Attesa a Indianpolis per lunedì una conferenza stampa di Larry Bird. L'ex leggenda dei Boston Celtics dovrebbe annunciare il suo addio ai Pacers dopo un decennio da protagonista, prima in panchina poi dietro a una scrivania (vincendo sia il titolo di allenatore che di dirigente dell'anno). E il futuro della franchigia è sempre più incerto
Alla vigilia di un’estate che si annuncia caldissima, con la situazione contrattuale della superstar Paul George al centro delle attenzioni di tutti, gli Indiana Pacers fanno già notizia per la decisione di Larry Bird di dimettersi dall’incarico di presidente della franchigia. Al suo posto Kevin Pritchard, già general manager della squadra. È l’ennesima novità in un rapporto – quello tra Bird e la squadra del suo stato natale – che in dieci anni ha attraersato parecchie discontinuità, tra alti e bassi. Assunto come allenatore nel 1997 e subito capace di vincere il premio di Coach of the Year al termine di quella prima stagione, Bird scelse di dimettersi nel 2000, per tornare poi tre anni più tardi nel ruolo di presidente delle basketball operations. Vinto anche il titolo di Dirigente dell’Anno al termine del campionato 2011-12 (con i Pacers sconfitti solo in semifinale di conference dai Miami Heat poi campioni), l’ex leggenda n°33 dei Boston Celtics scelse di lasciare il suo posto per tornare però a occuparlo a un solo anno di distanza. Dopo aver raggiunto la finale di conference a Est nel 2014, però, le successive edizioni dei suoi Pacers non hanno più vinto una serie di playoff, pur qualificandosi per la postseason in due delle ultime tre stagioni. Bird continuerà a lavorare a contatto con la franchigia dell’Indiana, nei panni di consulente esterno, ma il suo addio dal posto di comando apre ora una serie di profondi interrogativi sul futuro prossimo dei Pacers, appena eliminati con un secco 4-0 dai Cleveland Cavs al primo turno di playoff.
Senza Larry Bird (e senza Paul George?)
Al centro di tutto, come detto, è il futuro di Paul George, stella numero uno della squadra, il cui contratto è sostanzialmente in scadenza al termine della prossima stagione, quando il giocatore eserciterà la player option prevista dall’accordo. Dopo essere stato al centro delle voci di mercato già durante l’ultima trade deadline di febbraio, la sua situazione contrattuale è oggi più attuale che mai, soprattutto per via di quella designated player exception (l’eccezione contrattuale prevista per un giocatore designato) che potrebbe completamente cambiarne lo status di giocatore-mercato. In cosa consiste: se Paul George a fine anno dovesse essere incluso in uno dei tre quintetti All-NBA rientrerebbe nella categoria dei giocatori eleggibili per la designated player exception, potendo quindi ricevere dai Pacers (la franchigia che lo ha scelto al Draft) un contrattone che nessuna altra squadra NBA sarebbe in grado di permettersi (si parla di 70 milioni di dollari in più, per un accordo totale di 210 milioni circa per 5 anni). Diventasse realtà questo scenario è quasi impossibile pensare George lontano dall’Indiana, senonché appaiono oggi modeste le chance che il suo nome compaia in uno dei primi tre quintetti. Con sei spot disponibili nel ruolo di ala, tre sono sostanzialmente da considerarsi già assegnati a LeBron James, Kawhi Leonard e Giannis Antetokounmpo, con Kevin Durant, Draymond Green e Jimmy Butler principali indiziati a occupare i restanti tre posti, e proprio George (insieme a Gordon Hayward) come primi esclusi. In questo secondo scenario l’appeal dell’offerta dei Pacers per trattenere il proprio n°13 diminuirebbe assai: Indiana resterebbe in grado di offrire a PG13 un anno in più di contratto (5 anni per 180 milioni di dollari circa, contro i 4 per un massimo di 133 di una squadra terza) ma in questo caso potrebbe prevalere la volontà del giocatore di iniziare altrove una nuova avventura, magari con la maglia dei Lakers nella sua Los Angeles.
Continuità o ricostruzione
L’addio di Larry Bird e i dubbi legati a Paul Pierce si inseriscono in un momento delicato per la franchigia di Indianapolis. Kevin Pritchard si ritrova con una potenziale stella assoluta in Myles Turner (un lascito della gestione Bird, da lui voluto al Draft), che a solo 21 anni ha già messo in mostra grandi doti tecniche a atletiche anche se il suo status futuro (buonissimo giocatore, All-Star o giocatore-franchigia?) è tutto da definire. L’area dove appare più urgente intervenire è nello spot di guardia/ala piccola oggi occupato da C.J. Miles, così come i contratti (impegnativi) di Thaddeus Young, Monta Ellis e Al Jefferson sono quelli già individuati come la zavorra da gettare a mare il prima possibile per dare margini di movimento sul mercato alla squadra. Se Pritchard e soci si considerano soddisfatti del rendimento al primo anno in Indiana di Jeff Teague, l’obiettivo (neppure troppo segreto) è quello – come fatto proprio con l’ex playmaker di Atlanta – di riportare nel suo stato natale un giocatore di grande profilo come Gordon Hayward, su cui però sono puntate le attenzioni di molte squadre. Con o senza Paul George – ma sicuramente senza Bird – quel che è certo è che in Indiana i prossimi mesi saranno fondamentali, per capire se puntare ancora al vertice dietro la leadership del n°13 oppure se rifondare a medio lungo periodo contando sulla crescita di Myles Turner. L’opinione di “Larry Legend”, anche se solo da consulente, potrebbe comunque tornare utile.