista discordante rispetto a quello di Westbrook, che risponde a stretto giro dicendo: “Sì certo, era lì a parlare di come lui fosse uno dei giocatori nominati nel primo quintetto dei migliori difensori NBA, ma non capivo cosa stesse dicendo visto che a quel punto del match avevo già realizzato 42 punti. Non riesco a comprendere a cosa si riferisse. Forse stava sognando o qualche altra cazzata del genere”. Stupidaggini o meno, Houston continuerà la sua corsa playoff, mentre a Westbrook non resta altro che il rammarico di una stagione in cui difficilmente avrebbe potuto fare e dare di più.